giovedì 28 dicembre 2017

pc 28 dicembre - I derivati di Morgan&Stanley: la politica come dependance della finanza internazionale

Si chiama imperialismo tutto questo e l'Italia è un paese imperialista avanzato ! proletari comunisti


Il 21 Dicembre 2017 la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, presso l’Aula del IV piano di Palazzo San Macuto, ha svolto l’audizione di Vittorio Grilli ex direttore generale del Ministero dell’Economia dal 2005 al 2011 e Ministro dell’Economia e delle Finanze nel governo Monti luglio 2012 ad aprile 2013.*
In quella seduta a Grilli sono stati chiesti chiarimenti sulla stipula dei contratti dei derivati della banca d’affari Usa Morgan&Stanley acquistati dal Ministero delle Finanze nel 2011, quando il medesimo vi svolgeva le funzioni di direttore generale. Quei contratti avevano delle clausole rescissorie capestro che sono state pagate cache(!) per un ammontare di 3,1 miliardi per l’estinzione anticipata esercitata dall’istituto statunitense. “Non rispettare in quel momento un contratto avrebbe avuto conseguenze gravissime” ha riferito Grilli davanti ai membri della commissione aggiungendo «Aprire un contenzioso
voleva dire automaticamente per l’Italia metterla in condizione di pre-default o di default, non saremmo stati più capaci di ripagare un debito da 500 miliardi l’anno; portare una controparte in Tribunale avrebbe avuto una conseguenza devastante» per il debito pubblico.
“** Ma quella clausola rescissoria? Grilli ha scaricato tutta la responsabilità della vicenda dei derivati Morgan& Stanley sull’alta dirigente ancora in carica, Maria Cannata, la quale avrebbe tenuto all’oscuro di tutto l’allora direttore generale del MEF. ”Nessuno mi ha detto niente”, ha affermato in proposito Grilli, incalzato dalle domande dei membri della commissione, soprattutto da quelli del M5S e di FI. Secondo il racconto di Grilli, la struttura di staff del MEF diretta dalla Cannata agiva in modo autoreferenziale.
Ma chi è Vittorio Grilli? Ex Ragioniere di Stato dal 2002 al 2005, direttore generale del ministero dell’Economia dal 2005 al 2011. Il 28 novembre 2011 viene nominato viceministro dell’Economia e delle Finanze del governo Monti, carica che manterrà fino all’11 luglio 2012 quando viene nominato Ministro del MEF in sostituzione di Mario Monti che fino a quel momento ricopriva la carica. Al ministero del Tesoro si è occupato per sette anni di privatizzazioni italiane, un torta su cui v’era un interesse feroce dei principali gruppi finanziari internazionali.

