giovedì 28 dicembre 2017

pc 28 dicembre - ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL PROGRAMMA DI "POTERE AL POPOLO"

E' assolutamente necessario avvertire ancora una volta i compagni interessati, dir loro che sono scivolati nella palude, che tali “idee” non hanno niente in comune né col marxismo nè con la socialdemocrazia rivoluzionaria. Non è possibile che la questione resti più a lungo “sotto il moggio”, si favorirebbe così la confusione ideologica, che verrebbe orientata nella pessima direzione delle reticenze, dei conflitti “personali”, delle “frizioni” interminabili, ecc. E' invece nostro divere insistere nel modo più reciso e categorico sull'obbligo di studiare a fondo e di chiarire definitivamente i problemi sollevati”. - Lenin – da “Una caricatura del marxismo”.

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Il programma presentato da Je sò pazzo per la lista “potere al popolo” è un programma, da un lato, scontato, che, in pezzi, si ritrova in tante altre realtà, programmi elettorali della “sinistra” riformista e non solo, e che non hanno né prima, né in futuro, mai cambiato la realtà per i proletari e le masse popolari. Quale raggruppamento, non di centro destra, non parla oggi di “attuazione della Costituzione”, o di “lavoro”, o di redistribuzione della “ricchezza, facendo pagare le tasse ai patrimoni”, o di “una lotta seria alle grandi evasioni fiscali”, di “migranti e accoglienza”, la cancellazione dell'obbligo di pareggio di bilancio, ecc.?
Dall'altro, è espressione di un cambio di natura dei compagni e compagne di Je sò pazzo, vedi per esempio, le parti del programma in cui si affermano cose sull'Unione Europea che non erano fino a poco tempo fa nel Dna politico di Je sò pazzo. Sull'Europa vengono usate formulazioni mediate (“vogliamo rompere l'Unione Europea dei trattati”, quando è più coerente, come fa l'area Eurostop,
dire fuori dalla Ue...), che nei fatti diventano comunque una difesa dell'Italia contro l'intrusione della UE; posizione che è oggettivamente socialsciovinista detta in un paese imperialista come è il nostro.
Dall'altro ancora, si tratta di un “copia-incolla” di altri programmi. L'esempio più clamoroso (lo scivolone) è stato il copia-incolla del piano femminista di Nudm, poi ritirato dopo le critiche di alcune di Nudm, ma sostituito con una dichiarazione-piano che in un certo senso nella sua genericità è meno del 'piano femminista' (che esprime un riformismo concreto, con obiettivi e richieste chiare dal punto di vista dei settori sociali che lo portano avanti, la piccola e media borghesia).

Je sò pazzo aveva scritto, in premessa al programma, che non voleva fare “un lunghissimo elenco di promesse e proposte ma pochi punti forti”, ma poi hanno fatto il lunghissimo elenco, perchè devono tenere tutti.
La Rivoluzione d'Ottobre ha dimostrato che gli operai, i soldati, i contadini hanno fatto la rivoluzione e costruito la società socialista, a partire da tre parole d'ordini: pace, terra ai contadini, produzione in mano agli operai.
Nella luno elenco della lista “potere al popolo” dove sono i “pochi punti forti”?

Il programma poi è un miscuglio di illusioni riformiste che affossano tutta l'analisi marxista del sistema capitalista, insieme a sciocchezze socialdemocratiche, tipo: “recupero dei capitali e delle rendite nascoste”, perchè quelle ufficiali potrebbero rimanere...?

Delle lotte che pur Je sò pazzo alimenta a Napoli, soprattutto quelle dei migranti e sul lavoro nero, non portano nel programma lo spirito di opposizione ai piani di padroni, governo, Stato, ma la favola (riformista) del “controllo popolare”; senza neanche un'ombra di ripensamento che questo “controllo”, lanciato già come bandiera dal basso durante l'elezione di De Magistris, poi ha portato a “lasciare in pace il manovratore” (De Magistris) senza minimamente “controllare”/contrastare la sua politica che ha avuto, insieme a dichiarazioni positive, una pratica di interventi o non-interventi di opposizione alle lotte dei disoccupati, sul lavoro, alla repressione da parte della polizia, come di “chiusura degli occhi” rispetto a clamorose realtà pubbliche di lavoro nero, ecc.; contrasto verso il Comune che, invece, in qualsiasi altra città, durante lotte che riguardano problematiche locali è normale che si sviluppi.

