“Lo
conosce il Delta del Niger? Non credo. Eppure ogni volta che lei sale
in macchina può farlo grazie a noi”.
“Ho
visto la sua faccia ieri al telegiornale. Dipinta dei colori della
rabbia. La sua voce, poi, aveva il sapore amarissimo del fiele. Ha
detto che per noi che siamo qui nella vostra terra è finita la
pacchia. Ci ha accusati di vivere nel lusso, rubando il pane alla
gente del suo paese. Ancora una volta ho provato i morsi atroci della
paura… Chi sono? Non le dirò il mio nome. I nomi, per lei, contano
poco. Niente. Sono una di quelli che lei chiama con disprezzo
“clandestini”.
Vengo
da un paese, la Nigeria, dove ben pochi fanno la pacchia e sono tutti
amici vostri. Lo dico subito. Non sono una vittima del terrorismo di
Boko Haram. Nella mia regione, il Delta del Niger non
sono arrivati. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa. Lo conosce il Delta del Niger? Non credo. Eppure ogni volta che lei sale in macchina può farlo grazie a noi. Una parte della benzina che usa viene da lì.
sono arrivati. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa. Lo conosce il Delta del Niger? Non credo. Eppure ogni volta che lei sale in macchina può farlo grazie a noi. Una parte della benzina che usa viene da lì.
Io
vivevo alla periferia di Port Harkourt, la capitale dello Stato del
Delta del Niger. Una delle capitali petrolifere del mondo. Vivevo con
mia madre e i miei fratelli in una baracca e alla sera per avere un
po’ di luce usavamo le candele. Noi come la grande maggioranza di
chi vive lì. E’ dura vivere dalle mie parti. Molto dura. Un
inferno se sei una ragazza. Ed io ero una ragazza. Tutto è a
pagamento. Tutto. Se non hai soldi non vai a scuola e non puoi
curarti. Gli ospedali e le scuole pubbliche non funzionano. E persino
lì, comunque, se vuoi far finta di studiare o di curarti, devi
pagare. E come fai a pagare se di lavoro non ce ne è? La fame, la
miseria, la disperazione e l’assenza di futuro, sono nostre
compagne quotidiane.
La
vedo già storcere il muso. E’ pronto a dire che non sono fatti
suoi, vero? Sono fatti suoi, invece. Il mio paese, la regione in cui
vivo, dovrebbe essere ricchissima visto che siamo tra i maggiori
produttori di petrolio al mondo. E invece no. Quel petrolio
arricchisce poche famiglie di politici corrotti, riempie le vostre
banche del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre
economie e le vostre aziende.Il mio paese è stato preda di più
colpi di stato. Al potere sono sempre andati, caso strano, personaggi
obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petrolifere del suo
mondo, anche del suo paese. Avete potuto, così, pagare un prezzo
bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che portavate via
era la nostra vita. Lo avete fatto con protervia e ferocia. La vostra
civiltà e i vostri diritti umani hanno inquinato e distrutto la vita
nel Delta del Niger e impiccato i nostri uomini migliori. Si ricorda
Ken Saro Wiwa? Era un giovane poeta che chiedeva giustizia pe noi. Lo
avete fatto penzolare da una forca…Le vostre aziende, in lotta tra
loro, hanno alimentato la corruzione più estrema. Avete comprato
ministri e funzionari pubblici pur di prendervi una fetta della
nostra ricchezza. L’Eni, l’Agip, quelle di certo le conosce. Sono
accusate di aver versato cifre da paura in questo sporco gioco. Con
quei soldi noi avremmo potuto avere scuole e ospedali. A casa, la
sera, non avrei avuto bisogno di una candela…
Sarei
rimasta lì, a casa mia, nella mia terra.
Avrei
fatto a meno della pacchia di attraversare un deserto. Di essere
derubata dai soldati di ogni frontiera e dai trafficanti. Di essere
violentata tante volte durante il viaggio. Avrei volentieri fatto a
meno delle prigioni libiche, delle notti passate in piedi perché non
c’era posto per dormire, dell’acqua sporca e del pane secco che
ti davano, degli stupri continui cui mi hanno costretta, delle urla
strazianti di chi veniva torturato. Avrei fatto a meno della vostra
ospitalità. Nel suo paese tante ragazze come me hanno come solo
destino la prostituzione. Lo sapete. E non fate niente contro la
nostra schiavitù anzi la usate per placare la vostra bestialità. Io
sono riuscita a sfuggire a questo orrore, ma sono stata schiava nei
vostri campi. Ho raccolto i vostri pomodori, le vostre mele, i vostri
aranci in cambio di pochi spiccioli e tante umiliazioni. Ancora una
volta, la pacchia l’avete fatta voi. Sulla nostra pelle. Sulle
nostre vite. Sui nostri poveri sogni di una vita appena migliore.
Vedo che non ho mai pronunciato il suo nome. Me ne scuso, ma mi mette
paura. Quella per l’ingiustizia di chi sa far la faccia dura contro
i deboli, ma sa sorridere sempre ai potenti. Vuole che torniamo a
casa? Parli ai suoi potenti, a quelli degli altri paesi che occupano
di fatto casa mia in una guerra velenosa e mai dichiarata. Se ha un
po’ di dignità e di coraggio, la faccia brutta la faccia a loro.
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