mercoledì 27 dicembre 2017

pc 27 dicembre - La missione imperialista in Niger una sporca missione di guerra. Non penseranno Pinotti, Minniti, Gentiloni di poter fare una campagna elettorale normale su questo? Ogni loro iniziativa deve essere contestata!

L’Italia prende le armi in Niger. Una storia scritta sulla sabbia

una lettera di Mauro Armanino


Lettera aperta ai parlamentari italiani
L’Italia prende le armi in Niger. Una storia scritta sulla sabbia

La svolta africana. Soldati italiani in Niger non solo per addestrare… Con 470 uomini e 150 veicoli le nostre truppe svolgeranno anche ‘attività di sorveglianza e di controllo del territorio’. All’inizio coi francesi, tra miliziani, contrabbandieri e migranti.
Così Gianluca di Feo su ‘Repubblica’ del 14 dicembre del 2017. Nel Niger, dove mi trovo da quasi sette anni, proprio oggi, il 18 dicembre si celebra la proclamazione della Repubblica, avvenuta 59 anni or sono. Una Repubblica di carta e l’altra di sabbia. Quella di carta racconta di un paese, una Repubblica, fondata sul lavoro, nata dalle variegate resistenze al nazi-fascismo che, proprio per questo,  ha scelto di ripudiare la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. (Art.11 della Costituzione della Repubblica).
Siamo diventati una Repubblica di carta straccia, perché, non da oggi,  la Costituzione  è stata tradita, svilita, venduta e buttata al macero come inutile cimelio ornamentale. Una Repubblica che si appresta
a scrivere sulla sabbia di quest’altra Repubblica, quella del Niger, che di sabbia se ne intende. Ripudiare significa non riconoscere come proprio, il rifiuto fermo di un legame che prima si riteneva infrangibile. Il ripudio indica una scelta definitiva e irrevocabile, une separazione senza condizioni. Ciò che si è ripudiata è la guerra, che da sempre offende la libertà edegli altri popoli. E, in ogni caso, non può essere presa come strumento di risoluzione di controversie.
Abbiamo comprato l’assenso della Repubblica del Niger, che oggi, nella sabbia delle frontiere già armate, riconosce di essere una Repubblica sovrana, da 59 anni, col diritto di vedere rispettata la sua dignità. Abbiamo usato il denaro per comprare il diritto ad operare con militari con lo scopo di occcupare terreno, sorvegliare e se è il caso punire, secondo i dispositivi di controllo del territorio delineati dal piano di occupazione in corso. Geopolitiche di carta, scritte sulla sabbia che il vento spazzerà via al tempo debito.
Italia e Niger hanno firmato ieri a Roma un accordo di cooperazione nell’ambito della Difesa siglato dai ministri Roberta Pinotti e Kalla Moutari. Ne ha dato notizia il ministero della Difesa senza rivelare però dettagli circa i contenuti dell’accordo che rientra nella strategia italiana di cooperazione con i Paesi africani interessati dai flussi di immigrati illegali diretti in Libia e poi nella Penisola. Il Niger è infatti il “paese chiave” di questi traffici, vero e proprio “hub” dei flussi migratori illegali diretti in Europa dall’Africa Occidentale e sub sahariana. (Roma 27 settembre 2017, Ministero della difesa)
I cittadini del Niger, mai consultati in queste operazioni militari, forse al momento non lo diranno ad alta voce, taceranno per timore, per rispetto o per ospitalità. Non sono contenti e non lo saranno mai. Sanno bene che le armi portano la guerra e le guerre portano morti. Loro che di sabbia se ne intendono lo sanno bene che alla fine a vincere sarà lei, la sabbia. E di ciò che avremo scritto coi militari non resterà che il vento. La sabbia della vergogna avrà coperto financo le macerie delle italiche geeopolitiche del nulla.
Chi scrive è figlio di un partigiano di quelli veri e che ha scelto da tempo, come suo padre,  di deporre le armi e di stare con le mani nude e coi piedi nella sabbia di questo popolo. Non dubitatene
onorevoli e procacciatori di un altro posto al sole. Mi vedrete contro le vostre politiche di riconquista coloniale. L’ambasciata che avete voluto non sarà la mia, gli affari che state preparando per le ditte e per la finzione umanitaria non mi compreranno. Siete riusciti a mettere le votre pedine nei centri di comando della gestione migratoria con l’OIM, l’Organizzazione delle Migrazioni Internazionali e in altri centri di potere umanitario globale. L’umanitario, l’economico e il miltare camminano, ormai da tempo,  assieme, da buoni farabutti.

