lunedì 15 ottobre 2018

pc 15 ottobre - Nella crisi mondiale i padroni impongono il controllo totale sulla vita stessa dell’operaio e salari da fame - 1° parte


Nella crisi infinita del capitalismo mondiale, i padroni, terrorizzati di perdere i loro colossali profitti, riservano un posto d’onore agli operai di fabbrica: “se ne occupano”, infatti, in maniera ossessiva e pervasiva!
Come se ne occupano e con quali mezzi? In un primo momento i padroni provano in tutti i modi ad allungare la giornata di lavoro per estrarre più profitto, ma, dice Marx, guardando alla storia della classe operaia: “Appena la ribellione della classe operaia, a mano a mano più ampia, ebbe costretto lo Stato ad abbreviare con la forza il tempo di lavoro e a imporre anzitutto una giornata lavorativa normale alla fabbrica propriamente detta … il capitale si gettò a tutta forza e con piena consapevolezza sulla produzione di plusvalore relativo mediante un accelerato sviluppo del sistema delle macchine.” [La sottolineatura in grassetto è sempre nostra, ndr] (Karl Marx, Il Capitale, Ed. Riuniti in 3 volumi pagg. 453-454)
La parte della giornata di lavoro in cui l’operaio produce i suoi mezzi di sostentamento (diciamo il
suo salario); deve perciò diminuire per permettere all’altra parte, quella del capitalista di aumentare.
E questo il capitalista lo fa attraverso l’“accelerato sviluppo del sistema delle macchine”, sia in quantità che in qualità, che oggi preoccupa tutto il mondo e va sotto il nome di “utilizzo più esteso dei robot”, “applicazione dell’intelligenza artificiale” “internet delle cose”, tutto questo dal punto di vista, appunto, delle “macchine” che, nonostante tutto lo “sviluppo”, oltre un certo punto e per un certo periodo, fosse anche brevissimo, non possono contribuire all’aumento di produttività.
Per aumentare questa produttività e andare oltre, il capitale si deve necessariamente occupare delle altre “macchine” presenti in fabbrica, e cioè dell’operaio vivente! “accessorio dell’officina del capitalista … automa vivente” (ivi, pag.404).
Marx continua: “…l’accorciamento forzato della giornata lavorativa, con l’enorme impulso che dà allo sviluppo della forza produttiva e all’economizzazione delle condizioni di produzione, impone all’operaio un maggiore dispendio di lavoro in un tempo invariato, una tensione più alta della forza-lavoro, un più fitto riempimento dei pori del tempo di lavoro, cioè una condensazione del lavoro a un grado che si può raggiungere solo entro i limiti della giornata lavorativa accorciata… Questo comprimere una massa maggiore di lavoro entro un dato periodo di tempo conta ora per quello che è, cioè per una maggiore quantità di lavoro.”
Il capitalista, quindi, costretto dalla concorrenza alla velocità, al “just in time”, per arrivare prima e meglio sul mercato (ogni rallentamento o interruzione della produzione avvantaggia il produttore concorrente, vedi le lamentele dei produttori di acciaio come l’Ilva), deve studiare i mezzi per “saturare i pori” presenti nel tempo di lavoro dell’operaio, adeguare sempre più e meglio i movimenti, prevenire eventuali fermate, esattamente come con le macchine, e come una macchina l’operaio, quindi, che sta incatenato al “posto fisso” (“saldando uno stesso operaio ad uno stesso particolare” dice Marx, pag.388), deve essere monitorato attentamente e nei minimi particolari!
A questo serve uno degli ultimi ritrovati della scienza dei padroni: il cosiddetto “casco cinese”, che va ben oltre la quantità di telecamere di videosorveglianza dotate di tecnologie di riconoscimento facciale, il “braccialetto elettronico” proposto da Amazon, la proposta del chip negli scarponi degli operai proposto dalla Fincantieri e il controllo delle attività dei propri dipendenti sui social delle principali aziende americane.
Come riporta un articolo del Corriere della Sera del 30 aprile 2018 che vale tutto un trattato:
“Nella catena di montaggio della Hangzhou Zhongheng Electric gli operai indossano caschi protettivi [protettivi degli interessi dei padroni! si intende, ndr] con dentro elettrodi che rilevano le loro reazioni e il loro umore durante i turni lunghi e ripetitivi, intercettando e immagazzinando le onde cerebrali.
“Secondo l'azienda di Hangzhou, specializzata in prodotti per le telecomunicazioni, l'analisi di questi dati serve al management per osservare i turni di lavoro e il flusso della produzione, aggiustandoli in base alle sensazioni e reazioni cerebrali della manodopera. Questo sistema avrebbe permesso di evitare danni da insoddisfazione e fatica mentale eccessiva e aumentare l'efficienza e l'utile aziendale: la Hangzhou Zongheng Electric conta di averci guadagnato 2 miliardi di renminbi (circa 280 milioni di euro) dal 2014, riferisce il South China Morning Post citando il funzionario governativo che sovrintende al programma. Dietro questo progetto pilota (che comunque ha proporzioni importanti perché l'azienda impiega 40 mila operai e tecnici) infatti ci sono i pianificatori di Pechino, impegnati a costituire un sistema di sorveglianza totale sui cittadini.”
