Proteste sociali e antirazziste salutano la fine dell’anno
L’ultima settimana dell’anno si sta chiudendo con il moltiplicarsi di proteste sociali, antirazziste e contro la repressione:
La notte tra il 23 e il 24 novembre, il 33enne ivoriano Falikou Koulibaly viene ucciso a coltellate nel quartiere in cui vive a Tunisi in un tentativo di rapina. Falikou era il presidente dell’Associazione degli Ivoriani in Tunisia. Il giorno seguente un migliaio di ivoriani e altri immigrati di paesi dell’Africa subsahriana manifesteranno con un corteo che percorrerà la distanza tra l’ospedale in cui Falikou è morto e l’Avenue Bourguiba (dove si trova il ministero degli interni). I manifestanti colmi di rabbia denunciano che nonostante sia stata approvata pochi mesi fa una legge che punisce severamente il razzismo, gli stranieri dei paesi subsahriani ma anche la minoranza nera tunisina sono oggetto di discriminazioni e aggressioni di stampo razzista.
Nelle stesse ore nella città frontaliera di Kasserine (centro-ovest) nota per l’elevato tasso di povertà e disoccupazione, il giovane giornalista precario di un’emittente privata, Abderrazek Rezgui, 32 anni, si immolava dandosi fuoco nel mezzo di una manifestazione di disoccupati che cadeva più o meno nell’ottavo anniversario dal sacrificio con le stesse modalità di Mohamed Bouazizi, atto dal quale scoppierà la grande Rivolta del 2010/2011. Abderrazek prima di suicidarsi aveva annunciato le proprie intenzioni con un video su fb “dedicando” il suo sacrificio ai tanti giovani disoccupati in Tunisia e in particolare a quelli di Kasserine che dopo 9 mesi di sit-in davanti la sede della delegazione (divisione amministrativa equivalente alla nostra provincia n.d.a.) Abderrazek denunciava nel suo messaggio come il presidente della delegazione non si era mai fermato per salutare i manifestanti e interessarsi del loro problema. Infine affermo’ che era meglio sacrificare la propria vita sperando che questo gesto potesse innescare una nuova rivolta piuttosto che vivere in condizioni cosi precarie. Immediatamente sono scoppiati scontri con la polizia in città, i manifestanti hanno provato ad attaccare la sede della delegazione e della polizia e alcuni giovani hanno manomesso delle telecamere di sicurezza. Sono seguiti alcuni arresti.
In una piccola cittadina poco lontana da Sfax, un giovane centauro di 19 anni viene tamponato da un auto della polizia della circolazione che gli intimava di fermarsi morendo sul colpo come dichiarato da molti testimoni oculari. La polizia nega tutto innescando una protesta nel villaggio in cui i manifestanti chiedono giustizia per il ragazzo, il corteo viene disperso con cariche di camionette lanciate tra la folla e gas lacrimogeni, nella notte i manifestanti attaccano a colpi di pietre e molotov la caserma della guardia nazionale.
Per quanto riguarda i disordini di Kasserine e Sfax il ministero dell’interno ha risposto in maniera isterica con un copione già noto negli ultimi anni e che prevede:
sminuire i manifestanti dicendo che non avanzano richieste sociali ma che sono giovani che vogliono “alimentare disordini”;
Smentire che vi siano proteste in più località ma che si tratta di “fake news” diffuse via internet dai manifestanti stessi utilizzando foto di repertorio passate;
diffondere fake news che mettano in buona luce le forze dell’ordine (all’indomani del suicidio di Abderrazek, un poliziotto avrebbe sventato un suicidio con le stesse modalità.
Lo spettro della rivolta è ancora vivo tra la classe dominante tunisina e storicamente i mesi di dicembre/gennaio sono quelli in cui il rischio che esplodano proteste sociali che si trasformino in potenziali rivolte è più alto. Nel gennaio del 2016 proprio da Kasserine scoppio’ una rivolta che nel giro di poche settimane divenne di dimensioni nazionali assumendo le sembianze della rivolta di 5 anni prima.
In questi giorni oltre a Kasserine e Sfax vi sono stati disordini “da contagio” anche a Sidi Bouzid (40 km da Kasserine) e a Manouba (periferia a nord-ovest di Tunisi) per il momento la situazione sempre essere rientrata sotto il controllo dello Stato e del suo apparato repressivo, cio’ ovviamente rimanda ancora una volta al futuro la risoluzione delle cause che provocano il malcontento popolare, cullando l’illusione che il bastone metta a tacere le rivendicazioni di dignità, pane, lavoro e libertà del popolo tunisino.
Intanto la Federazione dei Giornalisti ha dichiarato uno sciopero di protesta per la morte del giovane Abderrazek proprio per il rossimo 14 Gennaio (anniversario della fuga del dittatore Ben Ali) e l’Associazione dei Giovani Avvocati ha dichiarato che assisterà gratuitamente tutti i giovani arrestati in questi giorni, probabilmente l’UGTT “farà propria” la data e proclamerà anch’essa uno sciopero generale, ma cio’ potrebbe essere un modo di dare una mano allo Stato e inquadrare la protesta nei ranghi delle burocrazie sindacali piuttosto che un’adesione genuina alle rivendicazioni popolari.
