Scontro tra Usa e Cina sul petrolio del Medio Oriente
Marco SantopadreStando a quanto riportato oggi dal quotidiano statunitense Wall Street Journal, Pechino ha sorpassato Washington come importatore del greggio del golfo Persico ormai diversi anni fa, ma quest'anno diventerà l'acquirente numero uno del petrolio esportato dall'insieme dei paesi aderenti all’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Uno sviluppo che ha inasprito le tensioni perché sono ancora le forze armate degli Stati Uniti a “garantire la sicurezza” dei carichi di greggio diretti dal Medio Oriente verso la Cina, in cambio della quale però Pechino rifiuta di sostenere la politica di Obama su Siria e Iran.
Per anni, ricorda oggi rancoroso il Wsj, la Cina e gli altri paesi hanno beneficiato dei miliardi di dollari spesi da Washington per controllare lo Stretto di Hormuz e le altre zone instabili del Medio Oriente, e garantire il traffico mondiale di petrolio. Certo non per fare un favore al gigante asiatico o ad altri paesi emergenti, che anzi Washington guarda sempre con più sospetto. Il problema, hanno riferito alcune fonti al Wsj, è che recentemente Pechino avrebbe chiesto rassicurazioni sulla continuazione di questo impegno da parte di Washington, dal momento che la Cina non disporrebbe della forza militare capace di fare altrettanto. In cambio di questa richiesta – tutta da confermare – l’amministrazione statunitense avrebbe fatto capire ai cinesi che in cambio della protezione militare Washington richiede una maggiore accondiscendenza nei confronti dei suoi obiettivi in Medio Oriente.
Da parte sua, contattato dal Wsj, il ministero degli Esteri di Pechino ha dichiarato in una nota che il traffico petrolifero tra Cina e Medio Oriente è "vantaggioso per entrambe le parti e nel rispetto delle leggi commerciali internazionali", aggiungendo che Pechino punta alla prosperità economica, alla pace e alla stabilità della regione. Al di la di qualche piccolo aggiustamento, Pechino non sembra intenzionata a mutare la propria posizione sul Medio Oriente, che insieme all'attivismo diplomatico e militare russo ha impedito agli Stati Uniti e alla Francia di poter scatenare l'ennesima aggressione militare, questa volta contro la Siria. E i rimbrotti del governo cinese nei confronti dell'amministrazione Obama dei giorni scorsi in merito al disastroso braccio di ferro coi repubblicani sul cosiddetto shutdown dimostra quanto siano cambiate le cose da quando l'amministrazione cinese evitava di esprimere posizioni sulle politiche e le scelte occidentali.
Oltretutto, fanno notare alcuni analisti, i ricatti statunitensi nei confronti della Cina sulla sicurezza del petrolio in Medio Oriente potrebbero avere un effetto boomerang, convincendo Pechino che sia arrivato il momento di dotarsi di un proprio meccanismo di difesa dei convogli che portano il greggio verso l'Asia senza più sottostare al controllo di Washington. E comunque il greggio non necessariamente deve viaggiare per mare, come dimostrano i crescenti progretti per aumentare il flusso di oro nero via terra passando, tra l'altro, per paesi fuori dall'area di influenza statunitense.
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