I servizi segreti interni stanno compiendo controlli, raid e interrogatori di attivisti e giovani palestinesi per impedire loro di prendere parte alle proteste. Anche offrendo denaro ai palestinesi beduini residenti nel deserto del Naqab (sud di Israele) per porre fine alle proteste.
Lo rivela un articolo pubblicato sul blog israeliano +972mag, a firma John Brown, pseudonimo di un professore universitario israeliano.
Secondo quanto riportato da Brown, la scorsa settimana uomini dello Shin Bet si sono presentati in piena notte a Lakia, township in cui le autorità israeliane hanno relegato centinaia di famiglie beduine. Hanno svegliato tutti i residenti e costretto gli uomini ad
uscire di casa e a mettersi in fila contro un muro per la perquisizione. Stavano cercando R., attivista del Negev Coexistence Forum for Civil Equality, tra gli organizzatori delle proteste dello scorso anno contro il Piano Prawer, progetto di trasferimento forzato dei beduini residenti in villaggi non riconosciuti da Israele e di confisca delle terre.
Una volta trovato, lo hanno condotto in caserma per l’interrogatorio.
Dopo una serie di minacce, poco velate, racconta Brown, il capitano Haim ha proposto all’attivista denaro per interrompere le proteste e le manifestazioni anti-governative nella zona, da tempo target del governo israeliano che punta all’appropriazione delle terre beduine e al trasferimento dei residenti – che sono a tutti gli effetti cittadini israeliani – in nuove township costruite ad hoc.
L’episodio non sarebbe isolato: molti attivisti sono stati chiamati per interrogatori, molte case sono state perquisite in raid notturni. E non si limita al Naqab. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati i casi di palestinesi cittadini israeliani arrestati o fermati perché considerati attivi nelle proteste che stanno investendo lo Stato di Israele. Arrestati spesso per un post su Facebook o per un sms ad un amico. Dietro sta la capillare attività dei servizi segreti interni israeliani che ha aumentato a dismisura i controlli per impedire un ampliamento delle manifestazioni di protesta. Città come Nazareth, Akka, Umm al Fahem, hanno visto un’ampia partecipazione, soprattutto da parte dei più giovani: scene riprese dalle tv locali e foto scattate sul posto raccontano degli scontri con la polizia israeliana, immagini che ricordano spesso quelle viste molto più frequentemente in Cisgiordania o a Gerusalemme Est.
La risposta della società civile è stata immediata: agli interrogatori di attivisti beduini ha risposto la stessa associazione Negev Coexistence Forum for Civil Equality, definendo tali azioni “vessazioni contro la popolazioe beduina”. Gli fa eco Acri, Association for Civil Rights in Israel: “Lo Shin Bet agisce illegalmente e approfitta del suo potere per interrogare persone senza alcuna autorità. È importante enfatizzare che non c’è alcun obbligo a farsi interrogare e chi lo fa non è tenuto a rispondere o a cooperare in alcun modo. L’obiettivo di queste ‘conversazioni’ è illegittimo: dissuadere le persone a prendere parte a proteste politiche legittime e cercare di reclutarle”.
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