mercoledì 24 luglio 2019

pc 24 luglio - Prima i russi! Salvini contro gli operai di Siracusa/Priolo: moderno fascista anche al servizio della Lukoil

Avevamo denunciato subito l’attacco fascista agli operai da parte del Prefetto Pizzi di Siracusa che ha imposto l’ordinanza di divieto di assembramenti davanti alle fabbriche Isab, Lukoil, Sonatrach, Sasol e Versalis. (https://proletaricomunisti.blogspot.com/2019/05/pc-17-maggio-gravissimo-attacco.html)
Gli operai, partecipando ad un sit-in organizzato dal Movimento Aretuseo a cui ha aderito la Cgil, hanno tentato di far ritirare l’ordinanza, ma il Prefetto è stato irremovibile. Oggi, con la pubblicazione del contenuto della lettera della Lukoil a Salvini è tutto più chiaro. Prima gli interessi dei padroni russi, dice Salvini!
Non solo ha sollecitato l’impegno del prefetto, Salvini, ma l’ordinanza è di fatto incostituzionale perché, come hanno ricordato anche i sindacalisti intervistati, le attività produttive in questione non sono “servizio pubblico, che come è noto viene regolamentato da particolari e specifiche norme” e si violano gravemente i diritti sindacali e il diritto allo sciopero.
Salvini e il suo prefetto devono essere rimossi a furor di popolo…

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Dal quotidiano La Repubblica di oggi:
Lettera dei russi e il Viminale stoppa le proteste a Priolo.
A Siracusa il divieto di manifestare all'ingresso delle fonderie Isab del gruppo russo Lukoil "suggerito" dall'ambasciata della Federazione
Di Salvo Palazzolo
Vietato scioperare davanti all'ingresso delle raffinerie Isab di Priolo, che appartengono al gruppo petrolifero russo Lukoil. Motivi di "ordine pubblico e pubblica sicurezza", ha deciso il prefetto di Siracusa Luigi Pizzi, e così ha confermato il Tribunale amministrativo regionale di Catania. Ma fra gli atti dell'udienza spunta adesso una lettera dell'ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, che
inizia con un tono amichevole - "Egregio vice presidente, Caro Matteo”, il vice premier Salvini – e poi sollecita un intervento non perché ci siano ragioni di pubblica sicurezza, ma perché i blocchi dei sindacati avrebbero portato, così è scritto, “nel periodo 2012-2018 perdite finanziarie per l’ammontare di alcuni milioni di euro, nonché arrecato danni per la reputazione del gruppo Lukoil”.
Questa lettera, di cui Repubblica è entrata in possesso, ha fatto scattare il “divieto di assembramenti” davanti agli ingressi delle raffinerie del gruppo russo. La premessa dell’ambasciatore Razov al “Caro Mattero” era alquanto esplicita: “La parte russa cerca sempre di creare le condizioni al massimo confortevoli per le aziende italiane che lavorano in Russia”. L’appello finale, accorato: “Vorremmo contare su una partecipazione più attiva delle autorità italiane nella soluzione del problema del più grosso investitore russo in Italia”. Risultato: il 12 aprile, il ministro dell’Interno Salvini ha girato la lettera dell’ambasciatore al prefetto di Siracusa (tramite l’ufficio Affari internazionali del suo Gabinetto – “protocollo numero 52/145/2/2F”) e il 9 maggio il prefetto Pizzi ha emesso l’ordinanza. “Divieto di assembramenti di persone e/o di automezzi” davanti ai dodici ingressi della zona industriale fra Priolo e Siracusa, dove continuano a manifestare i lavoratori dell’indotto, in parte già licenziati.

Il provvedimento ha sollevato parecchie polemiche, la Cgil ha provato a bloccarlo con un ricorso al Tar. E fra gli atti consegnati dalla prefettura per illustrare la decisione è finita pure la lettera dell’ambasciatore al “Caro Matteo”, accompagnata dalla nota del Viminale (firmata da vice capo di gabinetto Paolo Formicola) che sottolineava: “L’ambasciatore ha invocato una partecipazione più attiva delle autorità italiane nella soluzione del problema del più grosso investitore russo in Italia”.
I sindacati denunciano: “L’ordinanza del prefetto non è stata dettata da motivi di ordine pubblico o da particolari esigenze produttive – dicono il segretario della Cgil di Siracusa, Roberto Alosi, e il segretario confederale Giuseppe Massafra -. Piuttosto, quel provvedimento nasce in virtù di pressioni politiche che calpestano i principi più elementari del diritto di sciopero, della libertà di riunione e dei principi costituzionali”.
La Repubblica 24 luglio 2019

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