Nell’estate 2011 si era parlato di lui come di un possibile successore di Mario Draghi alla guida di Banca d’Italia. Nel 2013 ha dovuto giustificare cinque conti correnti in un paradiso fiscale, a Jersey, isole del Canale, risalenti a quando era direttore generale del Tesoro.
Insomma, un tizio assai spregiudicato che è passato indenne per governi diversi e che addirittura ha fatto il salto da direttore generale a Ministro del MEF proprio nel bel mezzo della tempesta perfetta che ha fatto cadere il governo Berlusconi e che ha consegnato le sorti del paese a Mario Monti. Uno che, a dispetto dei tanti ruoli importantissimi assegnatigli nella gestione delle finanze del paese, non ha mai smesso di coltivare intensi rapporti proprio con quegli ambienti finanziari internazionali che hanno condotto gigantesche manovre speculative intorno alla crisi del debito sovrano dell’Italia.
Nel 2014 Grilli è stato nominato presidente della divisione Corporate e Investment per l’area Europa, Africa e Medio Oriente della banca d’affari americana JP Morgan.
Sulla incredibile vicenda dei derivati acquistati da Morgan&Stanley, nel luglio 2017 La Corte dei Conti, al termine dell’istruttoria iniziata nel 2016, ha deciso di citare in giudizio la banca d’affari USA e quattro alti dirigenti del Tesoro tra cui proprio l’attuale responsabile del debito pubblico Maria Cannata. I magistrati contabili hanno contestato loro un danno erariale di 3,9 miliardi di euro per “la chiusura e ristrutturazione di derivati sul debito pubblico”. Alla banca americana sono stati richiesti 2,7 miliardi di danni, mentre Cannata, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e gli ex ministri Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli dovrebbero pagare circa 1,2 miliardi. La prima udienza è stata fissata per aprile 2018. Il processo dovrebbe concludersi entro il luglio del 2018.
L’audizione di Grilli sulla vicenda dei derivati di Morgan&Stanley è stata liquidata in poche righe sui mezzi d’informazione. Eppure quei derivati non sono che una piccola parte dell’ammontare dei contratti di quel genere presenti nel portafoglio di via XX Settembre il cui obiettivo dichiarato era proteggere l’Italia da un aumento dei tassi di interesse. Tutti quei contratti si sono, invece, trasformati, in un incubo perché tra il 2011 ed il 2015 quei derivati hanno aumentato il debito pubblico di 23,6 miliardi cui va aggiunta una previsione di ulteriori perdite di più di 36 miliardi di euro.
L’incredibile vicenda dei derivati acquistati da Morgan& Stanley ci suggerisce alcune importanti domande: come mai il destino del paese, nella fase più delicata e drammatica del dopoguerra, era affidata ad una struttura prova di specialisti e povera di competenze regnava al MEF mentre imperversavano la crisi mondiale dei subprimes e la crisi dello spread in Italia? Com’è che il governo Monti non si oppose al pagamento, per giunta in contanti, di una cifra così esorbitante mentre si preparava a far la pelle ai pensionati e ad introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione?
Di certo, alla luce di quei fatti, tutta la narrazione sulla funzione salvifica del governo Monti della “crisi dello spread” del 2011 che ancora continua ad imperversare sui media mainstream, fa acqua da tutte le parti. Quella vicenda, peraltro, è tornata prepotentemente a far discutere con le indagini avviate dalla Procura di Milano a carico di Deutsche Bank che avrebbero ordito una mega speculazione in titoli di Stato italiani proprio nel primo semestre del 2011. ***
Il personaggio Grilli è certamente emblematico e ci racconta di una politica ridotta, ormai, ad un sistema di porte girevoli in cui scorrono personaggi che passano indifferentemente da ruoli di prim’ordine sul piano dell’interesse nazionale a quelli di vertice di grandi corporations finanziarie e/o viceversa. Oppure che provengono da quelle istituzioni che hanno imposto ai popoli la così detta “economia del debito“ in cui sono gli stessi capitali privati a finanziare il debito pubblico pur essendo essi stessi ad averlo alimentato. Un trucco che serve per imporre ai governi l’adozione di quelle draconiane ricette di austerity a base di gigantesche privatizzazioni e di tagli alla spesa sociale che stanno strozzando i popoli dell’aera UE. In questo senso Vittorio Grilli non è affatto solo. E’ il caso dell’ex commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli e dell’attuale titolare del dicastero al MEF, Pier Carlo Padoan. Ambedue provengono direttamente dal Fondo Monetario Internazionale.
Last but not least, è anche e soprattutto, il caso del più fedele, efficiente e potente esecutore di quelle politiche, Mario Draghi, già direttore esecutivo per l’Italia della Word Bank e poi ai vertici della banca d’affari statunitense Goldman Sachs ed infine nominato presidente della #BCE. Già prima che il nome di Draghi incominciasse a circolare per quella carica, la sua candidatura venne messa in discussione a causa del suo rapporto con Goldman Sachs. In particolare, a Draghi venne rimproverato proprio il coinvolgimento nella vendita di derivati alla Grecia per consentire a quel paese di entrare nell’area Euro.
L’attuale presidente della BCE è, infatti, ritenuto da più parti, uno dei principali responsabili del fallimento finanziario della Grecia. Nel 2009 Goldman Sachs usò la sua posizione dominante per portare alla Grecia una serie di attacchi speculativi impedendo l’acquisto dei titoli di stato greci in borsa e sapendo che bilanci dello stato greco erano stati truccati proprio su consiglio di Draghi. La Grecia non era in grado di ricomprare i titoli in scadenza con quelli spazzatura che gli avevano rifilato Draghi per conto di Goldman Sachs.
In seguito la banca d’affari USA ha imposto tutti i suoi uomini di fiducia nei governi dei paesi più in difficoltà: Mario Draghi alla presidenza della BCE, Lucas Papademos, che ha lavorato per la FED di New York (partecipata dalla Goldman Sachs) al governo tecnico della Grecia e Mario Monti, advisor di Goldman Sachs ed ex primo ministro del “governo tecnico”. Quel governo che ha firmato il famigerato Trattato CE sul #fiscalcompact: una bomba da 50-60 miliardi di euro l’anno pronta ad esplodere già a partire dal 2018.
* COMMISSIONE BANCHE – Audizione Grilli http://webtv.camera.it/evento/12442
**Il Sole24ore del 21.12.2017
***L’Epresso del 10.12.2017

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