mercoledì 23 giugno 2021

pc 23 giugno - La Conferenza di Berlino sulla Libia rafforza le politiche antimigranti dell'UE con il ruolo di punta del governo Draghi e di Merkel, mentre aumentano le violenze nei lager.....

...e le denunce: 

dal quotidiano Avvenire: Ragazzine somale abusate da mesi, dopo la cattura in mare: due hanno tentato il suicidio. L'Onu conferma: violenza inconcepibile, siano subito rilasciate e protette. Accuse a Italia e Ue

Dalla denuncia di MSF che, a seguito di ripetuti episodi di violenza contro migranti e rifugiati, ha sospeso le sue attività nei centri di detenzione di Al-Mabani e Abu Salim a Tripoli: “Non possiamo continuare a lavorare in luoghi dove le persone sono costrette a fare i turni per sedersi perché vivono in quattro per metro quadro, dove il cibo e l’acqua disponibile non è sufficiente, dove la violenza è sistematica e non risparmia nessuno"

Ma la Commissione Ue propone di rifinanziare la Turchia con 3 miliardi fino al 2024 e sta lavorando ad un accordo analogo con Libia e Tunisia

Questi sono i risultati delle loro politiche: 14.388 persone riportate nei lager, 686 ammazzate (11891 respinti in tutto il 2020, 14388 fino al 19 giugno 2021).

L'imperialismo italiano finanzia i torturatori/stupratori libici! 


da Avvenire: Libia, l'inferno delle minorenni stuprate dalla polizia

avvenire

Nello Scavo martedì 22 giugno 2021

Ragazzine somale abusate da mesi, dopo la cattura in mare: due hanno tentato il suicidio. L'Onu conferma: violenza inconcepibile, siano subito rilasciate e protette. Accuse a Itala e Ue

Sono rimaste in cinque. Tutte minorenni. Tutte somale. La loro età è nota alla polizia libica. Ma non è

certo l’essere poco più che bambine a metterle al riparo dagli stupri dei guardiani foraggiati, equipaggiati e addestrati da Italia e Ue. Anche se ieri Bruxelles ha scaricato le responsabilità su Roma.

Un mese fa due ragazzine, dopo l’ennesima sessione di abusi ad opera degli agenti, hanno provato a togliersi la vita. Entrambe sono state ricoverate in ospedale a Tripoli e visitate da personale di Medici senza frontiere, che ne ha chiesto l’immediato rilascio. Ma non c’è stato niente da fare. Le hanno di nuovo gettate in cella. Per continuare come prima.

«Anche se non è la prima volta che subisco aggressioni sessuali, queste sono le più dolorose, perché sono commesse dalle persone che dovrebbero proteggerci», ha raccontato una di loro. Nessuna alternativa: «Devi dargli qualcosa in cambio per poter andare in bagno, o per chiamare la famiglia, o per evitare di essere picchiata».

Succede nel centro di detenzione ufficiale di Shar al-Zawyah, una prigione nella quale vengono portati i migranti catturati in mare dalla cosiddetta guardia costiera libica, in attesa del loro trasferimento in uno degli altri 28 campi di prigionia riconducibili al governo di Tripoli. Le ragazze in passato sono state rinchiuse in gattabuie clandestine. Ma adesso che si trovano in una struttura statale assicurano che «è come essere prigioniere dei trafficanti».

Gli assalti sessuali possono avvenire in qualsiasi momento della giornata. L’Associated Press è riuscita a mettersi in contatto con una di loro. Proteggere l’identità delle giovani è un obbligo. L’adolescente sta affrontando il rischio di ritorsioni pur di denunciare gli aguzzini. Ma per i poliziotti-stupratori non sarà difficile, con sole 5 minorenni, punirle indiscriminatamente.

«Una notte di aprile, verso mezzanotte, una ragazza chiese a una guardia di lasciarla andare in bagno. Quando ebbe finito, la guardia l'aggredì. Dopo averla palpeggiata la stuprò mentre lei piangeva. Poiché il poliziotto aveva sporcato il vestito della ragazzina, le ordinò di andare a lavarsi», si legge in un report di alcuni attivisti libici entrati in contatto con le piccole prigioniere. «Ero pietrificata, non sapevo cosa fare - ha raccontato la 16enne somala -. Succede ogni giorno. Se resisti, vieni picchiata e privata di tutto».

