...C’è stata l’udienza del
processo Bhima Koregaon, presso il Giudice Speciale del Tribunale di
Pune. Sahaja, Anala, Pavana, le tre figlie di Varavara Rao, e io
siamo andati ad incontrarlo.
Eravamo in attesa in tribunale fin da
mezzogiorno. Verso le 14.30 veniamo a sapere che Varavara Rao e gli
altri erano stati portati nei locali del tribunale. Abbiamo saputo
che sarebbero stati tenuti in una stanza chiusa fino all’apertura
dell’udienza. Speravamo di vederli prima. Di solito, a Hyderabad
come altrove, i detenuti sotto processo sono portati nei locali del
tribunale in furgoni della polizia che stazionano in uno spazio
accessibile. Anche se i furgoni hanno finestre schermate da grate, si
può stare a una certa distanza per scambiare qualche parola,
gesticolare o per lo meno vedere i propri cari. Centinaia di volte,
dal 1973 in poi, abbiamo avuto esperienze simili con Varavara Rao.
Nei locali del Tribunale di Pune,
invece, c’è un piccolo recinto all'interno della stazione di
polizia. I furgoni provenienti dalla prigione sono tenuti in quel
recinto, le cui porte sono strettamente sorvegliate. Ragini Ahuja,
avvocata di Sudha Bharadwaj, ha cercato di avvicinarsi al furgone e
anche noi abbiamo cercato di seguirla. Ma siamo stati tutti
allontanati, compresa l'avvocata. La spessa grata
ai finestrini non ci ha permesso di riconoscere i volti all'interno dei furgoni, ma abbiamo visto delle mani che salutavano
.
ai finestrini non ci ha permesso di riconoscere i volti all'interno dei furgoni, ma abbiamo visto delle mani che salutavano
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Finalmente, verso le 14,45 sono stati
portati tutti all’interno del Tribunale. Vernon Gonsalves, Arun
Ferriera e Varavara Rao erano nello stesso furgone e sono stati
portati per primi. Poi da un altro furgone è arrivato Sudha
Bharadwaj. Surendra Gadling, Sudhir Dhawle, Rona Wilson e Mahesh Raut
sono stati portati più tardi. Erano tutti erano lì, tranne di Shoma
Sen. Tranne Mahesh, che non avevo mai incontrato prima, sono tutti
vecchi amici. Vederli tutti insieme è stata una gioia. Ancora di più
lo è stato vederli in buona salute e col morale alto. Riuscire ad
abbracciarli, anche se per pochi secondi, tra le minacce e gli
spintoni dei poliziotti, ci ha fatto felici.
Dato che era in corso un’altra causa,
i nostri amici sono stato fatti sedere su una panchina nel corridoio.
Oltre a noi, da Hyderabad, altri 15 erano venuti da Mumbai, Pune e
Bangalore per vederli. Nonostante i poliziotti circondassero la
panchina cui sui sedevano i nostri amici, per 10 o 15 minuti ci siamo
tutti accalcati per farci vedere, aggrappandoci alle spalle dei
poliziotti.
Varavara ci ha detto di avere gola
secca e gli abbiamo passato una bottiglia d'acqua. Prima che potesse
bere un sorso, i poliziotti si sono opposti e hanno cercato
portargliela via. I prigionieri non possono ricevere cibo o bevande
da nessuno! Abbiamo protestato e chiesto perché impedivano a una
figlia di offrire dell’acqua a suo padre. Alla fine i poliziotti
hanno detto che potevano dare loro una bottiglia, ma sigillata! Sono
corso giù dal terzo piano e in cinque minuti ero di ritorno con
delle bottiglie nuove sigillate. Dopo, da quel corridoio troppo
stretto, li hanno portati fuori e fatti sedere in un ampio androne
con scale e ascensori. Lì abbiamo potuto parlare con loro conversare
per altri 10 15 minuti.
Poi sono stati portati in aula. Si è
dibattuto per circa un'ora e mezza su tre questioni. Dapprima
Surendra Gadling ha ribadito i suoi argomenti per la richiesta della
libertà su cauzione, in modo assai eloquente, come ho già scritto.
Questa volta ha esposto i suoi argomentazioni principalmente in
Marathi e non sono riuscito a capire molto, ma almeno in tre
occasioni tutta l’aula del tribunale si è riempita del suono di
risate in risposta alle sue battute. Persino il giudice, che di
solito mostra un’espressione impassibile, inespressiva (o sempre a
favore della polizia), non è riuscito a evitare di ridere. Gli amici
marathi mi hanno poi spiegato che Surendra ha ridicolizzato
l'argomentazione del pubblico ministero sull’uso dei guanti,
commentando che si poteva contestare anche il fatto che anche lei
indossasse delle calze. Ha anche detto che la PM rispondeva in modo
impertinente a qualsiasi domanda, come un chirurgo che dovrebbe
operare l'occhio sinistro ma invece interviene sul destro. Tra una
battuta e l’altra, passando all’inglese, ha detto ‘i miei
argomenti sono fondati sulla legge, i suoi sono campati in aria'.
