I dati ufficiali degli
scioperi regionali per il contratto forniti dalle segreterie
confederali metalmeccaniche parlano di partecipazione dell'85% dei
lavoratori.
Pur non entrando in questo
gioco delle cifre, la gran parte degli operai sa bene che questa
cifre non corrispondono al vero e che le manifestazioni regionali
tenutesi sono state in generale poco partecipate, tranne alcune
eccezioni, e che proprio le manifestazioni sono un termometro molto
più serio delle cifre sbandierate dai vertici confederali.
Ma, soprattutto, è il
clima di queste manifestazione che in generale testimonia la scarsa
partecipazione degli operai.
In quasi nessuna
manifestazione vi è stata alcun tipo di contestazione, mentre
qualsiasi sindacalista che oggi facesse delle assemblee generali
nelle fabbriche del nostro paese sa bene che queste contestazioni,
per non dire di più, ci sarebbero, eccome.
I cortei sono stati pieni
di delegati e funzionari sindacali, in generale coperti da permesso
sindacale, e si può dire che quasi sempre abbiamo visto
manifestazioni piene di bandiere cisl e uil che spesso e volentieri
non corrispondono affatto alla effettiva rappresentanza anche degli
operai.
Un esempio tra tutti
Landini, che generalmente in manifestazioni di pochi anni fa era
circondato da masse di operai, in genere della Fiom, che lo vedevano
come loro effettivo portavoce – anche allora però più televisivo
e da comizio – della parte più viva, critica verso Fim e Uilm,
sindacati del padrone e verso la stessa Cgil della Camusso. Invece,
questa volta sfilava quasi esclusivamente con una massa di bandiere
della parte sindacalizzata della Fim, che si vede solo in questo tipo
di manifestazioni.
Quindi, lasciamo perdere
“l'85%”... !
Tanto per capirci,
all'Ilva di Taranto la Fim cisl deve fare un gioco truccato dei dati
per trasformare uno sciopero non partecipato in uno partecipato, e,
quindi, parla del 42% dei lavoratori nel servizio del 1° turno.
Fosse anche vero, corrisponderebbe a meno del 10% del totale dei
lavoratori dell'Ilva, facendo tara di un circa 20% che è fuori dalla
fabbrica per varie ragioni.
Questo non vuol dire
affatto che gli operai non vogliono il CCNL e non hanno chiaro la
piattaforma dei padroni metalmeccanici che vuole praticamente
cancellare il contratto nazionale, dare aumenti ad una piccola parte
dei lavoratori, dando un colpo definitivo ai salari già bassi e
falcidiati, per non parlare di altre cose, come condizioni di lavoro,
sicurezza, diritti, che in questa contesa contrattuale non ci sono
neanche entrati, non solo per volere dei padroni ma soprattutto per
volere delle direzioni sindacali.
Ma tutti comprendono che
lo scontro sui contratti è dettato dalla logica del padrone, per
cui: se tu dai un dito io mi prendo tutta la mano, sapendo di poter
contare, non solo sull'unità del fronte padronale ma sul governo più
padronale del dopoguerra.
Questo dato era stato bene
analizzato da proletari comunisti in un articolo fatto a suo tempo,
che inquadrava esattamente, sindacalmente e politicamente, la contesa
contrattuale, e che ripubblichiamo in altro post.
Ritornando, per così
dire, sul pezzo, Palombella, artefice prima all'Ilva e poi da
segretario nazionale Uilm dei peggiori accordi nazionali e aziendali,
rivendica che il contratto sta a buon punto e che “siamo a metà
del guado” e che ora l'opera deve essere portata a termine. E' già
un preannuncio di una firma, con piccoli ritocchi, della trattativa
in corso. Ha fatto questo discorso a Napoli, dove esiste già la
battuta giusta: “Facimme a facc feroce”, e quindi annuncia un
possibile nuovo sciopero generale con manifestazione nazionale a
Roma.
Ma, a dir la verità,
questa volta Landini ha fatto peggio di Palombella. Ormai da quando
ha abiurato alla parte del “grande oppositore e della voce di lotta
della Fiom” e ha abbandonato la farsesca storia della “coalizione
sociale” (su cui è calato un ignominioso silenzio, che se fosse
una persona dignitosa dovrebbe rifiutarsi di camminare per strada), è
divenuto più realista del re. A Bari ha parlato più del dissenso
manifestatosi all'assemblea della Confcommercio coi fischi a Renzi,
che di indicazioni ai lavoratori per dare un “fischio” un po' più
solido al governo, esprimendo alla fine una posizione perfino più
moderata dei commercianti che hanno fischiato: “Il giudizio non è
positivo su questo governo. Ma più che fischiare, credo che il
problema sia cambiare le politiche del governo”.
Per questo proletari
comunisti considera grottesche le posizioni di quei gruppi,
appartenenti alla sinistra di classe, che hanno tenuto bordone, con
roboanti proclami e pratica meschina, agli scioperi in corso.
La strada della
ricostruzione del sindacalismo di classe, dell'organizzazione di
classe, della lotta per modificare i rapporti di forza nelle
fabbriche, passa al contrario da una coerente battaglia nelle
fabbriche di non adesione a questi scioperi, di costruzione di
assemblee autonome e di rilancio dello scontro su tutti i temi
possibili, in cui sindacalisti interni od esterni siano considerati
controparte e non alleati.
Per costruire scioperi che
siano forma della guerra di classe oggi necessaria.
La strada è difficile, il
cammino è tortuoso, ma è l'unica prospettiva per una effettiva
ripresa.
Proletari comunisti –
PCm
11 giugno 2016
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