Il governo libico non ha voluto commentare le notizie. Suki Nagra, rappresentante in Libia dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha confermato: «Le armi tacciono, c'è un cessate il fuoco, ma le violazioni dei diritti umani continuano senza sosta». E da Ginevra l’Alto commissariato parla di «violenza sessuale inconcepibile contro donne e ragazze migranti nel centro di detenzione Shara' al-Zawiya di Tripoli: tentativi di suicidio per disperazione e fame. Chiediamo il loro rilascio e protezione immediati. La Libia non è un porto di ritorno sicuro per i migranti».

La sola certezza è l’impunità. «Nessun addebito per gli autori di questi abusi contro le donne che sono state riportate in Libia dalla guardia costiera», denuncia ancora una volta Vincent Cochetel, inviato dell’Alto commissariato per i rifugiati nel Mediterraneo Centrale. «La maggior parte delle donne rifugiate evacuate dai centri di detenzione dove erano state trattenute per più di 9 mesi - aggiunge - avevano figli o erano incinte a causa degli stupri da parte delle guardie». Anche quando i casi sono documentati e i presunti colpevoli vengono arrestati, «spesso finiscono in libertà per mancanza di testi disposti a testimoniare per paura di rappresaglie. Ad esempio - ricorda l’Associated Press -, Abdurhaman al-Milad (il noto Bija, ndr), che è sotto sanzioni delle Nazioni Unite e pur arrestato l'anno scorso con l'accusa di traffico di esseri umani e contrabbando di carburante, è stato rilasciato ad aprile senza processo».

Un’altra ragazza ha riferito di aver iniziato a subire molestie sessuali pochi giorni dopo essere stata condotta nel centro di detenzione. Il brutale copione non cambia. Quando la somala ha chiesto a una guardia di lasciarla chiamare i genitori, il militare le ha dato un telefono e l'ha fatta uscire dalla cella. Dopo che la ragazza riattaccato, lui l’ha afferrata.

Al 10 giugno, un totale di 10.454 rifugiati e migranti sono stati segnalati da Unhcr-Acnur come intercettati dai guardacoste libici nel 2021. La maggior parte sono cittadini del Sudan (20%), del Mali (16%) e del Bangladesh (9%).

Da Bruxelles intanto suggeriscono alla stampa di chiedere spiegazioni all’Italia. Alcune settimane fa un portavoce della Commissione aveva spiegato che le intercettazioni in mare avvengono poiché Roma nel 2017 aveva pagato di tasca propria, impiegando circa 2 milioni di euro, la stesura e la registrazione dell’area di ricerca e soccorso libica, nonostante la Libia non sia riconosciuta come “Paese sicuro”. Quanto alla gestione dei migranti da parte del Dipartimento anti immigrazione illegale di Tripoli (Dcim) «non ci sono fondi dell'Ue che vanno direttamente alle autorità libiche», ha detto Ana Pisonero, portavoce della Commissione europea. Semmai «è in vigore il programma messo in campo del ministero dell'Interno italiano» per il sostegno della Guardia costiera libica. Tuttavia «l'attuale sistema di detenzione arbitraria e disumana dei migranti - ha aggiunto - deve finire».

Il 19 maggio era stata ancora una volta la procura internazionale dell’Aja ha denunciare i crimini. «Negli ultimi sei mesi, l’Ufficio del procuratore ha continuamente ricevuto e raccolto informazioni credibili e prove sostanziali su gravi crimini che si presume siano stati commessi in centri di detenzione ufficiali e non ufficiali in Libia», si leggeva.

Abusi commessi «su larga scala: violenza sessuale, trattamento inumano e detenzione arbitraria». Violazioni «ampiamente denunciate per anni, ma finora nessuno è stato ritenuto responsabile».

La violenza della "guardia costiera libica" finanziata da Italia e UE è in continuo aumento come sono in aumento i migranti che vengono catturati e ripotati nelle galere.


