Il 3 novembre Susanna Camusso sarà quasi sicuramente la nuova segretaria della Cgil. Noi marxisti non personalizziamo la lotta di classe. La Cgil sono anni, per esaminare la svolta più significativa, almeno dalla svolta dell'Eur di Luciano Lama, che è il sindacato della conciliazione; è naturale che in questo quadro non conta chi ne sia il segretario, conta la linea, come essa si forma, contano gli apparati, conta la base sociale effettiva non della Cgil in generale ma del suo gruppo dirigente: la base sociale rappresentata dall'aristocrazia operaia legata agli interessi strategici dell'imperialismo italiano, alla difesa dell'economia nazionale che è economia del grande capitale, emanazione dei partiti dell'opposizione parlamentare, in un rapporto simbiotico e scambiabile.
In questo senso non sono gli uomini che cambiano la linea ma gli uomini che l'assumono e la gestiscono.
Questo però non ci deve far trascurare che la linea ha bisogno degli uomini giusti per interpretarla.
I segretari della Cgil non li sceglie la Cgil, ma sono scelti da un complesso intreccio, in cui la base della Cgil, la massa dei lavoratori, è l'ultimo elemento a contare nelle decisioni.
Ultimamente ci sono segretari, dirigenti sindacali che per la massa degli operai, lavoratori sono dei perfetti sconosciuti. Prima erano principalmente “polli di allevamento” dei partiti che compongono gli apparati sindacali; ultimamente, da Epifani in poi e se si guarda l'insieme delle categorie, con il venir meno dei partiti di riferimento come apparati decisionali forti, come lo erano un tempo il Pci, il Psi, ecc., si tratta di “polli di allevamento” punto e basta.
Epifani, in qualche maniera è stato l'anello di congiunzione della specie. Chi ne eredita la segreteria ne è la riproduzione della specie, in una sorta di organismo geneticamente modificato.
Non ci sarebbe, quindi, da stupirsi di niente, né da prendersela più di tanto.
Ma possiamo dire che c'è un limite a tutto? Che non si era mai visto e né si vede perfino adesso, perfino nella cisl e nella uil, i cui dirigenti sono espliciti servitori dei padroni quasi a prescindere, che l'investitura del nuovo segretario della Cgil avvenisse così sfacciatamente all'insegna della sponsorizzazione plebiscitaria dei padroni.
E tale è senza ombra di dubbio l'elezione a segretaria nazionale della Cgil di Susanna Camusso.
La sponsorizzazione è cominciata in maniera esplicita in piena esplosione del caso Fiat e del piano Marchionne a Pomigliano. E' lì che si è cominciato a dire e scrivere che i padroni puntavano sulla Camusso per ridurre alla ragione la Fiom e riportare al tavolo la Cgil. Se ne ripercorreva l'iter e il percorso storico per dimostrare che era “l'uomo giusto al posto giusto”.
Ci poteva essere chiaramente molto strumentalismo, anche i padroni sanno usare la tattica, ma certamente la Camusso è entrata subito nel ruolo e ha offerto la sponda giusta. E' qui che l'entusiasmo dei padroni è cresciuto, e questa che resta una oscura signora è divenuta gettonatissima su tutti i giornali, anche quelli di costume e di colore, con entrata in campo dei cosiddetti “femminili”.
Questo sarebbe più eloquente di ogni discorso, ma è bene entrare più nel contesto degli argomenti.
Il giorno dei salutari fumogeni a Bonanni, con il cadavere ancora caldo del contratto nazionale ucciso dalla Federmeccanica, Il Sole 24ore dedica pressoché un'intera pagina alla Camusso. L'obiettivo, volontario o involontario, di tutto ciò è di cucire addosso al personaggio il vestito giusto. “Dalla Bovisa alla guida Cgil: una vita fuori dall'ideologia”, è questo il ritratto di “una donna leader”.