Si azzera di un colpo – proprio nell'anno del centenario della rivoluzione d'ottobre e del suo sempre attuale insegnamento – la semplice lezione della storia del proletariato, anche in Italia, che questo potere o si prende attraverso la lotta armata e si esercita con la dittatura del proletariato, o è candidarsi, che lo si voglia o no, ad essere parte dell'ampia schiera dell'opportunismo che vorrebbe soltanto cambiare il potere borghese.
Ma questo azzeramento è il risultato di un azzeramento dell'analisi di classe, proletaria, marxista della realtà – fatto da giovani compagni e compagne che sono nati abbeverandosi al marxismo, ma che oggi scrivono bellamente a premessa del programma di “potere al popolo” che il lavoro che sfrutta e umilia, la povertà... i migranti da annegare... i disastri ambientali, ecc. sono conseguenza di “scelte politiche che hanno trasferito poteri e risorse ai ricchi e ai potenti...”. Quindi niente “analisi del capitale”, delle sue leggi inevitabili; ma “scelte politiche”, che, pertanto, come vengono fatte così possono essere cambiate (come dice da sempre il riformismo) dal popolo che si riappropria della “sovranità popolare”, in questo sistema; tant'è che nel programma si parla di “alternativa alle politiche degli ultimi tre decenni”, citando, tra l'altro, come esperienza positiva, confermatrice, quei movimenti in Europa e nel mondo che, invece, dimostrano esattamente il contrario: o l'impotenza o l'inglobamento nel potere borghese.
Fermo restando che poi questo “potere al popolo” si eserciterebbe nel “controllo sulla produzione, sulla distribuzione della ricchezza...” per “realizzare la democrazia nel suo senso vero e originario”;
quindi non in funzione del potere di uno Stato proletario, nato con la rivoluzione sulle spoglie dello Stato borghese e della democrazia borghese, ma in funzione di una politica riformista - impotente nei suoi risultati a favore delle masse, illusoria e fallimentare nella “prospettiva di società alternativa al capitalismo”, ma molto utile per la politica reazionaria del sistema del capitale.

L'abbandono dell'analisi marxista, inevitabilmente, va di pari passo con un “potere al popolo” per cui e in cui la classe operaia non esiste. Ultimi arrivati al tavolo dei “sinistri” illuminati e dei riformisti/populisti che fanno riferimento al popolo per annullare gli operai, questi compagni partiti da “Dove sono i nostri?” sono arrivati a non cercarli più...

Je sò pazzo nella presentazione del programma della lista “potere popolare” parla di “mutualità e solidarietà”, che diventano la strada della “resistenza all'attacco dei ricchi e potenti” e quindi per ottenere le cose che ci negano. Questa ottica è frutto della pratica dell'ex Opg, dove, insieme a un'organizzazione di lotte (dei settori precari, migranti, in particolare) da apprezzare, il centro del lavoro è fatto nella logica di “servizio”; una pratica encomiabile per lo spirito di “servizio al popolo” che i giovani, le donne di Je sò pazzo ci mettono, ma che via via ha pesato nello spegnere lo spirito rivoluzionario di queste compagne e compagni, lasciando sul campo tanta energia positiva, tanta dedizione – in cui le compagne sempre anche in questo caso hanno una “marcia in più” - ma sprecata e oggi controproducente, perchè si porta ad esempio, a dimostrazione che è possibile determinare per questa strada la realtà del sistema borghese.

Poi tutta questa “palestra dove le classi popolari si abituano a esercitare il potere di decidere, autogovernarsi e autodeterminarsi mettendo in discussione le istituzioni e i meccanismi che le governano” - che Je sò pazzo chiama appunto “controllo popolare”, altro non sono che azioni normali, fatte tantissime volte da lavoratori, disoccupati, popolazioni dei territori, migranti, di denuncia, pressione, verifica delle politiche, degli interventi di Istituzioni, Enti (tipo Ispettorato del Lavoro). Non è che ora chiamando tutto questo “controllo popolare con cui le masse si abituano ad esercitare il potere”, si elevano a “potere” azioni, mobilitazioni che sono sindacali, sociali.
Possiamo capire l'entusiasmo giovanile delle compagne e compagni di Je sò pazzo, verso cui abbiamo anche rispetto e affetto, ma questo non legittima una trasfigurazione della realtà, né a prendere “fischi per fiaschi”, per dare spessore alla propria linea.
In questo, permetteteci di dirlo, c'è una strana assonanza con le concezioni dei Carc, che chiamano “guerra popolare già in atto” normali lotte, e se ne autoconvincono sempre più.
Qualcuno dice che si tratta di una 'politica dei due tempi', questa di Je so pazzo. Ok. Ma quando deve arrivare il “secondo tempo”? Quando di parla al “popolo” del “secondo tempo”?