 Da MSF: abusi e violenze in aumento

Da febbraio di quest’anno, maltrattamenti, abusi e violenze contro le persone detenute in questi centri di detenzione sono aumentati costantemente. Nell’arco di una sola settimana, le nostre équipe hanno assistito in prima persona e ricevuto segnalazioni di almeno tre incidenti violenti che hanno provocato gravi danni fisici e psicologici.

Il 17 giugno, durante una visita al centro di detenzione di Al-Mabani, dove si stima che almeno 2.000 persone siano detenute in celle gravemente sovraffollate, le nostre équipe hanno assistito ad atti di violenza perpetrati da parte degli addetti alla sicurezza, inclusa l’indiscriminata violenza contro alcune persone colpite mentre lasciavano le loro celle per essere visitate dai nostri operatori sanitari.

Il nostro team ha ricevuto segnalazioni di tensioni crescenti la notte precedente, culminata in una violenza di massa, in seguito alla quale sia i migranti e i rifugiati che gli addetti alla sicurezza hanno riportato diverse ferite. Abbiamo trattato 19 pazienti con lesioni da pestaggio, incluse fratture, ferite da taglio, abrasioni e traumi da corpo contundente. In seguito alle ferite riportate alle caviglie, un minore non accompagnato non è più in grado di camminare. Altri hanno raccontato di averi ricevuto abusi fisici e verbali da parte degli addetti alla sicurezza dei centri.

In quella stessa settimana, il 13 giugno, sono state usate armi automatiche che hanno ferito alcune persone detenute nel centro di detenzione Abu Salim causando numerose vittime, secondo le testimonianze raccolte dai nostri team. Per i sette giorni successivi all’incidente è stato impedito l’accesso al centro alle nostre équipe, destando preoccupazioni per la mancanza di cure alle persone potenzialmente ferite e gravemente malate presenti nel centro.

Condizioni di vita sempre più disperate

Il crescere dei casi di violenza dall’inizio del 2021 va di pari passo con il significativo aumento del numero di migranti, richiedenti asilo e rifugiati intercettati nel Mediterraneo, costretti a ritornare in Libia e rinchiusi nei centri di detenzione dalla Guardia costiera libica, finanziata dall’UE. Dal 19 giugno, oltre 14.000 persone sono state intercettate e costrette a ritornare in Libia, superando il numero totale di ritorni forzati dell’intero 2020.

Questi numeri hanno portato a un grave sovraffollamento e un deterioramento delle già disperate condizioni di vita. Nella maggior parte dei centri di detenzione non c’è né un’adeguata ventilazione né luce naturale; alcuni sono così sovraffollati che in un metro quadro convivono fino a quattro persone, costrette a fare i turni per sdraiarsi e dormire. Queste persone non hanno neanche accesso costante all’acqua potabile e alle strutture igieniche.

Inoltre, migranti e rifugiati ricevono quantità insufficienti di cibo: uno o due minimi pasti al giorno, di solito un pezzo di pane e formaggio o un piatto di pasta da condividere con gli altri. I nostri medici hanno osservato come a volte le persone usino farmaci per gestire la fame. La mancanza di cibo nutriente ha causato problemi anche alle donne che non riescono a produrre latte materno a sufficienza per allattare i propri figli. Una donna ha raccontato al nostro team di essere così disperata da non riuscire a nutrire la sua bimba di cinque giorni che ha provato a darle la sua razione di cibo solido per evitare che morisse di fame.


Draghi ieri ha ricevuto a Roma il capo del Consiglio presidenziale della Libia, Mohamed Menfi, cane da guardia dei "confini" dell'imperialismo UE antimigranti e dei profitti del petrolio del capitalismo monopolista di Stato dell'ENI per la borghesia imperialista italiana. 

Mentre la Seconda Conferenza di Berlino sulla Libia, oltre ai contrasti interimperialisti sulla "ricollocazione" dei migranti, registra l'ennesimo fallimento sulla questione del ritiro dalla Libia delle truppe straniere e mercenari (Turchia e Russia principalmente). Ma l'importante per l'Italia imperialista non è la questione dei diritti umani ma è il sostegno ai lager libici antimmigrati col memorandum e con questo governo Draghi che sostiene lo sporco lavoro dei respingimenti e delle disumane galere libiche, assieme ai profitti della ricostruzione e della rapina del petrolio libico dell'ENI


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