Report udienza maxi processo No Tav
Stamane ha avuto luogo l’udienza settimanale del processo ai danni del Movimento No Tav sui fatti del 27 giugno e del 3 luglio.
L’udienza
si apre con la determinata presa di posizione degli avvocati rispetto
l’atteggiamento dei pubblici ministeri, che abitualmente “sbeffeggiano”
testimoni e difensori, che non permettono un sereno interrogatorio dei
primi e che sui giornali parlano di un “ostruzionismo” in aula da parte
dei legali No Tav.
Tra
i diversi testimoni convocati dalla difesa c’è anche l’ex Prefetto Di
Pace, il quale concesse ad uso esclusivo delle forze dell’ordine i
terreni della Maddalena a seguito di comunicazione, a suo dire informale
da fonti definite “autorevoli” tra cui Virano, senza avere conoscenza
del progetto esecutivo o dell’esistenza di esso. Tale ordinanza diede di
fatto il via libera allo sgombero della Libera Repubblica della
Maddalena, ma il Prefetto dimostra di non essere stato neanche a
conoscenza degli accordi internazionali rispetto ai futuri lavori.
L’unica verifica di cui riferisce durante la testimonianza è un tavolo
istituzionale svoltosi a Palazzo Chigi sull’opera, in cui abbe modo di
colloquiare con vari ministri.
Riferisce
altresì interlocuzioni col presidente della commissione
intergovernativa, Virano, il ministro dei trasporti e il sottosegretario
presidenza del consiglio. Gli avvocati chiedono quindi la citazione di
questi testimoni.
Si
palesa, durante questo lungo interrogatorio, che l’ordinanza emessa
dall’ex Prefetto dietro richiesta del Questore e relativa al confine
territoriale, fu emessa senza conoscere l’esatta area su cui sarebbe
dovuto sorgere il cantiere. Dichiara altresì che non ricorda se allora
era a conoscenza del fatto che l’area della Maddalena fosse stata
regolarmente affittata da un consigliere comunale per conto del
movimento, con pagamento regolare del plateatico e comunque non avrebbe
fatto la differenza, poiché aveva ricevuto dall’autorità giudiziaria
comunicazione su comportamenti altamente “illegali” svolti in
quell’area.
Come
rimbalzano in tempo reale i maggiori quotidiani piemontesi, conferma di
aver avuto il 27 giugno contatti telefonici con Paolo Ferrero (aveva
dichiarato nelle scorse udienze che lo sgombero della Libera Repubblica
era stato un assalto medievale) che era preoccupato per i molti
lacrimogeni lanciati contro le persone inermi e per l’assenza di via di
fuga ad esclusione dei boschi su per la montagna ma, poiché Di Pace si
fidava del “senso della misura” dell’ex questore Faraoni, non concordò
con Ferrero e cercò di rassicurarlo rispetto alle reali intenzioni della
polizia. Sempre dall’ex prefetto veniamo a conoscenza del fatto che, a
partire dall’ordinanza operativa emanata dal Questore al Prefetto e al
Ministero degli Interni, c’era indicazione di mantenere comportamenti
moderati verso le persone “non violente”. Secondo
lui, quindi, il numero di lacrimogeni abnorme lanciato contro i
manifestanti fu direzionato solo su quelle persone definite “violente”
da chi gestiva l’ordine pubblico!
L’ex
Prefetto riferisce inoltre dei numerosi poliziotti feriti il 3 luglio,
ma di non avere avuto notizia di manifestanti feriti, soprattutto tra
quelli arrestati (vedi operazione Hunter).
Particolare
degno di nota è la presenza, da lui confermata, della presenza
dell’allora Procuratore Capo Caselli ai tavoli di coordinamento ordine e
sicurezza pubblica, insieme a questore, Carabinieri, Finanza e
Forestale. Riferisce, infatti, di come in questi incontri si analizzasse
la situazione nell’ottica di un intervento di ordine pubblico. Naturale
viene da parte della difesa la domanda sul perché a questi tavoli fosse
invitato il Procuratore Capo Caselli, investito del potere di esercizio
dell’azione penale, e la risposta è perché c’era un quadro di
collaborazione sulla situazione più generale di ordine pubblico nella
Maddalena e la sua idea che i discorsi fatti potessero
interessargli…alla faccia della divisione dei poteri prevista dalla
Costituzione!
Segue
la testimonianza di Giorgio Cremaschi, ex presidente Fiom, il quale
racconta del suo sostegno al Movimento No Tav e della sua partecipazione
a diversi incontri, discussioni e dibattiti sul rapporto tra sviluppo e
ambiente. La sua esperienza si riferisce in particolar modo sulla
giornata del 3 luglio, manifestazione utile a pubblicizzare le ragione
del rifiuto dell’opera. Racconta di un corteo aperto da bambini, forte
di una partecipazione popolare e dell’uso spropositato dei lacrimogeni
da parte delle forze dell’ordine.
A
quella di Cremaschi, segue la testimonianza di una donna No Tav colpita
da una manganellata e che poi si ritrovò, confusa, nel piazzale
inseguita dalla polizia. Medicata nel tendone sanitario, dovette
interrompere le cure a causa dell’arrivo copioso di lacrimogeni. In
questa situazione i pubblici ministeri sempre più arroganti ed
irrispettosi, ironizzano e mettono in dubbio la veridicità delle ferite
da lei riportate per essere poi smentiti da un video in cui si vede il
volto della donna coperto dal sangue.
Viene
sentito come testimone anche Alberto Perino, in particolar modo sulle
tende dei No Tav rimasti nella Libera Repubblica a seguito dello
sgombero e che la polizia, per voce del capo della Digos, aveva
garantito non sarebbero state toccate. Alberto racconta invece dello
spettacolo indegno scoperto il giorno successivo, con quasi la totalità
delle tende distrutte, imbrattate e rese per sempre inutilizzabili da
parte di chi avrebbe dovuto sorvegliarle. Al momento delle domande dei
pubblici ministeri, questi affermano che non interrogheranno Alberto
poichè plurindagato e, secondo loro, testimone non attendibile.
Viene
immediato il riferimento ad uno dei testimoni della settimana scorsa,
Renzo Pinard sindaco di Chiomonte, sentito dai legali della difesa
nonostante condannato in passato e altri riferimenti più noti in altri
processi, vedi Spartaco Mortola…
La prossima udienza sarà il 15 aprile e verranno sentiti altri testimoni convocati dai legali del movimento.
Nessun commento:
Posta un commento