Una sentenza, quella
che riportiamo sotto, che pone un paletto ma certamente non è risolutiva
sulla questione dell' obiezione di
coscienza la cui sostanza ideologica contro il diritto delle donne di scegliere
liberamente in tema di maternità e della propria vita in generale resta
pienamente attiva nell'ambito di una campagna oscurantista-clerico-fascista ben
più ampia da parte di governo, chiesa... che è avanzata e avanza rapida contro
la maggioranza delle donne.
Occorre quindi fare
altro e di più, occorre continuare a denunciare e smascherare gli attacchi
ideologici e pratici che vengono da più parti e sotto diverse forme dal nord al
sud del nostro paese, vedi l'obbligo di sepoltura dei feti,
l'introduzione delle moderne ruote degli esposti, l'imposizione dei movimenti confessionali
"per la vita" nei consultori, le politiche familiste etc. costruendo
anche una rete tra le realtà che si sono mobilitate e si mobilitano in difesa del
diritto d'aborto... reale e necessario è il bisogno di una forte risposta di lotta delle donne.
mfpr
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Legge 194,
Cassazione: “Medico obiettore non può rifiutare cure dopo aborto”
Un medico che si dichiara obiettore di coscienza non può
rifiutarsi di curare la paziente che si è sottoposta ad aborto volontario in
ospedale. La Cassazione ha confermato la condanna a un anno di carcere, per
omissione di atti d’ufficio, con interdizione dall’esercizio della professione
medica, a una dottoressa di un presidio ospedaliero in provincia di Pordenone.Come
medico di guardia la sera in cui la paziente ha abortito, si era rifiutata di
visitare e assistere la donna, nonostante le richieste di intervento
dell’ostetrica che temeva un’emorragia. Nemmeno dopo i successivi ordini di
servizio impartiti telefonicamente dal primario e dal direttore sanitario
l’aveva visitata. Tanto che il primario era dovuto andare in ospedale per
intervenire d’urgenza. In base a una interpretazione estensiva della legge
(l’articolo 9 della legge 194 sull’aborto), il medico aveva opposto che
l’obiettore di coscienza è esonerato dall’intervenire in tutto il procedimento
di interruzione volontaria di gravidanza, compresa la fase di espulsione del
feto, fino all’espulsione della placenta. E questo la sua difesa ha opposto nel
ricorso contro la sentenza di condanna emessa nel dicembre scorso dalla Corte
d’Appello di Trieste. Nella sentenza depositata il 2 aprile, la sesta sezione
penale della Cassazione spiega invece che la 194 “esclude che l’obiezione possa
riferirsi anche all’assistenza antecedente e conseguente all’intervento,
riconoscendo al medico obiettore il diritto di rifiutare di determinare
l’aborto (chirurgicamente o farmacologicamente), ma non di omettere di prestare
assistenza prima o dopo” in quanto deve “assicurare la tutela della salute e
della vita della donna, anche nel corso dell’intervento di interruzione di
gravidanza”. Quindi il diritto di obiezione di coscienza “non esonera il medico
dall’intervenire durante l’intero procedimento”. In sostanza “il diritto
dell’obiettore affievolisce, fino a scomparire, di fronte al diritto della
donna in imminente pericolo a ricevere le cure per tutelare la propria vita e
la propria salute”. Giudicando sul caso, la Corte ha ritenuto “pienamente integrato”
il reato dal momento che l’imputata ha “rifiutato un atto sanitario, peraltro
richiesto con insistenza da personale infermieristico e medico, in una
situazione di oggettivo rischio per la paziente”.
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