Mentre gli operai continuano ad
infortunarsi o a morire e i sindacati confederali continuano a fare
regali al padrone Riva con accordi a perdere, il “nuovo”
dirigente dell'Ilva, Ferrante (che in questo caso ha deciso di
rappresentare un bel po' di delinquenti già in galera) si è subito
impegnato nel tentativo di sconfessare l'operato della Magistratura e
proprio a ridosso dell'udienza della Corte Costituzionale, prova
rafforzare la propria posizione con un esposto-denuncia sui presunti
abusi dei giudici che si sarebbero accaniti contro Riva!
Gli operi non possono e non devono
certo aspettare i balletti tra una istituzione e l'altra!
Riportiamo l'articolo del sole 24 ore
di oggi che rifà a modo proprio anche una cronologia dei fatti.
***
Acciaio. Azione verso pm e gip di
Taranto
Esposto dell’Ilva contro i giudici
A pochi giorni dall’udienza della
Corte Costituzionale (è in programma il 9 aprile) che dovrà
pronunciarsi sulla legge 231/2012 che riguarda l’Ilva di Taranto,
lo scontro che da nove mesi oppone l’azienda alla Magistratura
torna ad infiammarsi. L’Ilva, attraverso il presidente Bruno
Ferrante, ha infatti presentato un esposto-denuncia alla Procura di
Potenza competente a indagare sui giudici di Taranto) affinché
accerti se pm e gip hanno compiuto degli “abusi” nell'inchiesta
sul siderurgico e nell’emissione dei relativi provvedimenti.
L’esposto-denuncia ricostruisce i diversi passaggi della vicenda.
Si parte dal 26 luglio, giorno in cui scattarono il sequestro senza
facoltà d’uso degli impianti e otto arresti ai domiciliari (in
parte poi revocati qualche giorno dopo dal Tribunale del Riesame), e
si prosegue col 26 novembre, quando ci fu il sequestro di un milione
e 700mila tonnellate di merci ritenute frutto di produzione
“illecita” proprio perché altiforni e acciaierie erano sotto
sequestro. E ancora si fa riferimento al 14 febbraio, quando il gip
Patrizia Todisco ha ordinato la vendita coatta delle merci,
affidandola ai custodi giudiziari e privando l’Ilva del relativo
incasso, operazione, questa, che qualche settimana fa è stata
“stoppata” dal Tribunale dell’appello essendo appunto in arrivo
il verdetto della Consulta.
Per il fatto che l’Ilva abbia
prodotto nel periodo in cui gli impianti erano sotto sequestro sia il
presidente Ferrante che l’ex direttore dello stabilimento di
Taranto, Adolfo Buffo (ha retto l’incarico da luglio sino a metà
febbraio) sono stati iscritti nel registro degli indagati, ma sul
punto la risposta dell’azienda – sottolineata anche
nell'esposto-denuncia presentato a Potenza – esclude ogni
responsabilità diretta. Si rileva, infatti, che tutta l’area a
caldo in quei mesi era sotto la gestione dei custodi giudiziari e non
dei dirigenti aziendali. E che l’Ilva è stata reimmessa nel
possesso degli impianti, pur restando il sequestro, solo dopo il varo
del decreto n.171 da cui è poi nata la legge ora al vaglio della
Consulta. Contestata anche la volontà di pm e gip di accelerare la
vendita diretta delle merci nonostante la legge preveda che l’Ilva
possa commercializzare quanto prodotto prima del 3 dicembre, giorno
in cui sulla “Gazzetta Ufficiale” è stato pubblicato il decreto.
Più volte, in questi mesi, Ferrante ha
parlato di “accanimento” dei magistrati di Taranto verso
l'azienda. “L’accanimento è nei fatti – ha detto recentemente
Ferrante -. Le decisioni dell’autorità giudiziaria non hanno
bisogno di commenti, chiunque voglia dare una lettura lo può
liberamente fare e formarsi un convincimento. Per esempio, aver
sequestrato i prodotto realizzati in passato dall’azienda, ci ha
nuociuto molto e ha messo in discussione il pagamento degli stipendi
ai lavoratori. Così come – ha aggiunto Ferrante – aver deciso di
far vendere subito questi stessi prodotti dai custodi giudiziari
quanto il 9 aprile ci sarà l'udienza della Corte Costituzionale che
si pronuncerà sulla legge che ci autorizza sia a produrre che a
commercializzare”.
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