giovedì 28 dicembre 2017

pc 28 dicembre - LIBIA, benvenuti all'inferno... - EDITORIALE

La Libia è una polveriera”, tornano a scrivere i giornali dopo l'attacco all'oleodotto che dai campi della Cirenaica, 400 Km a sud di Bengasi porta petrolio grezzo al terminale di El Sider sulla costa. Si tratta di un oleodotto gestito dalla compagnia Al waha Oil che è una sussidiaria della Noc – National Oil Corporation – compagnia di Stato che opera in Joint Venture con le compagnie americane Hess Corp, Marathon Oil Corp e Conocophillips.
L'attacco viene addebitato all'Isis. Ma non è questo il problema. E' un attacco giusto e necessario. Tutti coloro che lottano contro i signori della guerra, le multinazionali imperialiste e gli Stati imperialisti presenti in Libia devono intensificare la loro lotta e i loro attacchi al cuore del problema della questione libica: il controllo del petrolio.
L'attacco smentisce apertamente il generale Haftar che si vuole accreditare come colui che aveva preso in mano il controllo dei siti strategici in Cirenaica; Haftar è il referente del governo italiano e di Minniti nella gestione dell'intervento imperialista italiano in Libia; Haftar è al centro della contesa e della collusione tra Italia e Francia, ed è uomo anche legato ad Al Sisi-Egitto.
Per questo noi siamo favorevoli che la polveriera Libia esploda e diventi un inferno per i signori della guerra e gli imperialisti.

Proprio in questi giorni il direttore della Noc, la Compagnia di Stato attaccata, si era incontrato a Tripoli con il responsabile dell'Eni per l'oleodotto upstream per il Nord Africa. L'incontro era per
riavviare i progetti, ed è a questi interessi che serve l'intervento italiano in Libia, altro che “terrorismo”, “gestione migranti”...
In Libia l'Eni gestisce attualmente l'impianto di Mellitah Gas proprio insieme alla Noc, e qui per la sicurezza dell'impianto si avvale di forze locali – leggi bande locali – e contractor-mercenari. E' questo insieme di interessi economici e strategici che hanno reso la Libia un campo di battaglia, è questa presenza economico militare che fa da ragione finale all'inferno schiavistico e di morte dei migranti che alla Libia devono arrivare nella loro “fuga per la libertà” da tutto il centro Africa.

Noi alla luce anche di quello che sta succedendo in queste ore torniamo a chiedere forte il ritiro immediato di ogni presenza italiana in Libia, ma ben sapendo che il governo imperialista italiano, qualunque sia il suo colore e il suo nome, qualunque sarà l'esito delle elezioni, non vuole rinunciare alla presenza in Libia e alla contesa che in essa si sviluppa.
Per questo noi sosteniamo tutti gli attacchi agli interessi imperialisti nella zona, tutti gli attacchi alle multinazionali italiane e alle truppe italiane presenti, e vogliamo che l'imperialismo italiano affondi nel pantano libico.
Mentre nello stesso tempo ci battiamo e facciamo appello perchè in Italia si sviluppi un autentico movimento contro l'intervento imperialista in Libia (e ora, naturalmente, anche in Niger – di cui parliamo a parte).

Ma questo movimento ancora non si sviluppa anche per le posizioni presenti nel movimento di opposizione alla guerra nel nostro paese; e qui non ci riferiamo solamente al pacifismo impotente che sempre c'è, ma soprattutto a quelle forze che conducono la lotta ma su posizioni sbagliate. Il fronte Eurostop è sì attivo nel movimento contro la guerra e l'imperialismo, ma la posizione erronea che vede nell'Europa la causa di tutto assolve di fatto il ruolo specifico dell'Italia imperialista e non contribuisce a una lotta reale che lo individui come nemico principale. Così come appare chiaro che la dispersione di forze per la campagna elettorale è un modo per non cogliere la vera battaglia da fare che non può essere, su questo terreno, in nessuna maniera elettorale.
Ma non basta questo. Costruire un movimento contro l'intervento imperialista necessita che l'obiettivo politico di questo intervento sia il governo, lo Stato e in particolare gli uomini impegnati in prima fila in questo intervento, Minniti, la Pinotti, le strutture militari di questi interventi e infine l'Eni padrino di tutto questo.
Questo corrisponde al vero internazionalismo, è questo l'obiettivo che bisogna porsi nello sforzo di organizzare un movimento di massa.

Infine, altre due questioni sono importanti. Prima di tutto la questione dei migranti. Il controllo della Libia da parte dell'imperialismo è una nuova grande prigione omicida dei migranti, e quindi è l'habitat della mobilitazione nel nostro paese che ha visto anche recentemente una manifestazione molto partecipata a Roma. Esiste un legame organico tra difesa delle condizioni dei migranti, accoglienza, diritto d'asilo, Ius soli, ecc. e battaglia antimperialista come questa della Libia. Separarle non è possibile.

Secondo, l'attacco all'oleodotto, da cui siamo partiti, ha gettato immediatamente nel panico il mercato mondiale del petrolio, con rialzi del prezzo; quindi esso ha un nesso inestricabile con la crisi economica mondiale. Coloro che parlano di ripresa sappiano che questa ripresa è legata indissolubilmente alla pacificazione imperialista nelle aree del petrolio, ma la pacificazione impossibile è la mina vagante del suo nuovo acutizzarsi, perchè in Libia, come altrove, si combatte anche una guerra interimperialista per interposta persona.  

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