venerdì 22 marzo 2024

pc 22 marzo - Migranti sfruttati - Al Jazeera ha ragione... mentre la stampa italiana spesso tace

L'inchiesta di Al Jazeera: «Migranti sfruttati e maltrattati nelle terre di Barolo e Barbaresco»

Nell'inchiesta si racconta, tra le altre, la storia di Sajo, un 36enne del Gambia. Secondo la sua testimonianza sarebbero diversi i lavoratori privi di documenti che lavorano nei vigneti di Barolo e Barbaresco

Lavoratori migranti sfruttati e maltrattati nei vigneti piemontesi dedicati al vino pregiato. La denuncia arriva direttamente da Al Jazeera, la rete con sede in Qatar. Più nello specifico nell’articolo intitolato “Migrant workers exploited, abused in Italy’s prized fine wine vineyards”, dove si racconta, tra le altre, la storia di Sajo, un 36enne del Gambia. Secondo la sua testimonianza sarebbero diversi i lavoratori privi di documenti che lavorano per 12 ore nei vigneti di Barolo e Barbaresco (dove un ettaro fino a 1,5 milioni il prezzo di un ettaro), per una paga che va dai 3 ai 4 euro l’ora. Non solo. L’uomo denuncia anche diversi episodi di razzismo, oltre a condizioni di lavoro definite “disumane”.

Sajo afferma di aver trovato lavoro ad Alba, durante la stagione dell’uva, quando occorre nuova forza lavoro. Appena sceso dal treno venne avvicinato da un uomo, che gli offrì un lavoro nei vigneti con una paga di 3 euro l’ora. Accettò e si stabilì in un piccolo accampamento improvvisato che altri

vignaioli africani avevano costruito nel bosco, sulla riva del fiume. Non avevano servizi igienici, né acqua corrente o elettricità. Quando non potevano permettersi l’acqua in bottiglia, usavano quella fangosa del fiume per lavarsi e cucinare.

«È stato il momento più difficile da quando ho lasciato il Gambia – ricorda Sajo - non riuscivo nemmeno a ricaricare il telefono per chiamare casa». Ogni giorno si svegliava prima dell'alba e andava alla stazione dei treni, dove un caporale caricava lui e gli altri su un furgone e li portava sulle colline fino ai vigneti. Gli operai erano costantemente sorvegliati e «non potevamo fare pause per andare in bagno o bere acqua. Ci minacciavano di licenziarci se avessimo rallentato o avessimo parlato». 

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