Vogliamo mettere al centro alcuni aspetti che ci sono dietro la mobilitazione per la Palestina che si è sviluppata nel nostro paese e che raccoglie tutta una serie di necessità e indicazioni rispetto a quella che è la prospettiva internazionale dei popoli per liberarsi dall'imperialismo contro i piani di guerra e la guerra imperialista e il genocidio che avvengono in Palestina, ma che avvengono anche in altri paesi, dove ci sono, e si sviluppano, le guerre popolari.
La Palestina è un'opportunità per i proletari, per le forze comuniste ed è parte del lavoro che dobbiamo portare avanti anche nel nostro paese per smascherare quello che ci sta dietro, la disumanità di questo sistema imperialista/capitalista che bisogna abbattere perché o socialismo o barbarie.
Ogni giorno la Palestina ci dà questa indicazione. Fino a dove arriva questo sistema imperialista che compie i peggiori crimini e li compie quotidianamente verso le masse, verso i proletari, verso i popoli che rialzano la testa.
Per questo oggi è necessario continuare le mobilitazioni contro il genocidio del popolo palestinese. E non bisogna mai perdere di vista - e dimenticare – il perché avviene questo genocidio da parte di Israele e della copertura dell'imperialismo principalmente USA, ma anche la complicità di tanti altri paesi imperialisti, tra cui il nostro governo.
Questo genocidio avviene come una risposta all’azione della resistenza del 7 ottobre. Il 7 ottobre ha
indicato la strada a tutti i popoli che l'unica soluzione è quella di rialzare la testa e lottare con tutti i mezzi necessari per la liberazione dall'apartheid, dal sionismo, generati dal sistema imperialista.I palestinesi non sono come vorrebbero le “anime belle” del movimento o dei partiti riformisti che li vogliono sempre come vittime passive del dominio coloniale israeliano, ma la grande azione del 7 ottobre delle forze della resistenza ha messo al centro l'uso della violenza da parte degli oppressi, dei colonizzati, nella loro lotta per le loro liberazione contro gli oppressori. E questo fa paura a tutti i governi e le borghesie imperialiste nel mondo.
Quindi c’è un legame tra resistenza e guerra imperialista, all'interno di un contesto internazionale di crisi dell'imperialismo e del suo tentativo di uscirne attraverso le guerre interimperialiste, mentre i popoli oppressi, gli sfruttati, i proletari, gli operai non hanno nulla da perdere che le loro catene e organizzare la loro guerra di popolo per spazzare via governi, Stati imperialisti al servizio dei profitti dei padroni.
Quando i popoli rompono il monopolio della violenza della borghesia, questa ha paura perché si agita lo spettro della sua fine come classe parassitaria.
Noi, in questo contesto generale, internazionale, e all'interno del nostro paese, dobbiamo fare la nostra parte di comunisti. In particolare nel nostro paese, nella prospettiva che l'esempio della resistenza palestinese è la resistenza che serve anche qua in Italia. La Palestina è l'esempio dei popoli che lottano. La liberazione del popolo palestinese è la liberazione di tutti gli oppressi. Dobbiamo scendere in piazza con questo spirito, portarlo nelle mobilitazioni per legare la solidarietà al popolo palestinese, alla lotta contro chi tutti i giorni non ci dà garanzie: agli operai quelle di lavoro, ai giovani di futuro, agli studenti solo scuole-caserme.
Noi siamo in mezzo a questo movimento della Palestina per portare anche noi il nostro contributo, le nostre proposte perché questa lotta diventi sempre più efficace e diventi sempre più una lotta politica contro il governo fascista Meloni, contro il comitato di affari odierno della borghesia imperialista che sta facendo affari ed è complice con le armi ed è complice attiva del genocidio ed è uno dei maggiori sponsor di Netanyahu e del governo fascista/nazisionista israeliano.
Per questo sono necessari i Comitati di solidarietà per la Palestina, in cui le forze di sostegno alla Palestina si devono unire ai comitati e alle associazioni dei palestinesi sulla strada dell'internazionalismo.
Così come è sempre al centro anche la battaglia per una delegazione internazionale che metta a nudo quelli che sono anche le responsabilità dei governi imperialisti, come quello italiano.