Ancora sul programma. Citiamo qui solo alcune questioni che “saltano agli occhi”. Anche perchè è inutile entrare nel merito di tutti i punti del programma che, cari compagni e compagne, non possono che fare la fine di tutti i programmi e buone intenzioni elettorali.

Sulla Costituzione. Uno, si spargano illusioni tra le masse che sia possibile, fermo restando questo sistema economico e politico capitalista, applicare la Costituzione, nata dopo una guerra di popolo; due si enfatizza la stessa Costituzione, che sì nacque dalla Resistenza e fu improntata dallo spirito della Resistenza, ma fu una mediazione con i partiti della democrazia borghese, in primis la Democrazia Cristiana – e questo nessuno lo può dimenticare. Oggi, che non è neanche più una mediazione perchè manca la “gamba comunista”, non è rivendicando la sua applicazione che si “ritorna alle origini”, perchè contro il “moderno fascismo” ci vuole oggi una Nuova Resistenza.
Sull'Unione Europea, senza un'analisi leninista dell'imperialismo si diffondono banalità o peggio si assumono posizioni socialscioviniste travestite da “sinistra”, secondo cui vi sarebbe una “Europa” che decide per l'Italia, e quindi il contrasto diventa “chi decide, cosa”, invece che lotta all'imperialismo, a partire dal nostro.
Su pace e disarmo, si avvalora la favola che l'Italia fa la guerra, si arma, perchè è “subordinata”, da cui la proposta – vecchia solfa dei partiti riformisti da sempre - di “fuoriuscita dai trattati militari” e di una diversa “politica di disarmo, neutralità e cooperazione internazionale”. L'interesse in proprio dell'Italia imperialista sparisce. Questo porta a mistificare la realtà e a fare un programma presentato come espressione nuova delle battaglie ma che in realtà è vecchio e logoro ed è fatto incollando “programmi elettorali” di forze che hanno finalmente trovato una realtà giovane, dinamica che li rivernicia per farli apparire loro e i loro programmi come nuovi.
Sulle donne. Si considera NUDM, la “forza politica che tiene insieme e traduce percorsi di liberazione dal dominio di classe, di genere, di razza e orientamento sessuale” - cosa affatto vera, soprattutto per quanto riguarda la “classe”. Nudm è espressione ed esprime nei programmi, nelle stesse mobilitazioni, le posizioni e le aspirazioni del femminismo piccolo borghese, e anche medio borghese. Le proletarie sono al massimo “individue della marea” o fanno da sfondo. Questo è emerso chiaro anche nello “sciopero delle donne” dell'8 marzo scorso, in cui ciò che era realmente “invisibile” per queste femministe era la condizione e la lotta delle operaie, delle braccianti, delle immigrate dei servizi, delle precarie ultrasfruttate, ecc. Il movimento che Nudm ha messo in campo è effettivo, ma all'interno c'è una sinistra, un centro, una destra; un femminismo borghese, piccolo borghese e (poco) femminismo proletario, Ma questo viene coperto, taciuto dalle compagne e compagni di Je sò pazzo. E ciò che unisce la lista di “potere al popolo” a quella di Nudm è la logica-guida, quella di cambiare dall'interno questo sistema capitalista, anzi il “dominio” di questo sistema. Ma questo, da che mondo è mondo, si chiama riformismo, che per le donne che hanno doppie catene e tutta la vita da cambiare, dalla terra al cielo, è una doppia fregatura.
Sull'ambiente. Non si usa mai la parola imperialismo, leggi del capitale. Ma perchè anche qui per Je sò pazzo, alla stregua di tanti “ambientalisti borghesi”, il problema non è più il sistema capitalista, imperialista in sé che va combattuto e rovesciato, ma il “modello capitalistico predatorio”; con ancora un uso di aggettivi che di fatto non solo attenuano la denuncia del sistema in sé per sé, ma pongono la questione di un cambiamento dall'interno, della serie: se c'è un modello non predatorio, allora questo sistema può salvaguardare l'ambiente... Tant'è che si parla di “pianificazione democratica su scala nazionale e internazionale”, sciorinando poi una serie di obiettivi che si possono ritrovare in altre liste elettorali e che mai hanno cambiato o anche migliorato l'ambiente.
Sulla nuova questione meridionale. Ritroviamo la stessa concezione di sopra. Un capitalismo, un intervento dello Stato borghese che si può modificare. Insieme ad alcune questioni inaccettabili per chi fino a poco tempo fa si definiva rivoluzionario: la ripresa dei “luoghi comuni” piccolo borghesi su “modello di economia alternativo”, con la favola che nel Sud c'è turismo e cultura. Per cui da un lato si imbroglia come se “l'economia alternativa” non è sempre fatta dal capitale e in essa non agisce sempre la sola logica del profitto (con altrettante devastazioni territoriali, ipersfruttamento, ecc.); dall'altro si fa un'analisi del Sud stereotipata, da “libro Mondadori”, quando nel sud ci sono da vari decenni le fabbriche più grandi e produttive dell'Italia (dall'Ilva alla Fca, alla cantieristica, ecc.) e nel sud c'è più classe operaia che altrove.
Sulla Giustizia. Siamo al facile della denuncia della repressione sociale. Viene espunta la repressione politica verso le lotte politiche, verso i rivoluzionari, verso gli antifascisti, che è il cuore dello Stato di polizia, nel moderno fascismo.