La notte tra il 23 e il 24 novembre, il 33enne ivoriano Falikou Koulibaly viene ucciso a coltellate nel quartiere in cui vive a Tunisi in un tentativo di rapina. Falikou era il presidente dell’Associazione degli Ivoriani in Tunisia. Il giorno seguente un migliaio di ivoriani e altri immigrati di paesi dell’Africa subsahriana manifesteranno con un corteo che percorrerà la distanza tra l’ospedale in cui Falikou è morto e l’Avenue Bourguiba (dove si trova il ministero degli interni). I manifestanti colmi di rabbia denunciano che nonostante sia stata approvata pochi mesi fa una legge che punisce severamente il razzismo, gli stranieri dei paesi subsahriani ma anche la minoranza nera tunisina sono oggetto di discriminazioni e aggressioni di stampo razzista.
Nelle stesse ore nella città frontaliera di Kasserine (centro-ovest) nota per l’elevato tasso di povertà e disoccupazione, il giovane giornalista precario di un’emittente privata, Abderrazek Rezgui, 32 anni, si immolava dandosi fuoco nel mezzo di una manifestazione di disoccupati che cadeva più o meno nell’ottavo anniversario dal sacrificio con le stesse modalità di Mohamed Bouazizi, atto dal quale scoppierà la grande Rivolta del 2010/2011. Abderrazek prima di suicidarsi aveva annunciato le proprie intenzioni con un video su fb “dedicando” il suo sacrificio ai tanti giovani disoccupati in Tunisia e in particolare a quelli di Kasserine che dopo 9 mesi di sit-in davanti la sede della delegazione (divisione amministrativa equivalente alla nostra provincia n.d.a.) Abderrazek denunciava nel suo messaggio come il presidente della delegazione non si era mai fermato per salutare i manifestanti e interessarsi del loro problema. Infine affermo’ che era meglio sacrificare la propria vita sperando che questo gesto potesse innescare una nuova rivolta piuttosto che vivere in condizioni cosi precarie. Immediatamente sono scoppiati scontri con la polizia in città, i manifestanti hanno provato ad attaccare la sede della delegazione e della polizia e alcuni giovani hanno manomesso delle telecamere di sicurezza. Sono seguiti alcuni arresti.
In una piccola cittadina poco lontana da Sfax, un giovane centauro di 19 anni viene tamponato da un auto della polizia della circolazione che gli intimava di fermarsi morendo sul colpo come dichiarato da molti testimoni oculari. La polizia nega tutto innescando una protesta nel villaggio in cui i manifestanti chiedono giustizia per il ragazzo, il corteo viene disperso con cariche di camionette lanciate tra la folla e gas lacrimogeni, nella notte i manifestanti attaccano a colpi di pietre e molotov la caserma della guardia nazionale.
Per quanto riguarda i disordini di Kasserine e Sfax il ministero dell’interno ha risposto in maniera isterica con un copione già noto negli ultimi anni e che prevede:
sminuire i manifestanti dicendo che non avanzano richieste sociali ma che sono giovani che vogliono “alimentare disordini”;
Smentire che vi siano proteste in più località ma che si tratta di “fake news” diffuse via internet dai manifestanti stessi utilizzando foto di repertorio passate;
diffondere fake news che mettano in buona luce le forze dell’ordine (all’indomani del suicidio di Abderrazek, un poliziotto avrebbe sventato un suicidio con le stesse modalità.
Lo spettro della rivolta è ancora vivo tra la classe dominante tunisina e storicamente i mesi di dicembre/gennaio sono quelli in cui il rischio che esplodano proteste sociali che si trasformino in potenziali rivolte è più alto. Nel gennaio del 2016 proprio da Kasserine scoppio’ una rivolta che nel giro di poche settimane divenne di dimensioni nazionali assumendo le sembianze della rivolta di 5 anni prima.
In questi giorni oltre a Kasserine e Sfax vi sono stati disordini “da contagio” anche a Sidi Bouzid (40 km da Kasserine) e a Manouba (periferia a nord-ovest di Tunisi) per il momento la situazione sempre essere rientrata sotto il controllo dello Stato e del suo apparato repressivo, cio’ ovviamente rimanda ancora una volta al futuro la risoluzione delle cause che provocano il malcontento popolare, cullando l’illusione che il bastone metta a tacere le rivendicazioni di dignità, pane, lavoro e libertà del popolo tunisino.
Intanto la Federazione dei Giornalisti ha dichiarato uno sciopero di protesta per la morte del giovane Abderrazek proprio per il rossimo 14 Gennaio (anniversario della fuga del dittatore Ben Ali) e l’Associazione dei Giovani Avvocati ha dichiarato che assisterà gratuitamente tutti i giovani arrestati in questi giorni, probabilmente l’UGTT “farà propria” la data e proclamerà anch’essa uno sciopero generale, ma cio’ potrebbe essere un modo di dare una mano allo Stato e inquadrare la protesta nei ranghi delle burocrazie sindacali piuttosto che un’adesione genuina alle rivendicazioni popolari.
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