Si è poi discussa la richiesta di
libertà su cauzione di Mahesh e altri, nonché del fatto che
l'accusa ha omesso di fornire carte e documenti pertinenti agli
imputati o ai loro avvocati. I difensori hanno evidenziato
all’attenzione del giudice la chiara contraddizione : "Nell’atto
di accusa presentata alla Corte Suprema, l'accusa ha affermato che
l'esame dei dispositivi elettronici sequestrati all'imputato non è
ancora completo. Ma, di fronte a questa corte, si estraggono molti
dettagli dal materiale proveniente da quei dispositivi e li si
pongono a motivo per respingere la richiesta di cauzione. Qual è la
verità, la precedente dichiarazione al tribunale apicale o quella
detta qui?" Il giudice non ha avuto nulla da dire su questa
denuncia!
Sudhir Dhawle ha voluto poi sapere
perché le autorità della prigione avevano rifiutato di inviare una
lettera che che aveva scritto alla sua famiglia. Ha chiesto al
giudice di accertare che cosa ci fosse di obiettabile nella lettera.
La PM ha chiesto copia della lettera. Sudhir ne data subito una, la
PM l'ha letta almeno due volte da cima a fondo. Forse non è riuscita
a trovarvi nulla e alla fine ha chiesto di aggiornare la discussione!
Il giudice ha prontamente accettato e l’ha rinvitata al 20
dicembre!
Fatto insolito, le autorità carcerarie
ci chiedono di ottenere dalla corte il permesso per qualsiasi libro
vogliamo dare ai prigionieri. Varavara Rao ci ha chiesto dizionari
mono-lingua inglese e inglese-telugu e alcuni libri da leggere.
Abbiamo preso per lui i dizionari, poesie di Pablo Neruda, romanzi e
racconti di Jack London e il romanzo di Amitav Ghosh. Abbiamo dovuto
presentare una istanza e anche su questa la decisione è stata
rinviata a una udienza successiva!
Quando Varavara Rao ha chiesto: alcuni
miei familiari hanno viaggiato da Hyderabad a qui, datemi un po 'di
tempo da passare con loro, all’unisono il giudice ha detto "solo
parenti di sangue" e la PM: "solo in presenza della
polizia"! Neanche cinque minuti dopo averli portati, la polizia
ha ripreso Vernon e Arun e ci ha chiesto di andarcene. Abbiamo
protestato e allora ci hanno detto che potevamo usare il tempo del
tragitto fino al van per parlare con loro! Erano altri cinque minuti.
Ma prima ancora di arrivare, uno della scorta ci ha setto: 'bahut
baat hogaya, peth nahin bhare?” (avete parlato tanto, non vi
basta?). Ho risposto: "saresti soddisfatto di aver parlato con
la tua famiglia per due minuti". Ma a quel punto avevamo quasi
raggiunto il cancello e ci hanno fermati. Mentre Varavara Rao si
allontanava per entrare nel cortile, non sono riuscita a fermare le
lacrime.
Varavara Rao non ha mai sopportato il
freddo e a Pune ci sono sempre cinque-sei gradi in meno rispetto a
Hyderabad. All’età 78 lo costringono a dormire per terra nella
fredda prigione di Yerawada. Ma lui non si lamenta. È ottimista e
coraggioso come sempre. Quando parla, è più evocativo che mai.
Tutti i prigionieri sono rinchiusi in isolamento durante la notte, ma
durante il giorno lui e Vernon sono insieme a un paio di prigionieri
musulmani in attesa di esecuzione. Ci ha raccontato che i prigionieri
musulmani sono molto disponibili e collaborativi. Ha detto che è
riuscito a scrivere e ha appena finito un lungo saggio in Telugu che
ricorda il suo primo e ultimo incontro con Bhoomaiah e Kishta Goud,
nel carcere di Musheerabad, poco prima che venissero impiccati, il 1
° dicembre 1975. Ma questo saggio non può essere spedito perché le
autorità della prigione non lo permettono col pretesto che non
dispongono di un censore che conosca il telugu.
Ci ha chiesto di tanti amici e di
portare loro i suoi saluti. Ci ha chiesto di tanti avvenimenti
politici e sociali cui non può di partecipare e prendere posizione.
N. Venugopal,
redattore, Veekshanam.
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