venerdì 22 marzo 2024

pc 22 marzo - Massimo sostegno alla decisione dell'università di Torino per il blocco della collaborazione con Israele - info

Guerra a Gaza, l'Università di Torino blocca il bando di collaborazione con Israele. Meloni: «Scelta preoccupante»

L’ateneo è il primo a sospendere la collaborazione con le realtà accademiche israeliane ma precisa: lo stop è solo al bando Maeci, le altre attività continuano. Parziale vittoria per i collettivi studenteschi che hanno bloccato la riunione del Senato accademico. Sette ottobre: «Gravissimo»

«Considero preoccupante che il Senato accademico dell'Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele. E lo faccia dopo un'occupazione da parte dei collettivi. Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi». Sono le parole della premier Giorgia Meloni alla Camera, durante la replica nel dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo

Bloccato il bando di collaborazione con Israele

Cosa è successo. L’ateneo di Torino, primo a livello italiano, ha deciso di sospendere la collaborazione con le realtà accademiche israeliane. «Il Senato dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Affari Esteri (Maeci), visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza». La comunicazione si configura come una parziale vittoria per i collettivi studenteschi che hanno prima bloccato la riunione dei senatori e poi ottenuto un’assemblea pubblica per discutere la loro richiesta di boicottaggio di tutte le intese con le università israeliane. Dopo una lunga discussione, i vertici dell’ateneo hanno deciso di approvare un documento che di fatto chiude le porte ad un unico bando, quello pubblicato recentemente dal Maeci che mira a finanziare progetti congiunti di ricerca tra

Italia e Israele in tre settori di applicazione: le tecnologie per il suolo, quelle per l’acqua ( come trattamento di quella potabile, delle acque industriali e di scarico o la desalinizzazione) e l’ottica di precisione, elettronica e tecnologie quantistiche.

Bernini

Sul caso interviene anche il ministro dell'Università e della ricerca Anna Maria Bernini: «Quella dell'Università di Torino è una decisione che non condivido seppur assunta nell'ambito dell'autonomia propria degli Atenei. È triste che una scelta simile coincida con la prima giornata nazionale delle Università che ha come titolo: "Porte aperte". Ed è francamente sconcertante che si possa pensare di chiuderle. Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei da sempre ispirata all'apertura e all'inclusività». 

La nota dell'Università di Torino

L’Università di Torino, dal canto suo, in una nota, chiarisce che la mozione approvata dal Senato Accademico nella seduta di ieri 19 marzo, con la quale «visto il perdurare dello stato di guerra si è ritenuta non opportuna la partecipazione al bando MAECI 2024 Italia-Israele», si riferisce esclusivamente al bando in questione. Pertanto, tutti gli accordi e le collaborazioni in corso con le università israeliane rimangono attivi, nel pieno rispetto dei principi e dei valori di libertà di pensiero e di ricerca dell’Università di Torino.

Un solo voto contrario

A votare lo stop al bando Maeci per la raccolta di progetti congiunti per l’anno 2024 è stata quasi la totalità dei senatori di Unito. Due gli astenuti e un unico «no», espresso dalla professoressa Susanna Terracini. La direttrice del dipartimento di Matematica spiega: «Non avrei avuto problemi ad approvare una richiesta per il cessate il fuoco, perché sono fortemente turbata per la strage che sta avvenendo nella Striscia di Gaza. Mentre, sono fortemente contraria ai boicottaggi accademici, perché, essendo esclusi possibili progetti bellici, le collaborazioni sono un elemento portatore di comprensione e di pace». Di parere diverso i militanti del Progetto Palestina, di Cambiare Rotta, di Studenti Indipendenti e della altre sigle di sinistra universitaria. Gli studenti spingono per approvare l’appello — lanciato dalla torinese Paola Rivetti, oggi docente di Scienze politiche a Dublino, e firmata da 1.600 colleghi del nostro Paese (60 dall’ateneo torinese) —, che chiede al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, di sospendere l’intero accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele per «il rischio di dual use e la violazione del diritto internazionale e umanitario».

Su questo, i vertici dell’Università di Torino prendono tempo. Accolta così la proposta di Francesco Ramella, direttore del dipartimento di Cultura, Politica e Società, di limitare l’azione a un documento che di fatto sospende la partecipazione di Unito al bando Maeci di quest’anno. «Ad oggi, solo tre colleghi avevano manifestato il loro interesse a partecipare, tutti appartenenti ad Agraria, ma poi hanno rinunciato autonomamente», spiega Gianluca Cuniberti. Il direttore di Storia che, dopo aver sottolineato la capacità di Unito di dialogare anche su temi così divisivi, annuncia un’altra iniziativa che farà discutere: tra pochi mesi sarà lanciato il corso di storia della Striscia di Gaza ospitando Sara Roy, la docente di Harvard.