Si sa che i padroni quando parlano di ideologia non è all'idea che guardano ma alla sostanza. Ideologia è ritenere che la società sia divisa in classi, che ci sia la lotta di classe, e in campo sindacale questo significa che interessi dei padroni e degli operai sono contrapposti, decisi di volta in volta dai rapporti di forza. Ma ideologia significa anche avere una prospettiva, che quella dei padroni è l'eternalizzazione del sistema del capitale, quella degli operai è il superamento di questo sistema.
Quindi, è evidente che descrivere il cammino della Camusso come un cammino in questa direzione, è considerare che possa essere la persona giusta ad eliminare dalle fila del sindacato, del movimento dei lavoratori ogni, per così dire, residuo di questa ideologia.
Un burocrate importante, Onorio Rosati, segr. della Camera del Lavoro di Milano dichiara: “Lei è la scelta giusta per migliorare le relazioni industriali nel nostro paese... durante le grandi crisi economico sociali le posizioni si radicalizzano e di solito noi riformisti anche dentro le organizzazioni dei lavoratori veniamo schiacciati. In questo caso è successo il contrario. Con la Camusso sarà possibile un confronto con tutte le parti per avere più contrattazione, formulare un nuovo patto sociale che contempli sia la produttività, sia la difesa dei posti di lavoro”. I riformisti, si sa, sono un misto di seminatori di illusioni e di concreti realizzatori dei piani del padrone.
Nella definizione che ne fa Rosati come si vede manca sia la parola “diritto” sia la parola “conflitto”, per cui ne viene di conseguenza che c'è un solo modo di intendere quel nuovo patto sociale che “contempli sia la produttività sia la difesa dei posti di lavoro”, il Piano Marchionne per Pomigliano.
Ma è altrettanto interessante la descrizione della Camusso che fa un luminare sociologo dirigente della Cisl, Bruno Manchi che la conosce sin dall'inizio, all'Università della Statale nel '75:
“Dopo aver fatto amicizia mi confidò con semplicità che ultimati gli studi in Lettere e Filosofia avrebbe desiderato passare a tempo pieno al sindacato”. Ora, certo il '75 non è il '68 un po' di acqua era passata sotto i ponti, l'Università della Statale non era più quella di una volta, ma trovare chi nel movimento studentesco avesse come massima spirazione di carriera quella di entrare nel sindacato – senza passare né dalla fabbrica e forse neanche dal lavoro – significava essere una burocrate in carriera ante litteram, una vera pioniera del genere.
Manchi le dice a quel punto che non è il caso che venga in quel momento nella Cisl che era in fibrillazione – la Fim lombarda era quel sindacato operaio industrializzato, un po' anomalo nel panorama generale della Cisl, che poi darà vita a quella autonomizzazione/scissione che sarà la Fim, poi Flmu di Tiboni. Manchi comprende che è altrove che la signorina va indirizzata. E dove se non nella componente socialista, allora craxiana della Lombardia?
Prosegue il racconto di Manchi: “alla fine dopo alcuni abboccamenti con diverse realtà fu introdotta in pianta stabile nella Fiom da Bruno Marabese della componente socialista”.
Scrive sempre il giornale Sole 24ore: “L'affiliazione socialista ed il pragmatismo lombardo le risparmiano qualunque fascinazione ancora presente in parte della Fiom di matrice comunista verso un'idea di sindacato come palestra per allenare i lavoratori alla lotta di classe”.
Si tratta del ritratto fedele, sostanzioso, effettivo della nuova segretaria della Cgil e del ruolo a cui è chiamata a svolgere oggi nel sindacato. Una donna, come si dice, che sapeva il fatto suo e lo sa ancora, capace di ammanigliarsi con le persone giuste.
Un altro dirigente della Cgil spiega: “Ha una capacità tattica di creare rapporti trasversali. Ha un forte legame con i cattolici di Cisl e Acli. Non è mai stata comunista, né ha mai pensato alla convergenza dell'azione tra attività sindacale e politica”. Naturalmente, decodificando le parole: si chiama “tattica” la capacità di un sindacalismo senza scrupoli, e “nessuna convergenza tra attività sindacale e politica” la risibile formulazione di chi fin dall'inizio è entrata nel sindacato per mano dei politicanti craxiani.
