Nella crisi infinita del
capitalismo mondiale, i padroni, terrorizzati di perdere i loro
colossali profitti, riservano un posto d’onore agli operai di
fabbrica: “se ne occupano”, infatti, in maniera ossessiva e
pervasiva!
Come se ne occupano e con
quali mezzi? In un primo momento i padroni provano in tutti i modi ad
allungare la giornata di lavoro per estrarre più profitto,
ma, dice Marx, guardando alla storia della classe operaia:
“Appena la ribellione della classe operaia, a mano a mano
più ampia, ebbe costretto lo Stato ad abbreviare con la forza il
tempo di lavoro e a imporre anzitutto una giornata lavorativa
normale alla fabbrica propriamente detta … il capitale si
gettò a tutta forza e con piena consapevolezza sulla produzione
di plusvalore relativo mediante un accelerato sviluppo del
sistema delle macchine.” [La sottolineatura in grassetto è
sempre nostra, ndr] (Karl Marx, Il Capitale, Ed. Riuniti in 3 volumi
pagg. 453-454)
La parte della giornata
di lavoro in cui l’operaio produce i suoi mezzi di sostentamento
(diciamo il
suo salario); deve perciò diminuire per
permettere all’altra parte, quella del capitalista di aumentare.
E questo il capitalista
lo fa attraverso l’“accelerato sviluppo del sistema delle
macchine”, sia in quantità che in qualità, che oggi preoccupa
tutto il mondo e va sotto il nome di “utilizzo più esteso dei
robot”, “applicazione dell’intelligenza artificiale”
“internet delle cose”, tutto questo dal punto di vista, appunto,
delle “macchine” che, nonostante tutto lo “sviluppo”, oltre
un certo punto e per un certo periodo, fosse anche brevissimo, non
possono contribuire all’aumento di produttività.
Per aumentare questa
produttività e andare oltre, il capitale si deve necessariamente
occupare delle altre “macchine” presenti in fabbrica, e cioè
dell’operaio vivente! “accessorio dell’officina del capitalista
… automa vivente” (ivi, pag.404).
Marx continua:
“…l’accorciamento forzato della giornata lavorativa,
con l’enorme impulso che dà allo sviluppo della forza
produttiva e all’economizzazione delle condizioni di
produzione, impone all’operaio un maggiore dispendio di lavoro
in un tempo invariato, una tensione più alta della forza-lavoro,
un più fitto riempimento dei pori del tempo di lavoro, cioè
una condensazione del lavoro a un grado che si può
raggiungere solo entro i limiti della giornata lavorativa
accorciata… Questo comprimere una massa maggiore di lavoro
entro un dato periodo di tempo conta ora per quello che è, cioè per
una maggiore quantità di lavoro.”
Il capitalista, quindi,
costretto dalla concorrenza alla velocità, al “just in time”,
per arrivare prima e meglio sul mercato (ogni rallentamento o
interruzione della produzione avvantaggia il produttore concorrente,
vedi le lamentele dei produttori di acciaio come l’Ilva), deve
studiare i mezzi per “saturare i pori” presenti nel tempo di
lavoro dell’operaio, adeguare sempre più e meglio i movimenti,
prevenire eventuali fermate, esattamente come con le macchine, e come
una macchina l’operaio, quindi, che sta incatenato al “posto
fisso” (“saldando uno stesso operaio ad uno stesso
particolare” dice Marx, pag.388), deve essere monitorato
attentamente e nei minimi particolari!
A questo serve uno degli
ultimi ritrovati della scienza dei padroni: il cosiddetto “casco
cinese”, che va ben oltre la quantità di telecamere di
videosorveglianza dotate di tecnologie di riconoscimento facciale,
il “braccialetto elettronico” proposto da Amazon, la
proposta del chip negli scarponi degli operai proposto dalla
Fincantieri e il controllo delle attività dei propri
dipendenti sui social delle principali aziende americane.
Come riporta un articolo
del Corriere della Sera del 30 aprile 2018 che vale tutto un
trattato:
“Nella catena di
montaggio della Hangzhou Zhongheng Electric gli operai indossano
caschi protettivi [protettivi degli interessi dei padroni! si
intende, ndr] con dentro elettrodi che rilevano le loro reazioni e
il loro umore durante i turni lunghi e ripetitivi,
intercettando e immagazzinando le onde cerebrali.
“Secondo l'azienda di
Hangzhou, specializzata in prodotti per le telecomunicazioni,
l'analisi di questi dati serve al management per osservare i turni
di lavoro e il flusso della produzione, aggiustandoli in base
alle sensazioni e reazioni cerebrali della manodopera. Questo sistema
avrebbe permesso di evitare danni da insoddisfazione e fatica mentale
eccessiva e aumentare l'efficienza e l'utile aziendale: la
Hangzhou Zongheng Electric conta di averci guadagnato 2 miliardi
di renminbi (circa 280 milioni di euro) dal 2014, riferisce il
South China Morning Post citando il funzionario governativo
che sovrintende al programma. Dietro questo progetto pilota (che
comunque ha proporzioni importanti perché l'azienda impiega 40
mila operai e tecnici) infatti ci sono i pianificatori di
Pechino, impegnati a costituire un sistema di sorveglianza totale sui
cittadini.”