E già che c’è il governo cinese, come tutti i governi al servizio del capitale, allarga ad altri lavoratori il controllo:
“La rilevazione delle onde cerebrali con «cappello pensatore» è utilizzata anche per i ferrovieri sui treni dell'alta velocità, frequenti e puntuali al secondo. Il lavoro dei capitreno è delicato e sempre a rischio di attacchi d'ansia, depressione, rabbia, dicono gli esperti cinesi. Si può entrare nella mente dei cittadini-lavoratori a fin di bene? «Sicuro, se i manager leggono dati preoccupanti di stress consigliano al dipendente di prendersi un giorno di riposo», ha detto al South China Morning Post la professoressa Jin Jia, che insegna scienza del cervello e psicologia cognitiva alla Business School dell'Università di Ningbo. La cattedratica sostiene che un dipendente ad alto tasso di emotività in un posto chiave potrebbe danneggiare un'intera linea di produzione, mettendo a rischio la sua incolumità e quella dei compagni. «In certi lavori non c'è spazio per l'errore», ha concluso. L'idea peraltro non è venuta ai cinesi per primi: la tecnologia di rilevamento e analisi delle onde cerebrali è ben nota anche in Occidente, gli americani per esempio l'hanno applicata per fini sportivi, durante gli allenamenti dei tiratori con l'arco prima delle gare importanti. In Cina invece ci sono già una dozzina di industrie che l'hanno adottata e assicurano che «gli errori sono diminuiti».”
Mai nella storia della lotta di classe tra operai e padroni si era arrivati a tanto! con scienziati e intellettuali al lavoro al servizio del capitale!
Tutto questo quindi, come abbiamo detto, serve ad aumentare la produttività che da un lato aumenta i profitti del capitale, ma dall'altro, riducendo il valore della singola merce, riduce il valore stesso della forza lavoro, dei suoi mezzi di sussistenza e cioè, in fin dei conti del salario degli operai.
Ma la riduzione dei salari, che è una tendenza normale del capitale, diventa alla lunga un ostacolo, e questa è una delle contraddizioni in cui si avvolge il capitale, in quanto “raggrinzisce” i mercati e impedisce nuovi “investimenti”.
Questo fenomeno, del progressivo ed esteso impoverimento degli stessi operai, ma anche delle masse più in generale (che la borghesia chiama aumento della “disuguaglianza”) preoccupa, quindi, gli stessi agenti del capitale, come alcuni premi Nobel dell’economia. Questa “preoccupazione” è naturalmente fortemente interessata al mantenimento dell’attuale sistema capitalistico del quale bisogna però “correggere gli errori”! Joseph Stiglitz, per esempio, nel suo ultimo libro, dice appunto, citando anche statistiche sulla povertà negli Stati Uniti: “il 20 per cento dei bambini vive in povertà – un dato che sale al 38 per cento per gli afroamericani e al 30 per cento per gli ispanici”, che le istituzioni possono e devono intervenire per sviluppare politiche che aumentino i salari e di molto dato che “un modesto aumento del salario minimo” sarebbe solo un palliativo a breve termine!
E addirittura, insieme ad altri, Stieglitz fa anche un “invito”, neanche tanto nascosto, alla necessità della rivitalizzazione della lotta di classe, un invito alle organizzazioni che rappresentano i lavoratori a darsi da fare per ottenere salari migliori, perché, in sostanza, gli stratosferici profitti che determinano l’enorme arricchimento della classe dominante lo rendono necessario!
Orario di lavoro e salario, dunque! La pressione dei padroni produce resistenza! E il punto di vista della necessità della mobilitazione degli operai lo ribadiamo con Marx:
“Non v’è il minimo dubbio che la tendenza del capitale, appena la legge gli preclude una volta per tutte il prolungamento della giornata lavorativa, a ripagarsi con un aumento sistematico del grado di intensità del lavoro e a stravolgere ogni perfezionamento del macchinario in un mezzo di succhiar più forza-lavoro, dovrà presto portare di nuovo a una svolta in cui si renderà inevitabile una nuova diminuzione delle ore lavorative.” (Op. cit., pag. 462)
E in una nota Marx, come sempre incoraggiante, aggiunge: “È cominciata ora (1867) fra gli operai di fabbrica del Lancashjre l’agitazione per le otto ore.”

RS

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