INDUSTRIA DELLA MODA: RIFLETTORI PUNTATI SULLO SFRUTTAMENTO
21 Settembre 2020 La Bottega del Barbieri
Report «Fuori dall’ombra» della campagna Abiti Puliti - stralci
La Clean Clothes Campaign lancia il nuovo report “Fuori dall’ombra: riflettori puntati sullo sfruttamento nell’industria della moda”. La ricerca analizza le informazioni raccolte da una parte attraverso questionari inviati a 108 marchi e rivenditori di 14 Paesi, e dall’altra attraverso interviste e analisi delle buste paga di 490 lavoratori e lavoratrici di 19 diversi stabilimenti in Cina, India, Indonesia, Ucraina e Croazia. Tutti i dati sono pubblicati sulla nuova piattaforma FashionChecker.org. Tra i marchi italiani contattati troviamo Benetton, Calzedonia, Falc, Geox, Gucci, OVS, Salewa.La ricerca sui marchi mostra come nessun brand paghi un salario dignitoso ai propri lavoratori nelle catene di fornitura; la ricerca sul campo fa luce ancora una volta sulle pessime condizioni di lavoro che si nascondono dietro i numeri.
I salari di povertà continuano ad essere un problema sistemico nell’industria dell’abbigliamento, spesso nascosto in profondità all’interno di catene di fornitura complesse e segrete. Una situazione ulteriormente peggiorata durante la pandemia di Covid-19, quando marchi come Arcadia, Bestseller, C&A, Primark e Walmart (Asda)
hanno deciso di annullare ordini e imporre sconti ai fornitori, lasciando così i lavoratori senza gran parte dei salari.Come se non bastasse, la ricerca sul campo rivela la lotta che i lavoratori devono affrontare per guadagnare questi salari da fame. Nonostante gli straordinari eccessivi di oltre 100 ore al mese, solo due lavoratori intervistati guadagnavano un importo pari al salario vivibile, ma facendo due lavori ciascuno.
“Il mio lavoro è estenuante. Ogni giorno devo fare 18 ore. Molte lavoratrici non riescono a raggiungere l’obiettivo di produzione dalla fabbrica, così vengono licenziate. Devo lavorare sodo per raggiungere l’obiettivo e mantenere il mio lavoro” ci ha raccontato una lavoratrice in Cina.
Le buste paga spesso hanno formati molto complessi, rendendo difficile comprendere la ripartizione o contestare le inesattezze. In India e Indonesia tali informazioni sono così inaffidabili che molti lavoratori non sanno nemmeno in che modo ciò che ricevono si collega a ciò che è sulla loro busta paga.
In un settore alimentato prevalentemente dal lavoro femminile, la ricerca evidenzia poi una discriminazione di genere nei salari. Ad esempio, in India le donne guadagnano in media solo l’88% di quello che guadagnano gli uomini. Nella nostra ricerca sui marchi, nessuna azienda intervistata ha fornito prove o informazioni pubbliche sui divari retributivi di genere complessivi nella propria catena di fornitura.
“Attualmente, ciò che accade in fabbrica rimane in fabbrica. Questo deve cambiare, perché ciò che accade in fabbrica ha pesanti ripercussioni sulla vita delle persone. I salari da fame pagati ai lavoratori dell’abbigliamento sono inaccettabili” ha dichiarato Priscilla Robledo della Campagna Abiti Puliti.
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