Niamey ha già accordi di cooperazione militare tra i quali Francia (ex potenza coloniale presente con contingenti dell’Operazione Barkhane anti-jihadisti), Stati Uniti (nell’ambito dell’iniziativa anti terrorismo nel Sahel), Algeria, Canada e Germania che recentemente ha fornito decine di mezzi da trasporto all’esercito nigerino. Da anni il governo di Niamey lamentava l’assenza di cooperazione militare con l’Italia come riportò nei dettagli nel 2014 il reportage diAnalisi Difesa del Paese  africano ‘Roccaforte Niger’. (Ministero della Difesa)
Non starò con voi, sappiatelo, mi troverete con l‘altra Repubblica, quella che ha 59 anni di sabbia e di polvere  mescolata al silenzio. Vi ripudio, consapevoli commercianti di carne migrante e di valori scritti col sangue di altri che vi hanno preceduto. Non mi interessa né la vostra fede né la vostra appartenza politica, siete solamente seguaci di quel dio che i soldi e il potere adorano e al quale sacrificano il futuro e la storia. Non starò mai dalla vostra parte è vi denuncerò finchè avrò voce e forza per farlo. Del resto non sono l’unico a denunciare la deriva bellica del paese. L’amico e compagno di viaggio Alex Zanotelli l’ha appena scritto:
Quest’anno il governo italiano spenderà 24 miliardi di euro in Difesa, pari a 64 milioni di euro al giorno. Per il 2018 si prevede un miliardo in più.
Ma è ancora più impressionante l’esponenziale produzione bellica nostrana: Finmeccanica (oggi Leonardo) si piazza oggi all’ 8° posto mondiale. Lo scorso anno abbiamo esportato per 14 miliardi di euro, il doppio del 2015! Grazie alla vendita di 28 Euro Fighter al Kuwait per otto miliardi di euro, merito della ministra Pinotti, ottima piazzista d’armi. E abbiamo venduto armi a tanti paesi in guerra, in barba alla legge 185 che ce lo proibisce. Continuiamo a vendere bombe, prodotte dall’azienda RMW Italia a Domusnovas (Sardegna), all’Arabia Saudita che le usa per bombardare lo Yemen, dov’è in atto la più grave crisi umanitaria mondiale secondo l’ONU. (Tutto questo nonostante le quattro mozioni del Parlamento Europeo!) L’Italia ha venduto armi al Qatar e agli Emirati Arabi con cui quei paesi armano i gruppi jihadisti in Medio Oriente e in Africa (noi che ci gloriamo di fare la guerra al terrorismo!).
Mi troverete invece complice dell’altra Repubblica e con le altre Repubbliche che disprezzate perché credete si tratti di mendicanti. Chi vi ha chiesto di intervenire non rappresenta il popolo della Repubblica: l’avete pagato voi perché metta in vendita la sua sovranità. Sappiatelo: non abbiamo bisogno di voi, dei vostri soldi e dei vostri soldati. Le vostre armi, segno inequivocabile del vostro tradimento, si rivolgeranno un giorno contro di voi e allora sarà tardi per capire. Quel giorno vi accorgerete che avevate scritto sulla sabbia.
Mauro Armanino, dalla Repubblica di sabbia, dicembre 017
P.S.
Onorevoli parlamentari, eletti per rappresentare la volontà del popolo sovrano dal quale ricevete la legittimità e la rappresentazione, avete la possibilità, forse unica di esprimere con un no, l’unica ragionevole posizione al momento di scegliere il futuro della presenza militare italiana nel Sahel.
Avrete l’opportunità e la responsabilità di scrivere un’altra storia della nostra presenza in Africa. Non sulla sabbia ma sui volti. Quei volti che noi, missionari, abbiamo incontrato e raccontato per decenni. Siamo stati gli ambasciatori più veri del nostro paese, incarnandone, con tutti i limiti legati all’umana fragilità, i valori più profondi di umanità e solidarietà, che si trovano, appunto, alla base della visione personalista e comunitaria della Costituzione italiana.
Non tradite questi volti e non tradite questa tradizione di solidarietà sincera e profonda che abbiamo seminato con anni di presenza, accompagnamento e dedizione a questi popoli che sono diventati i nostri. Non traditeli, dovrete renderne conto di fronte alla storia, scritta da nomi di sabbia che serbano un futuro di pace per tutti.
da contropiano

