martedì 7 aprile 2020

pc 7 aprile - DALL'INFERNO DI BERGAMO UNA FORTE E GENERALE DENUNCIA DEGLI OPERAI


Sono Sebastiano un compagno di Bergamo, operaio della Dalmine dello Slai cobas s.c.

Non è un caso che questa zona del paese sia il centro più colpito in Italia, assieme a Brescia, dove e’ difficile non trovare qualche compagno di lavoro o famigliare morto o malato per il coronavirus.
Quello che stiamo vivendo sulla nostra pelle non e’ una tragica fatalità, ma al contrario dimostra che ci sono delle responsabilità ben precise.


È diffuso un sentimento che qualcuno dovrà pagare e molti dicono anche tra i lavoratori che poi chiederemo il conto ma il problema e’ che bisogna costruire fin da ora le condizioni perché ciò si realizzi, per questo quanto sta avvenendo deve servire per dare la consapevolezza agli operai e ai proletari che il virus è un prodotto dei padroni, del loro sistema di produzione, un sistema che mette al centro il profitto e non la salute, un virus del capitale, dove le condizione di vita e sociali e delle strutture sanitarie sono diventate un facile terreno favorevole di diffusione.
I dati su bergamo dimostrano che la zona d’italia con la piu’ alta densita’ operaia dovuta alla enorme concentrazione di fabbriche: 4,1 imprese per km quadrato contro 1,6 della media nazionale.
Ha portato al risultato che gli ammalati di coronavirus non sono 9000 come dicono i dati ufficiali, ma 100mila come conferma il segretario della federazione dei medici di base, mentre i numeri dei morti certificati sono 4500 (contando che un alto numero è stato seppellito velocemente senza nemmeno fare il tampone), ma quelli reali sono il doppio dei numeri ufficiali come ha dovuto certificare anche il giornale dei poteri forti: l’Eco di Bergamo.
Ma questi numeri nascondono ancora la strage delle persone anziane, una generazione decimata, 1 su 10 sono i morti nelle RSA case di riposo, deliberatamente lasciati a se stessi, sacrificabili, per età, perché non più produttivi, una strage che grida vendetta.

Facciamo appello ai lavoratori della sanità che hanno raccolto una sfida tremenda quando sono stati mandati allo sbaraglio da istituzioni criminali pagando un prezzo altissimo, come dimostra la spaventosa progressione di morti tra i medici, mentre non a caso ancora oggi manca un dato di quanti infermieri e operatori sanitari sono morti in questa strage.
Sono lavoratori ai quali riconosciamo di aver affrontato il grandissimo impatto a mani nude del virus,  ma questi lavoratori non sono eroi, inteso, come quelli che devono essere mandati in trincea a lavorare in ogni condizione, secondo quella retorica dei padroni che significa in qualche modo che devi lavorare a qualsiasi condizione mentre per noi resta importante continuare a fare il lavoro ma battagliare già ora durante l’emergenza per avere già i dispositivi mascherine e tamponi per fare uscire le responsabilità e per gettare le basi perché alla fine dell’emergenza non sia tutto come prima nella sanità.
Ma questo deve avvenire con il contributo dei lavoratori con la presenza organizzata dei lavoratori , non lasciando al politico di turno di cavalcare questo enorme problema (come stanno facendo in questi giorni quei bastardi del pd che parlano che bisogna far tornare la sanita in mano al pubblico…)

Parliamo anche ai lavoratori della logistica dove la nostra attività si concentra nei magazzini e anche nelle tante fabbriche dell’insalata che sono accomunate perché infiltrate e controllate dal sistema delle cooperative, fermo restando che non sono mancati tanti piccoli episodi di micro-conflittualità per richiedere gli strumenti di protezione individuali.
Ma la nostra attività è per la ribellione perché non e’ possibile garantire delle condizioni di sicurezza dal contagio finché rimane il sistema di produzione improntato a fare colli per i profitti della grande distribuzione.
Noi diciamo che in un settore dove regna la dittatura , un settore dove vige una condizione del lavoro neo-schiavista che per definizione non prevede che ci possono essere condizione umane non ci sono alternative alla ribellione.
I magazzini che si sono fermati sono l’unica strada: la ribellione dentro il magazzino e’ la soluzione. È in questa direzione che siamo impegnati ogni giorno come compagni verso i lavoratori.

