No Tav, per la Cassazione l'assalto al cantiere non fu terrorismo
Secondo i giudici nel maggio 2013 i tre indagati "non volevano colpire o ferire nessuno"
Avevano lanciato bottiglie incendiarie, razzi, petardi, bombe carte contro il cantiere della Torino-Lione, all’ingresso del tunnel dove stavano lavorando gli operai. Ma non volevano colpire o ferire nessuno. Avevano distrutto un compressore e provocato danni per 94 mila euro. Ma non fu in ogni caso un atto “con finalità terroristiche”, l’assalto compiuto dai No Tav la notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013. Non fu cioè un’azione “seriamente capace” di far sentire lo Stato "effettivamente coartato" a rivedere le decisioni sull’Alta velocità.
Con queste motivazioni la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avanzato dalla procura nei confronti
di Lucio Alberti, Graziano Mazzarelli e Francesco Sala (che parteciparono all’azione di danneggiamento insieme ad altre 17 persone). Il tribunale di Torino, il 22 dicembre 2014, aveva infatti annullato l'ordinanza con la quale il gip aveva applicato ai tre indagati la custodia in carcere per terrorismo uniformandosi alle indicazioni già espresse dalla Cassazione che sulle violenze dei No Tav aveva raccomandato ai giudici di merito di non ricondurre ogni forma di dissenso alla matrice terroristica. I pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo avevano però fatto ricorso, e oggi è arrivata la decisione. Il reato di terrorism, tra l’altro, era stato già contestato ai primi quattro arrestati per quell’assalto (Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi) ed era già “caduto” con una prima pronuncia della Cassazione.
Nel giudicare "infondato" il reclamo della Procura, i giudici hanno ripreso i passaggi di una conversazione di Alberti, intercettato con un amico a Milano in un ristorante, che aveva detto che l'obiettivo era quello di "bruciare almeno una camionetta degli sbirri e due o tre mezzi del cantiere" e che anche se erano riusciti a bruciare solo un mezzo del cantiere, l'azione aveva comunque avuto il suo senso "politico" perché "politicamente l'obiettivo era anche quello di non far male a nessuno". Per conseguire l'obiettivo programmato, i No-Tav avrebbero dovuto "forzare un po' di più", ma "nessuno se la sentiva di fare male alla gente, nonostante quello che ovviamente dicono i giornali”. Una conversazione che, secondo la Cassazione è “genuina e spontanea” e quindi “affidabile” nel provare che non ci fu alcuna volontà “di ledere le persone o attentare alla loro incolumità”.
La sentenza era particolarmente attesa in relazione al processo d’appello per i quattro accusati di terrorismo: la difesa aveva espressamente chiesto un rinvio in attesa di conoscere la decisione della Suprema Corte. L’accusa, sostenuta dal procuratore generale Marcello Maddalena, dovrà quindi ora tenere in conto anche di questa seconda sentenza per calibrare la sua impostazione.
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