Bene,
se leggiamo quello che è successo a Paestum da parte delle
organizzatrici e delle, come vengono definite, “storiche” è
proprio quello che vuole la borghesia.
Non
ne avremmo parlato, perchè ci sono cose ben più importanti che
stanno riguardando le donne in questo periodo, lo facciamo perchè a
Paestum, al di là delle “matrone” ci sono andate ancora tante
ragazze, compagne, di nome e di fatto – anche se la metà dello
scorso anno. E chiediamo loro di dire quello che gli è stato
impedito di dire a Paestum e che pensano dopo Paestum.
Appena
delle ragazze hanno cercato di parlare, dicendo con tutto il loro
entusiasmo: «Non siamo ereditiere, siamo precarie», «Il tempo
presente ci fa orrore. Vogliamo agire per cambiarlo». Un piano
d'azione che sembra una iniezione di vitalità per la maggior parte
delle presenti in sala che con scrosci di applausi gridano «brave!
siete tutte noi!» (da
la cronaca di L. Betti su Il Manifesto dell'8/10).
Subito
sono state bacchettate: “Un entusiasmo che però non dura perché
subito dopo un intervento ci tiene a precisare che quella non è la
modalità, che non si tratta di spettacolarizzare l'incontro e che
qui si parla a partire da sé” (idem).
Come
vi permettete – strillano “le matrone” - di esprimere questa
voglia di cambiare, col rischio di trasformare un tranquillo
incontro, che deve rimanere tranquillo, in volontà di azione
collettiva!? Ma soprattutto come vi permettete di parlare non a
titolo individuale (che non può impressionare più di tanto) ma a
titolo collettivo, a nome anche di altre che si riconoscono
nell'intervento!?“Qui si parla a partire da sè”.
Guai,
quindi, a considerarsi soggetto collettivo, sociale - “Ognuna per
sè”, e “Dio (le rappresentanti “femministe” borghesi) per
tutte”?
Certo,
apparentemente, c'è la “libertà di parola”, ognuna si alza e, a
titolo strettamente individuale - mi raccomando (!) - dice quello
che vuole. Lo dice anche il titolo di Paestum 2013: “libera ergo
sum”, salvo poi stoppare chiunque osi proporre anche una mozione
innocua contro le norme sul femminicidio o chi disturba la
“tranquilla riunione” ricordando la strage di Lampedusa.
D'altra
parte questo titolo “libera ergo sum”, da un lato sembra della
serie “fare lo spirito ad un funerale”, in una situazione in cui
la libertà delle donne viene schiacciata, con 100 donne assassinate
solo quest'anno, con centinaia di altre stuprate, con migliaia di
donne licenziate costrette a tornare a casa, o con salari e contratti
miserabili e offensivi, con donne a cui viene negata la libertà di
vivere in salute e la libertà di lottare contro un futuro di morte –
come alle donne in prima fila nel No Tav e No Muos, e potremmo
continuare...; dall'altro è un concetto che, a maggior ragione per
le donne che hanno doppie catene, che hanno catene sia materiali che
ideologiche da spezzare, è profondamente borghese: di quale
“libertà” si parla? Chi è libera, oggi? Tutte le donne che non
sono libere allora “non sono”?
“Senza
rivoluzione non c'è liberazione delle donne – senza liberazione
delle donne non c'è rivoluzione” è un vecchio ma quanto mai
attuale slogan del movimento delle donne. Parlare di libertà senza
parlare e lavorare per la rivoluzione, parlare di “libertà”
individuale, non è altro che parlare della “libertà borghese”,
una misera “libertà” che al massimo è concessa a pochissime
donne – che poi a volte la usano contro la maggioranza delle donne.
E
questo è avvenuto a Paestum. Si è parlato di “libertà” ma poi
è la libertà delle “matrone” che si è imposta sulle altre,
della serie il fumo per molte, l'arrosto per poche (ma questo ha un
retrogusto amaro che sa di nero).
Chi
parla di “libertà” usa poi i metodi della imposizione, della
intimidazione:
“...un'avvocata
di Bologna che si presenta come Teresa, mi intima con un tono
perentorio, che questo non è il luogo, che qui non si parla del
decreto (sul femminicidio – ndr) e che qui si parla di altro
e in altro modo... la Teresa del giorno prima, prende le scale scende
vicino il palco e mi strappa il microfono dalle mani...”(idem).
Le
compagne del mfpr di Taranto conoscono l'andazzo dei cosiddetti
“liberi e pensanti”.