Sul ruolo avuto dalla Camusso durante il periodo della sua presenza nel gruppo dirigente Fiom nella vertenza Fiat e nel settore auto, abbiamo già scritto nel blog. Questo è stato il momento nero della sua carriera, non solo la Fiom ma gli operai la cacciano per aperta connivenza con padron Fiat. Sembra essere la fine della sua carriera. Ma qui riesce a trovare un nuovo nume tutelare. E' Cofferati, che la fa diventare segretaria generale della Cgil della Lombardia.
E' una delle dimostrazioni più eclatanti di come nella Cgil da tempo si fa carriera quanto più ci si scontra con gli interessi degli operai, e di come il gruppo dirigente della Cgil sia una casta costruita secondo questo sistema che si riproduce.
E lì che comincia la nuova irresistibile ascesa della signora, a cui giova anche un incursione con lo stesso sistema nel movimento delle donne. La fase di “Usciamo dal silenzio” viene dalla Camusso utilizzata con abilità per ritoccare il look della sua carriera.
“Oggi – dice il Sole 24ore – tra relazioni nuove e vecchie la Camusso può contare su un ventaglio che va da Pierluigi Bersani, Rosy Bindi, Enrico letta a Giulio Tremonti, Gianni Letta e Maurizio Sacconi. E per migliorare la sua immagine pubblica sono iniziate a circolare foto di lei che va in barca in Liguria”.
L'intervista di investitura nei giorni in cui viene definita la sua elezione avviene sul giornale giusto, su Il Mondo, che le dedica una copertina: ”La manager in rosso”. Potrebbe essere tranquillamente un'intervista a una manager di qualsiasi altro settore dell'economia o a una dirigente dei partiti della cosiddetta 'opposizione parlamentare'.
Il suo riferimento costante è l'economia nazionale, la classe dirigente, il nuovo modello di produttività e competitività, la proposta di un modello sindacale partecipato alla “tedesca” che partecipa alle decisioni dell'impresa stessa. Rispetto al piano Marchionne, la proposta è quella di “mettere in campo una nuova sfida su che cosa vuol dire oggi produttività, utilizzo dell'impianto, rapporto con l'occupazione, l'innovazione, la formazione”. Affianca, poi, la Confindustria nella lotta all'evasione.
Alla domanda finale: ”Lei sarà la prima donna alla guida della Cgil, esiste uno specifico punto di vista femminile sull'economia e sul lavoro?”. La Camusso risponde: “Tutte le donne hanno due caratteristiche comuni. L'abitudine ad occuparsi di economia di base, a tenere insieme i conti, spesa e risparmio (si tratta dell' “economia domestica” - ndr), e questa è una della grandi forze del nostro paese. La seconda è la capacità di trovare comunque le soluzioni”.
Qui si sposano bene i due lati, del riformismo e della fase cosiddetta “femminista” della Camusso, in cui delle donne è preso proprio il lato che ne fa per la borghesia un pilastro del sistema, il sistema del capitale, dell'eternità della sua gestione, del ruolo subordinato dei lavoratori e dell'eterna oppressione, doppia per le donne, condivisa e partecipata.
Per questo ora bisogna tornare all'assunto iniziale. La Camusso è la persona giusta, la donna giusta per il ruolo che il capitale assegna alla Cgil nella fase del fascismo padronale.
All'inizio nell'investitura della Camusso, Rosati, il segr. della Camera del Lavoro di Milano, aveva descritto l'affermazione dell'ultrà riformista Camusso come una controtendenza alla radicalizzazione delle posizioni che di solito avviene nella crisi. Questo è vero, ma sta lì a dimostrare la collocazione organica della Cgil nel campo del riformismo – e nella crisi il riformismo serve la reazione, e che quindi necessariamente la radicalizzazione deve esprimersi e ridefinirsi solo e semplicemente fuori e contro questo recinto, chiamato Cgil.
E sono gli operai Fiom i primi tenuti a rendersene conto.
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