Queste parole d'ordine di fase sono necessarie dopo la mobilitazione del 23 e 24 febbraio a livello nazionale: la giornata di sciopero del 23 che ha visto scendere in campo una parte di lavoratori, in particolare nella logistica a fianco della solidarietà palestinese e la giornata del 24 con una grande manifestazione a Milano che ha compattato una parte delle forze che si definiscono comuniste, antimperialiste, di classe, solidali con la lotta e la resistenza del popolo palestinese, senza se e senza ma.
Di tutto questo forse ne ha più coscienza il governo Meloni che in queste settimane non a caso dopo queste iniziative del 23 e 24, risponde alzando il livello della repressione, come è successo la montatura de L'Aquila con cui si vorrebbe definire terrorista chi lotta per la liberazione del proprio popolo: Anan, Mansur, Alì, è un messaggio preciso che il governo vuole mandare per intimidire tutte le forze dei palestinesi e dei solidali che si sono mobilitati.
Ma non ci riusciranno se riusciremo ad estendere e a essere sempre più incisivi nel lavoro, in ogni nostro posto, in ogni città dove siamo presenti, perché ci siano delle mobilitazioni sempre più adeguate a questi sviluppi. Questo è quello che stiamo facendo, anche nella realtà specifica di Bergamo.
Una delle questioni principali è quello di tornare alle fabbriche, è quella di tornare tra gli operai per farli schierare, per fargli prendere posizione, per scendere in campo effettivamente, per cercare di spiegare il legame tra Palestina/guerra/governo, perché la resistenza della Palestina è il nostro migliore alleato contro una guerra che torna a casa e che in Italia sta generando un regime di moderno fascismo, di repressione, di aumento dei morti sul lavoro, di non soddisfazione di nessun bisogno delle masse, sanitario, di lavoro, di futuro e di prospettiva. Solamente guerra.
Infatti il nostro governo è in guerra nel Mar Rosso contro il popolo palestinese. Per questo sosteniamo e operiamo perché si estendono le iniziative, le azioni dirette di denuncia, di mobilitazione contro le università e i loro legami con Israele, contro le fabbriche come la Leonardo o tante altre che in Italia producono armi che vengono date per compiere il massacro in Palestina, contro un governo fascista che vieta le manifestazioni e si spaccia per essere a difesa dei semiti, proprio lui che rappresenta il filo nero di questo paese. Al governo in Italia ci sono gli amici dei nazisti, quelli che dicono che gli ebrei devono essere messi al rogo e vogliono silenziare il movimento di lotta dei palestinesi. Oggi in Italia c'è un governo che spinge alla guerra, alla guerra imperialista, per gli interessi delle grandi aziende delle armi e di tutto quello che è collegato con lo scontro economico in atto a livello mondiale: il petrolio e gas.
Non c'è solo la Leonardo, c'è l’ENI, c'è la Tenaris Dalmine che fornisce i tubi per forare davanti a Gaza e portare via il petrolio ai palestinesi e darlo agli israeliani. Queste sono tutte connivenze che devono essere denunciate e spezzate.
Noi siamo parte di tutti i popoli oppressi, dei proletari che vogliono costruire la loro guerra giusta per farla finita con queste guerre ingiuste, con queste guerre che arricchiscono pochi per il profitto e ci conducono alla miseria, allo sfruttamento, al fascismo e alla repressione in tutti i paesi in cui sono presenti.
Il migliore aiuto al popolo palestinese è quello di colpire il nostro governo e tutti i suoi sporchi interessi, dei padroni delle multinazionali delle fabbriche di armi, ma anche contrastare la fabbrica di menzogne della stampa, dei media asserviti, di tutto l'apparato dello Stato e delle sue Istituzioni che non vogliono far altro che equiparare la lotta dei palestinesi come come antisemita, quando nella realtà stanno facendo un nuovo olocausto, perché questo sistema imperialista è fondato sulla sopraffazione della dignità umana, sulla cancellazione dei diritti dei popoli, sulla cancellazione dei diritti dei lavoratori e della loro vita per tenerli sempre in schiavitù.
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