Quei
compagni, che mimetizzandosi dietro il termine generico di “cittadini
e lavoratori” (quando in realtà si trattava e si tratta di realtà
sociali, ambientaliste ed ex delegati, iscritti Fiom dell'Ilva)
imponevano agli altri di non portare “bandiere”, di non osare di
parlare come realtà organizzate o in rappresentanza di altri ma
strettamente a titolo individuale, come appunto “cittadini”
(meglio se potevi iniziare l'intervento parlando di un tuo famigliare
o amico morto), mentre loro via via si costruivano le loro evidenti e
identitarie “bandiere” e agivano come “gruppo compatto”.
Conosciamo
bene questa idea che ha come effetto dire agli altri (non a sé):
niente organizzazione e nello specifico: niente sindacato di classe
degli operai Ilva, ognuno deve vedersela da sé. Un messaggio non
troppo dissimile a quello che dice l'azienda: restate singoli, e
quindi impotenti verso l'azione di padroni/sindacati confederali e
governo.
Ciò
che doveva essere assolutamente scongiurato a Paestum era “l'azione”,
era “guardare oltre sé, come singola individua”, era “guardare
il mondo”. Come diceva una compagna. “Dire che la pratica
femminista è solo la presa di coscienza è un gesto ingeneroso...
noi dobbiamo avere a che fare con quanto accade nel mondo...".
Ma queste semplici e di buon senso parole sembravano bestemmie a
Paestum. Non viene fatto un documento finale, perchè? Altrimenti c'è
il rischio che alcune vogliano passare dalle parole ai fatti – o
metterci del loro in un impianto che deve essere quello prefissato
(ma sempre, per carità!, apparentemente “libero”).
Si
dice:“Nel femminismo non c'è una linea da seguire: la politica
delle donne si sostanzia nella relazione viva tra loro... incontrarsi
in presenza, parlarsi nel rispetto delle differenti strade politiche,
la cui pluralità è un elemento di forza del movimento...” (dal
commento di I.Durigon, L. Capuzzo, C. Melloni su Il Manifesto
dell'8/10).
Ma
se non c'è una linea comune da seguire, scusate, che si riuniscono a
fare le donne? – per parlarsi? Ma non stiamo in un Bar...
“Rispetto
delle differenze”? Ma, come abbiamo visto, basta che qualche
“differenza” non sia gradita alle storiche e il rispetto va a
carte 48. Poi va bene anche partire da “differenze” ma poi se
rimangono tali vuol dire che ognuna continua anche dopo a dire e fare
come singolo soggetto. E il “manovratore” ringrazia.
“Pluralità
politiche” sono un elemento di forza? Ma di quale”politiche”
stiamo parlando? Non vi nascondete, chiamatele con nome e cognome:
RC, Sel, PD, o anche altro?
Unica
cosa decisa a Paestum (e non a caso) è stata: “la costituzione
di un Fondo di mutualità femminista dedicato alle donne che, per
precise scelte di libertà e di pratica, si trovano in difficoltà
economica e prive di sostegni...”. (dal commento
di I.Durigon, L. Capuzzo, C. Melloni su Il Manifesto dell'8/10).
L'anima
borghese delle “storiche” si fa eccome sentire. Non si decide
nulla sulle battaglie femministe, ma sui soldi sì!
Poi,
scusate, chi sarebbero queste “donne che, per precise scelte di
libertà e di pratica, si trovano in difficoltà economica e prive di
sostegni”? Se, il problema è la difficoltà economica, allora
i soldi dovrebbero andare a milioni di donne... che non fanno affatto
“scelte libere” per avere la vita che hanno; se invece si tratta
di donne che hanno fatto “precise scelte di libertà e di pratica”,
perchè mai i soldi dovrebbero andare a queste e non a un fondo per
le lotte, per solidarietà con le donne arrestate per le lotte?
Ma
si da che delle lotte a Paestum non si deve parlare...
Come
si vede Paestum è e si è confermata una brutta cosa. Noi lo avevamo
anche detto in tempi non sospetti ad alcune compagne.
Ora,
stendiamo un velo pietoso. Ora diciamo anche alle donne, ragazze,
compagne che sono state a Paestum e ne sono rimaste deluse, o
arrabbiate che vogliono pensare e agire come soggetto collettivo di
lotta per rovesciare dalla terra al cielo questo sistema sociale
borghese: venite, c'è molto da fare, a partire da costruire lo
SCIOPERO DELLE DONNE.
MFPR - 10.10.13
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