In Tunisia, il paese della Rivoluzione dei Gelsomini, è scoppiata di nuovo la rivolta sociale contro la disoccupazione e una serie di misure economiche antipopolari imposte dal Fmi. Un po’ in tutto il paese da giorni ci sono manifestazioni con scontri con la polizia ma anche episodi estremi di protesta che hanno visto manifestanti darsi fuoco, richiamando alla memoria la vicenda di Mohamed Bouazizi, il giovane venditore ambulante che si diede fuoco a Sidi Bouzod alla fine del 2010 per denunciare le vessazioni della polizia e innescando così la rivolta del 2011.
Si segnalano tensioni e lancio di molotov a Jebeniana, nel governatorato di Sfax. Anche in questo caso la protesta è contro alcuni agenti della sicurezza da parte di un gruppo di giovani riunitisi davanti alla sede del distretto della polizia per chiedere alle autorità di far luce sulle circostanze della morte di un loro compagno, deceduto domenica scorsa in un incidente di moto, dopo essere stato inseguito dai poliziotti. I manifestanti hanno accusato la polizia di voler coprire gli agenti del commissariato nell’ambito dell’indagine sull’incidente.
La situazione socio-economica delle regioni marginalizzate del centro e del sud della Tunisia, dopo otto anni di promesse mancate, è rimasta pressoché la stessa con punte di disoccupazione giovanile intorno al 30%.
Il sindacato nazionale giornalisti tunisini (Snjt) a seguito della notizia della morte del giovane reporter ha annunciato in un comunicato la possibilità di indire uno sciopero generale della categoria. Per il sindacato infatti, è lo Stato che ha “contribuito a diffondere la corruzione e il denaro sospetto nel settore dei media assoggettandoli ad alcuni interessi”. Lo stato tunisino inoltre, secondo quanto si legge nel comunicato, ha fallito nel controllare i media e la loro conformità alle leggi sul lavoro a scapito dei giornalisti.
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