La crisi di Unicredit con le dimissioni di Profumo è una crisi piena di sfaccettature, dentro la contesa e la crisi mondiale che attraversa l'economia finanziaria, i suoi effetti nel sistema finanziario italiano, dove pesano l'intreccio industria/finanza, e infine, come riflesso di tutto questo, la contesa politica.
Leggendo la stampa grande e piccola è difficile farsene un'idea precisa, dato che la stampa tutta in questo caso è legata a ciascuna delle parti in causa.
Un esempio fra tutti è l'aperto schieramento con Profumo che ha il giornale che dovrebbe essere più indipendente e radicale nel panorama della stampa quotidiana, Il Manifesto.
In un corsivo che conta, Valentino Parlato scrive: “In quest'Italia berlusconizzata essere di sinistra proprio non va bene, tanto più se uno è banchiere come Alessandro Profumo. Profumo era ed è di sinistra e forse proprio per questo è stato ed è un banchiere di alta qualità, capace di mantenere in ordine e far crescere Unicredit. Ragione di più per organizzare una congiura, senza neppure un'accusa un po' documentata per indurlo ad andarsene”.
Si tratta della posizione più esplicita a sostegno di Profumo, posizione a cui tendono il PD e più o meno gli altri giornali del centrosinistra. E' curioso, ma non troppo, che debba essere il giornale più a “sinistra” quello più radicale nel sostegno alla grande finanza del capitale.
Profumo, in effetti, attraverso il processo di internalizzazione accelerata, con ingresso di capitali libici e fondi sovrani sauditi, non certo per ragioni di 'libicità' ma perchè i soldi non hanno colore e si prendono dove stanno, ha cercato di uscire dalla crisi rilanciando, mentre intanto avviava un radicale processo di ristrutturazione interna comprensivo di licenziamenti di massa.
Su questa via d'uscita non ha trovato il consenso di quasi la totalità degli azionisti. E anche qui, non certo,nè essenzialmente per 'antilibicità', ma per i soldi che mancano – dividenti in calo – e soldi da mettere per mantenere l'equilibrio dei pacchetti azionari dopo l'ingresso dei nuovo soci arabi.
I tedeschi hanno preso oggettivamente la testa della nuova cordata vincente, presentandosi come punto di congiunzione tra un processo di internazionalizzazione da mantenere e le fondazioni bancarie, nord-est, nord-ovest, che vogliono mantenere e se è possibile estendere il controllo della banca. Senza internazionalizzazione, con buona pace delle Fondazioni, Unicredit non regge nell'accanita contesa mondiale del sistema bancario e finanziario.
In questo processo oggettivo che si gioca la contesa del 'dopo Profumo'.
Il sostegno della “sinistra” a Profumo, per quanto buttato in politica, è il contrario che normalmente l'apparenza mostra e che i giornali spiegano; per dirla in forma brutale, non è la “sinistra” che guida Profumo ma Profumo che guida la “sinistra”. Cioè si assiste allo stesso gioco che abbiamo visto con Montezemolo, Marchionne, manager che diventano padroni e poteri forti, che giocano in proprio, allineando partiti e entrando in politica, ora attraverso loro bracci ora direttamente godendo di soldi e “prestigio” molto più grandi dei Bersani, Veltroni e ... Valentino Parlato.
La grande industria attraverso Mediobanca punta anch'essa ad avere una voce in capitolo rilevante, come una delle parti in causa.
Il soggetto forte sono però i tedeschi. Ma questo dipende dai rapporti di forza di economia e di sistema che vede la Germania, diciamo così, uscire bene dalla crisi e crescere il suo peso nella economia relativa dell'Europa, non solo in Unicredit, ma in tutto.
Infine le Fondazioni. Anche qui, come in uno specchio rovesciato, si dice che la cacciata di Profumo è stata voluta da esse su ispirazione politica della Lega. Ma non è la Lega che controlla le Fondazioni quanto le Fondazioni che si esprimono politicamente attraverso la Lega, quasi come dato oggettivo, dato che: chi sono le Fondazioni? Se non lo stretto intreccio media-piccola industria/finanza che ha quasi originato la Lega, che ne costituisce la base proprietaria fondativa, -che non va confusa tout court con la base sociale che è cosa più vasta e articolata -e che non è materia di questo articolo-. Questo intreccio, comunque, è stato a base della fortuna relativa del sistema nord-est, nord-ovest, insieme all'evasione fiscale, coperta con la favola di “Roma ladrona”.
Ma le Fondazioni da sole non vanno da nessuna parte, e il risucchio nell'area tedesca, per quanto politicamente voluto, resta economicamente scomodo.
Capire gli attori in campo è importante, non tanto perchè si abbia ambizione di analisti economici, mestiere nel capitale di servi del capitale, quanto per dare strumenti utili alla lettura da economia politica della questione, necessaria a garantire e a sviluppare l'autonomia ideologica e politica del grade assente: la classe operaia e il proletariato.
Questi “utilizzatori finali” dello sfruttamento e del plusvalore agiscono impuniti e indisturbati nei loro giochi. E di questi giochi i più sciagurati guardoni compiaciuti sono le forze dell'ex “sinistra” e i loro satelliti... Parlato docet.
Berlusconi ha vinto, la Lega ha vinto, la sinistra ha perso? Le mani della Lega sul sistema bancario? Effetti e non cause. Chi sostiene innanzitutto questa tesi punta ad allineare il proletariato nella contesa politica ai Profumo, al grande capitale industriale, Marchionne in testa. E questo per i proletari è veleno, proprio nella lotta politica, perchè sul piano degli effetti economici, salvaguardia della grande finanza, profitti industriali e discarica della crisi sulla pelle dei lavoratori, non crediamo che ci sia chi possa avere dubbi
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