E già che c’è il
governo cinese, come tutti i governi al servizio del
capitale, allarga ad altri lavoratori il controllo:
“La rilevazione delle
onde cerebrali con «cappello pensatore» è utilizzata anche
per i ferrovieri sui treni dell'alta velocità, frequenti e
puntuali al secondo. Il lavoro dei capitreno è delicato e sempre a
rischio di attacchi d'ansia, depressione, rabbia, dicono gli esperti
cinesi. Si può entrare nella mente dei cittadini-lavoratori a fin
di bene? «Sicuro, se i manager leggono dati preoccupanti di
stress consigliano al dipendente di prendersi un giorno di riposo»,
ha detto al South China Morning Post la professoressa Jin Jia, che
insegna scienza del cervello e psicologia cognitiva alla
Business School dell'Università di Ningbo. La cattedratica
sostiene che un dipendente ad alto tasso di emotività in un posto
chiave potrebbe danneggiare un'intera linea di produzione,
mettendo a rischio la sua incolumità e quella dei compagni. «In
certi lavori non c'è spazio per l'errore», ha concluso. L'idea
peraltro non è venuta ai cinesi per primi: la tecnologia di
rilevamento e analisi delle onde cerebrali è ben nota anche in
Occidente, gli americani per esempio l'hanno applicata per fini
sportivi, durante gli allenamenti dei tiratori con l'arco prima delle
gare importanti. In Cina invece ci sono già una dozzina di
industrie che l'hanno adottata e assicurano che «gli errori sono
diminuiti».”
Mai nella storia della
lotta di classe tra operai e padroni si era arrivati a tanto! con
scienziati e intellettuali al lavoro al servizio del capitale!
Tutto questo quindi, come
abbiamo detto, serve ad aumentare la produttività che da un
lato aumenta i profitti del capitale, ma dall'altro, riducendo il
valore della singola merce, riduce il valore stesso della forza
lavoro, dei suoi mezzi di sussistenza e cioè, in fin dei conti del
salario degli operai.
Ma la riduzione dei
salari, che è una tendenza normale del capitale,
diventa alla lunga un ostacolo, e questa è una delle contraddizioni
in cui si avvolge il capitale, in quanto “raggrinzisce” i mercati
e impedisce nuovi “investimenti”.
Questo fenomeno, del
progressivo ed esteso impoverimento degli stessi operai, ma
anche delle masse più in generale (che la borghesia chiama aumento
della “disuguaglianza”) preoccupa, quindi, gli stessi agenti
del capitale, come alcuni premi Nobel dell’economia. Questa
“preoccupazione” è naturalmente fortemente interessata al
mantenimento dell’attuale sistema capitalistico del quale bisogna
però “correggere gli errori”! Joseph Stiglitz, per esempio, nel
suo ultimo libro, dice appunto, citando anche statistiche sulla
povertà negli Stati Uniti: “il 20 per cento dei bambini vive in
povertà – un dato che sale al 38 per cento per gli afroamericani e
al 30 per cento per gli ispanici”, che le istituzioni
possono e devono intervenire per sviluppare politiche che
aumentino i salari e di molto dato che “un modesto
aumento del salario minimo” sarebbe solo un palliativo a
breve termine!
E addirittura, insieme ad
altri, Stieglitz fa anche un “invito”, neanche tanto nascosto,
alla necessità della rivitalizzazione della lotta di classe, un
invito alle organizzazioni che rappresentano i lavoratori a darsi da
fare per ottenere salari migliori, perché, in sostanza, gli
stratosferici profitti che determinano l’enorme arricchimento della
classe dominante lo rendono necessario!
Orario
di lavoro e salario, dunque! La pressione dei padroni produce
resistenza! E il punto di vista della necessità della
mobilitazione degli operai lo ribadiamo con Marx:
“Non v’è il minimo
dubbio che la tendenza del capitale, appena la legge gli
preclude una volta per tutte il prolungamento della giornata
lavorativa, a ripagarsi con un aumento sistematico del grado di
intensità del lavoro e a stravolgere ogni perfezionamento del
macchinario in un mezzo di succhiar più forza-lavoro, dovrà
presto portare di nuovo a una svolta in cui si renderà inevitabile
una nuova diminuzione delle ore lavorative.” (Op. cit., pag.
462)
E in una nota Marx, come
sempre incoraggiante, aggiunge: “È cominciata ora (1867) fra
gli operai di fabbrica del Lancashjre l’agitazione per le otto
ore.”
RS
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