Il 20 ottobre si terrà all'Università degli Studi di Firenze il XXVI Convegno organizzato dal Dipartimento di CAMERA PENALE Osservatorio 41bis Scienze Giuridiche FIRENZE Associazione Liberarsi, avente come tema:
Il 41 bis, una tortura (s)conosciuta.
Tra gli interventi è previsto quello dell'Avv. Carla Serra, di cui pubblichiamo stralci della sua arringa fatta il 28 settembre a L'Aquila nel processo che poi ha assolto Nadia Lioce.
"Questo
processo trae la sua origine da una battitura di protesta, con una
svolta, effettuata con una bottiglietta di plastica, da parte della
Lioce, in quanto le erano stati sottratti degli atti processuali.
Pertanto è terminata esattamente nel momento in cui questi atti le
sono stati restituiti...
Ma
questa bottiglietta di plastica ha fatto così tanto rumore, ha avuto
così tanta forza, da aver scoperchiato il vaso di Pandora, da cui
sono fuoriusciti prepotentemente tutti i mali del regime speciale,
che oggi è il vero imputato in questo processo, non la Lioce, ma il
regime speciale!
Perché
un regime, che vieta l'uso della parola tanto che il reato che oggi le viene contestato
diventa un reato
impossibile,
proprio perché le detenute non avevano la possibilità di comunicare
direttamente con la Lioce, né la Lioce poteva avere consapevolezza e
conoscere la percezione di
disturbo che stava arrecando alle altre
detenute, alle compagne, pertanto questo regime compie un avvitamento
su sé stesso, tale da implodere in tutti i suoi aspetti
parossistici.
E
quindi oggi giudice, lei è chiamato a sindacare, io ritengo a
giudicare, non solo, anzi, aggiungerei non tanto la condotta di
disturbo, ma le storture, le esasperazioni di un regime detentivo che
negli anni e nel silenzio pressoché assoluto di tutto il mondo
giuridico, ha violato sistematicamente i diritti umani, quelli dal
cui rispetto dipende non soltanto la vita delle singole persone, ma
la vita di una società civile! Perché quando si ledono i diritti
fondamentali, le prerogative della persona così pervasivamente,
prima o poi si è chiamati a renderne conto, perché prima o poi
questa limitazione, questa vessazione produce degli effetti
dirompenti.
E’
per questo che questo processo, nato da un reato, uso questo termine,
ma non per sminuire il suo ruolo, “bagatellare”, è diventato
portatore
di questioni capaci di travolgere la tenuta di una civiltà giuridica
e democratica
primo ancora. Un regime che non ha progressione direi quasi
crescente, di vessazioni e di soprusi, è giunto al parossismo di
vietare ad un essere umano l’uso della parola, che è una
prerogativa coessenziale della natura umana, e quindi si riverbera in
questo processo nella misura in cui Lei, signor giudice, dovrà
ritenere e sostenere nella sua motivazione, che il reato contestato
alla Lioce è escluso in limine, proprio nei suoi elementi oggettivi
e soggettivi, dall'esistenza nel nostro ordinamento di una regola
di tortura.
Perché
come altro può essere definita una disposizione che vieta a delle
persone in isolamento costante e continuo da anni - per quanto
riguarda la Lioce da 15 anni - di comunicare tra loro, anche solo per
scambiarsi un saluto, anche solo per dirsi “smettila di sbattere
perché mi stai disturbando!”, che impedisce un'azione, appunto,
ripeto, che per natura umana è un'azione incoercibile, è la parola,
è coessenziale ad un essere umano, ci distingue dagli animali la
parola!
E
se è vero, come è vero, che questo è un reato impossibile o,
scelga lei, che il fatto non costituisce un reato - perché il fatto
c'è, è quello della battitura - perché appunto la Lioce non poteva
avere alcuna consapevolezza della percezione di stare arrecando
disturbo alle compagne, perché appunto, in ossequio a quel divieto
non comunicano mai per timore ovviamente che ci sia una sanzione
disciplinare nei loro confronti, e è del pari vero quindi, che nel
nostro ordinamento si è fatta spazio una norma, un regime disumano,
una tortura, che ha portato con sé quindi degli effetti così tanto,
come dire, devastanti, che oggi sono usciti dalla cella e sono
arrivati in questo processo.
E’
per questo che Lei, essendo comunque un processo da cui è emersa la
vera natura vessatoria, la vera natura di tortura di questo regime,
Lei dovrà, nella sua motivazione, quando ovviamente darà atto del
fatto che il reato è un reato impossibile, spiegare anche le ragioni
per le quali questo reato non può esistere e così concludo, grazie."
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