lunedì 6 giugno 2016

pc 6 giugno - Roma elezioni amministrative - un risultato di regime scontato - solo l'analisi mlm permette di comprendere la questione e il che fare

Dallo speciale elezioni del numero 10 di proletari comunisti 
Roma - boicottare il potere imperiale e i suoi proconsoli

“Fulgore e degrado, potere e emarginazione, affari e malaffare, salotti e tinelli” - da Il Manifesto nel suo speciale.
La Roma, concentrato di mafia capitale, Roma ladrona, curia papale e Palazzi dei comitati d’affari del capitale, a queste elezioni presenta un manipolo di candidati la cui natura antropologica è di essere dei cortigiani del potere e del capitale.
Non hanno trovato di meglio che mosche cocchiere che si agitano nel bicchiere già pieno di acqua fetida.
Per un compagno, un proletario, un giovane, non votare in queste elezioni è soprattutto un atto di dignità, per dichiarare di non appartenere, per nobiltà d’animo o per rabbia sociale, alla genia dei partiti e dei candidati presenti a queste elezioni.
Parlarne e analizzarli per nome e cognome è già dare “dignità politica” a qualcosa che non ne ha.
Detto questo, la descrizione iniziale de Il Manifesto merita alcuni aggettivi per dare il senso alle cose.

“Fulgore” qui sta per brutale sostanza di un potere parassitario che esprime a Roma la sua fase putrescente, una sorta di “funerale di Casamonica” senza la bara e la banda, ma che esprime un punto di caduta arrogante, perchè pretende di rilanciare una Roma in cui l’ostentazione del peggio è considerata “bellezza”, la “Grande bellezza”, appunto.

“Degrado” è parola anche abusata. Se si parla delle periferie, è un degrado pianificato, urbanistico e sociale, dentro cui è stato rovesciata una “montagna di rifiuti” che si sono spesso attaccati alla pelle di settori delle masse disgregate sul piano politico, sociale.
a fare da comparsa; un velo pietoso, poi, sulla “signorina Grillo”, che è almeno onesta nel non negare e chiama Grillo “competenza e supporto delle istituzioni” (?). 
Quindi, una elezione in cui il potere politico si insedia direttamente nella città, come corpo imperiale, e pretende un potere di nomina da “console romano” più che da sindaco. 
Rifiutare il voto significa, quindi, innanzitutto capire di cosa si sta parlando. 

“Emarginazione”. Anche la parola va ora decodificata. Emarginarsi è giusto. La Roma dei proletari, dei poveri, delle periferie, la Roma operaia e lavoratrice è sempre emarginata in una città che dovrebbe essere la propria; in un territorio occupato che vive come tale solo quando è occupato realmente, dalle case occupate, dai centri sociali, dai sindacati di lotta. Proprio per questo, le masse possono a Roma esistere solo e comunque come “contropotere”, che non chiede legittimazione di voto, né pretese rappresentanze istituzionali, o “voci” nel Palazzo, che spesso non sono che stridule grida impotenti e teatrali nel teatrino della politica borghese. 

Il Manifesto ha ospitato una lunga intervista a Virginia Raggi, candidata “favorita” alle prossime elezioni - e senza nessuna sorpresa, per favore! Senza aspettare i sondaggi, per cortesia! Al ballottaggio, l’intervista de Il Manifesto ci dice già dove andranno i voti di opinione, come lo fa intendere Fassina e come è naturale che votino larga parte dell’elettorato dei candidati sindaci che non troveranno posto al ballottaggio. 
La Raggi è candidata inizialmente costruita in laboratorio da Grillo. Ma via via che si avvicina il voto, diventa la convergenza, volente o nolente, di tutto l’ambaradan. 

Il punto chiave è mantenere fermo che il sindaco, chiunque sia, è semplicemente un’operazione cortigiana di una Roma in eterno commissariamento. 
Per questo l’astensionismo in questa città non può essere solo un numero, ma diventa una forza politica agente se persegue la strada, non solo del quotidiano antagonismo, ma del contropotere permanente, in una guerra prolungata, che ora è latente, ora dispiegata. Questa guerra vive la fase della mancanza del Partito, del fronte unito, dell’esercito proletario, fondamento di qualsiasi tattica nella Roma del potere dell’imperialismo straccione e putrescente. 
Dare dignità al ‘non voto’ è la politica di ogni organizzazione che si possa definire comunista. Elevare la lotta sociale a lotta politica cosciente è il vero seme da piantare. 

Tutto il contrario di ciò che scrive Asor Rosa, professore decaduto a “tattico deficiente”. In un editoriale de Il Manifesto ci spiega che Fassina è il “nuovo inizio”, ma, siccome non avrà i voti per alcunchè, prepariamoci a votare Giacchetti come “male minore”. Potenza dell’anti renzismo, quando è solo gioco intellettuale...

Comunque sarà bene parlare di programmi. Al di là degli strilli, la sostanza dei programmi è uguale. Sulla sicurezza, Fassina, “il più sinistro”, dichiara. “Innanzitutto serve un maggior coordinamento tra le forze dell’ordine e metterò in campo un piano metropolitano per la sicurezza”. Giacchetti: “proporrò mille telecamere in più in città. Serve una centrale operativa in cui convergano tutte le informazioni”. Marchini: “Chiederò che i 600 poliziotti che sono in città per il Giubileo, restino in pianta stabile. Più militari in periferia e vigili di quartiere”. Melloni: “Bisogna lavorare ad una miglior distribuzione degli uomini delle Forze dell’ordine sul territorio. Telecamere per le zone più a rischio della città”. Raggi: “il contingente numerico delle Forze dell’ordine è consistente. Va riorganizzato (dove?)... Le periferie sono sguarnite. Il sindaco deve farsi sentire nel Comitato per la sicurezza”. 

E’ inutile qui chiedere a questi signori quale sarebbe la sorte dei Centri sociali, dei migranti, delle case occupate, delle strutture sul territorio, se qualcuno di essi diventa sindaco; e quale supporto sarebbero tutte queste Forze dell’ordine al dilagare capillare della riorganizzazione fascista, razzista e anticomunista, che a Roma è componente ineliminabile, a “riproduzione automatica” dell’imperialismo in fase di moderno fascismo, guerra e lotta ai migranti, ecc. 
E’ inutile domandare ai candidati sindaci politiche per la casa, politiche sociali, lavoro, ecc. Le blindate leggi dello Stato, dei governi dei padroni hanno già fatto tutto e deciso tutto, tale che in questa città qualsiasi voce che parli di “ripristino della legalità” altro non è che ordine pubblico, sgomberi, repressione delle lotte. 

Nel nostro campo il danno viene dal riformismo, dall’eterna coazione a ripetere, a percorrere le strade già battute, ponendo una censura sugli aspetti rivoluzionari e di guerra sociale e di classe, che sono l’altra storia, l’unica che può rigenerare un partito comunista, un fronte unito popolare e rivoluzionario e la necessaria forza militante che ne sostenga la politica.
Su questo non mancano energie nella Roma anche degradata a sinistra. 
Ma queste elezioni mostrano che il cammino è ancora lungo. 

Nessun commento:

Posta un commento