Altre questioni si possono aggiungere, ma il problema è la posizione, concezione generale che guida questa scelta.
Su essa, bisogna dire, che se con la questione della presentazione alle elezioni, ha fatto un salto di “qualità” che rischia di portare ad un cambio di natura definitivo dei compagni “storici” di Je sò pazzo, CCW, non è che non ha avuto negli anni scorsi delle avvisaglie.
E, secondo noi, le avvisaglie, in termini analitici, teorici, politici, sono in quel lavoro del CCW che ha prodotto il libro “Dove sono i nostri?” (che ha avuto molto successo in una parte del movimento).
Per questo invitiamo i compagni, le compagne, i rivoluzionari a rileggere la critica che allora (in tempi non sospetti e in cui le cose positive si equilibravano a cose negative) facemmo al libro.
https://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/12/pc-8-dicembre-un-primo-commento-un.html

Infine, alcune precisazioni. Nelle assemblee ogni tanto si cita Lenin per dire che anche il partito di Lenin si portò alle elezioni. Ma, primo, qui si sorvola bellamente sulla fase storica di polarizzazione tra espressioni organizzate del proletariato e forze borghesi (cosa che oggi è da costruire, e non certamente sul terreno elettorale, ma su quello della lotta politica del proletariato, diretta dai rivoluzionari, dai comunisti); secondo, era ben chiaro il rapporto tra tattica e strategia (cosa che attualmente invece si dà valore di strategia alla tattica – sempre se vogliamo concedere di chiamare “tattica” la presentazione della lista “potere al popolo”); terzo si glissa sul fatto, centrale e strategico, che intento Lenin e i comunisti erano impegnati nella costruzione del partito bolscevico, nella lotta ferrea e aperta contro l'opportunismo, l'economicismo (mentre oggi è proprio l'opportunismo riformista che ha buon gioco nella scelta di “potere al popolo”).

Negli anni 70 in Italia ci furono anche esperienze di presentazioni di liste elettorali da parte di rivoluzionari, anche di comunisti mlm; ma esse erano chiaramente in funzione di utilizzare anche gli strumenti più ampi di “democrazia elettorale” per parlare alle grandi masse di rivoluzione, per fare propaganda rivoluzionaria, per abbattere le illusioni elettoraliste tra le masse. Cioè i rivoluzionari si presentavano ma per denunciare la via elettorale e per organizzare e chiamare i proletari e le masse popolari a scendere sul terreno della politica rivoluzionaria.

MC

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