In questi giorni tutti parlano e denunciano giustamente il ruolo dei padroni e di confindustria sulla mancata istituzione della zona rossa di alzano che è un aspetto importante della vicenda, ma nessuno va a vedere cosa e’ successo dentro le fabbriche nelle prime 3 settimane di marzo?
Mentre confindustria trasmetteva il video “Bergamo is running” per tranquillizzare i clienti internazionali e poter continuare a fare affari in Italia, i padroni, delle grandi aziende multinazionali che si trovano a Bergamo, tra cui Brembo e Tenaris in testa ben sapendo l’impatto che avrebbe avuto sulle fabbriche perché l’hanno già visto in Cina mesi prima, visto che sono multinazionali e hanno stabilimenti in Cina, invece di tutelare gli operai, nelle prime settimane di marzo hanno cercato di tenere aperti i reparti, cercando di far passare tramite la rsu il messaggio che si doveva lavorare (ad esempio il 6 marzo alla Dalmine procedura con gli rls fim/fiom/uilm per lavorare anche in presenza di rischio epidemiologico).
Queste fabbriche sono rimaste aperte fino a quando l’alto assenteismo e i primi contagiati gravi e il peso degli scioperi spontanei che stavano crescendo li hanno portati ad optare per la cig.
Così, nonostante i rischi han cercato di tirare il piu possibile per effettuare delle consegne urgenti.
situazione che a catena hanno fatto tutte le medie e piccole aziende che non volevano fermarsi proprio perché di fronte all’incertezza che avevano davanti anche per loro lavorare voleva dire continuare a fare soldi.
A Bergamo parliamo di 173mila lavoratori occupati in aziende con più di 20 dipendenti.

La situazione ora nelle fabbriche e’ quella che una buona fetta di operai ha capito che e’ stata lasciata esposta ad un rischio gravissimo.
Qualcuno in qualche modo si e’ arrangiato con la malattia, altri l’hanno capita comunque adesso che ai padroni non interessa niente della nostra salute, prima vengono i loro profitti la dimostrazione sono i nostri compagni di lavoro che sono morti in fabbrica mentre i padroni occultavano i dati sulle persone che risultavano positive e facevano lavorare tutti senza protezioni negli stessi ambienti.
Questa è la vera faccia dello sfruttamento: padroni e operai, non sono sulla stessa barca.
Se lo abbiamo capito non possiamo tornare indietro.
Dobbiamo fare un altro passo insieme.
Abbiamo altre settimane prima di rientrare.
Dobbiamo metterci tutte le energie possibili per costruire un percorso collettivo e dobbiamo pensarlo e farlo fin da ora.
L’esempio degli scioperi spontanei è li ha dimostrare che questa e’ la strada che dobbiamo percorrere gli operai quando si muovono senza il guinzaglio dei sindacati confederali fanno paura e hanno preoccupato i padroni e il governo.
Gli operai sono quelli che fanno muovere tutta l’economia, mai come in questi giorni e’ diventato evidente la forza che possiamo avere se ci organizziamo e prendiamo coscienza che bisogna abbattere questo sistema.
Per cui l’appello agli operai e alle masse popolari devono sapere quello che realmente e’ successo e organizzarsi per presentare il conto - fuori e contro i sindacati confederali servi.

Cosa vogliamo ? Tutto!
Quello che ci serve ora a Bergamo, è la rivolta a operai e masse e cominciare già a costruirla ora e pretenderlo significa lottare ora in tutte le forme e i modi possibili e immaginabili.

Cosa vogliamo? Tutto!
Il vostro sistema, vostro potere, il vostro stato, governo e giunta hanno fallito hanno ucciso i nostri cari, stanno continuando  a farlo, e vogliono continuare a farlo, ma noi facendo esperienza di tutto questo vi presenteremo il conto e sarà salato.

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