Niamey bel suon d’amore. Corsi e ricorsi del nostro colonialismo


La volpe perde il pelo ma non il vizio. La saggezza latina aveva tradotto così la difficoltà, a volte insuperabile, ad operare cambiamenti significativi di comportamento. Tripoli e il bel suono d’amore fu inventato e cantato prima della conquista libica nel 1911. Passato al setaccio il testo conteneva in nuce gli ingredienti che il fascismo avrebbe portato a compimento con radicale ferocia in Libia e Etiopia in particolare.
Da Niamey a Tripoli il viaggio è lungo, accidentato e adesso quasi proibito dalle circostanze avverse. Da Agadez si transita a Dirkou e poi a Madama, antico fortino francese rivisto e corretto da un aeroporto di sabbia che ospita velivoli dell’operazione Barkhane, basata nella capitale del Tchad. Il confine con la Libia non è lontano e un tempo arrivare a Tripoli era un gioco da commercianti.
Il bel suon d’amore ricordava che quanto prima avrebbe dovuto sventolare il Tricolore sulle torri, al rombo dei cannoni, naviga o corazzata, benigno è il vento e dolce la stagion, Tripoli, terra incantata, sarai italiana al rombo del cannon. Il rombo del cannon, tanto per mettere in chiaro le cose, è ripetuto sei volte. Va e spera soldato, Vittoria è colà…Hai teco l’Italia, che gridati: Và!
Non si tratta dell’inno alla nazionale esclusa peraltro dai mondiali di calcio, quanto dell’inno alla conquista coloniale in seguito allo sfaldamento dell’impero ottomano. Sul mar che ci lega, coll’Africa d’or, la stella d’Italia, ci addita un tesor. Nel frattempo il mare è un cimitero non ancora battezzato. Mentre i vari giacimenti d’oro del Niger e dintorni sono stati chiusi ai cercatori per timore che i migranti usino l’oro per pagarsi il resto del viaggio.
Tutti concordi col patto firmato tra i due ministri della difesa, l’italiana Roberta Pinotti e il nigerino Kalla Moutari. Per il parlamento italiano in fase di smobilitazione e con gli occhi perduti sulle prossime elezioni, approvare l’invio dei militari italiani nel Niger assomiglia ad una partita truccata. Neppure gli ultimi ritrovati della tecnica arbitrale potranno fermare il corso della storia. Era scritto sulla sabbia che l’Italia, col Tricolore dal far sventolare sulle dune mobili del deserto, era destinata a far risuonare il rombo dei cannoni, o in cambio quello dei camion e dei carri per rallegrare il triste silenzio del deserto dei nomadi. L’articolo 11 della Costituzione del Tricolore ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali non è ripetuto sei volte come per i cannoni.
L’Italia non va in guerra, la protegge, soprattutto quella contro i migranti inconfessata ma non troppo, rinasce, proprio sotto natale, l’antica idea coloniale di un posto alla sabbia del sole. La stella d’Italia, quella di Negroni si distingue per chiarezza e sapore. Il Tricolore ci lega al mare di sabbia di una probabile presenza a Madama, con l’aeroporto per avvistare cammelli sperduti, trafficanti di cocaina, armi, terroristi potenziali che sono trasformati in migranti a seconda degli interessi.
Il vento è caldo, torrido, la stagione è secca e le temperature da far saltare anche i termometri più preparati, rimane dunque il rombo dei cannoni, da ripetere più volte per far capire che adesso, nel Niger, nel deserto rosso ci siamo anche noi. Con tanto di ambasciata da inaugurare.
Un’altra missione di pace coi militari, le armi, i mezzi necessari, il ripudio della guerra è stato ripudiato e si sviluppano altre carte costituzionali fatte di sabbia, sole e suon d’amore alla maniera di Tripoli. Niamey è la capitale del Niger dove ieri, nel pomeriggio, e oggi, è di visita Macron, l’Emmanuele transalpino che si trasforma in venditore ambulante di armi per le compagnie francesi dovunque passa la sua diplomazia da banchiere ormai presidente. Anche l’Italia c’è, dove più magico è il sol del mar che ci lega agli interessi.
Niamey, dicembre 017

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