«Gravissimo»

La decisione del Senato accademico «è gravissima ed inquietante e ci riporta ad un passato lontano che non avremmo mai voluto rivivere», dichiara Stefano Parisi, presidente dell'Associazione Setteottobre. «Colpire il mondo dell’università e della ricerca di Israele che è all’avanguardia nel mondo ed impedire la collaborazione con un ateneo importante come quello di Torino, che potrebbe portare ricadute positive per il nostro Paese è l’ennesima dimostrazione del clima di odio antisemita che dal 7 ottobre sta montando con furia in Italia. Chiediamo a tutte le istituzioni ed in particolare al Ministro per l’Università e la Ricerca, alla CRUI e alla società civile di impegnarsi e di intervenire per bloccare una deriva allarmante e intollerabile per una democrazia liberale».

L'università di Torino e lo stop al bando con Israele, il rettore Stefano Geuna: «Non è boicottaggio né antisemitismo»

Dopo una giornata di polemiche, il rettore prova a rassicurare: «Non volevamo far arrabbiare nessuno, tanto meno la premier Meloni. Tutti gli accordi in vigore con Israele rimangono validi»

Lo ammetta rettore Stefano Geuna, con la decisione del senato accademico di ieri, parliamo della mozione con la quale l’ateneo di Torino definisce inopportuno partecipare al bando del Ministero degli Esteri per la ricerca condivisa tra Italia e Israele, «visto — è stato scritto e approvato — il protrarsi della situazione di guerra a Gaza», lei e la sua Università volevate mettere in difficoltà il governo Meloni? 

«Non volevamo far arrabbiare nessuno, tanto meno la premier Meloni. E voglio ribadire cosa è accaduto nel Senato accademico, l’organo più rappresentativo della nostra comunità. È stata un’azione riferita ad un bando specifico e non si è parlato di boicottaggio. Questo non è vero».

Perché?
«Tutti gli accordi attualmente in vigore con le università israeliane, che sono tanti, rimangono validi. Non è questo quello che è successo».

E allo cosa è accaduto?
«È stata fatta una valutazione da parte della comunità accademica che credo vada rispettata per quello che è. Non c’è alcuna intenzione di far infuriare nessuno e non c’è il boicottaggio, men che meno antisemitismo come ho anche letto. I fatti parlano da soli. E non vorrei commentare ulteriormente per attivare un dibattito su una questione che abbiamo chiarito oggi, forse perché ieri non era molto chiara. Si tratta di una cosa molto specifica. Ma le collaborazioni con gli atenei israeliani rimangono assolutamente in piedi».

Alcuni colleghi dicono che in alcuni dipartimenti ci sono pulsione anti-israeliani.
«Io non vedo queste cose, onestamente, specialmente nella nostra università. Siamo una comunità di centomila persone e io, ripeto, parlo a nome del Senato accademico, l’organo rappresentativo ed elettivo di tutte le componenti: docenti, personate tecnico amministrativo, studenti».

Morale.
«Questo organo ha preso una decisione su una cosa specifica che non è un’avversione contro Israele. Non lo è nessuno dei membri del Senato accademico. Ieri, nel momento di ascolto che abbiamo fatto con i ragazzi che protestavano, tutti i docenti hanno detto: “Non vogliamo i boicottaggi”. I boicottaggi scientifici non servono, la scienza è stata e sempre sarà un ponte, soprattutto in momenti di difficoltà internazionale come questo che stiamo vivendo. Questo ci dice la storia e su questa linea si sono concentrati gli interventi dei professori».

Non tutti hanno votato a favore, in realtà.
«È vero, una collega si è espressa in maniera contraria, ma tutti hanno ribadito che il boicottaggio accademico non serve».

E la premier Meloni dice che vi siete fatti trascinare dai collettivi degli studenti di estrema sinistra.
«I collettivi? Parliamo dei rappresenti degli studenti. Oggi come ieri, nel dibattito di oggi, abbiamo creato un momento dove tutti hanno parlato, anche chi lo fa in modo effervescente e chi preferisce un tono più posato perché ha qualche anno in più. Ci interessato molto farlo, tutti gli interventi portano spunti interessanti. Questo è il nostro metodo».

Ma lei la riapproverebbe la mozione?
Il rettore Geuna gira le spalle e se ne va.

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