Gli operai, partecipando ad un
sit-in organizzato dal Movimento Aretuseo a cui ha aderito la Cgil, hanno tentato di far ritirare l’ordinanza, ma il Prefetto è
stato irremovibile. Oggi, con la pubblicazione del contenuto della lettera
della Lukoil a Salvini è tutto più chiaro. Prima gli interessi dei padroni
russi, dice Salvini!
Non solo ha sollecitato l’impegno
del prefetto, Salvini, ma l’ordinanza è di fatto incostituzionale perché, come
hanno ricordato anche i sindacalisti intervistati, le attività produttive in
questione non sono “servizio pubblico, che come è noto viene regolamentato da
particolari e specifiche norme” e si violano gravemente i diritti sindacali e il
diritto allo sciopero.
Salvini e il suo prefetto devono
essere rimossi a furor di popolo…
***
Dal quotidiano La Repubblica di oggi:
Lettera dei russi e il
Viminale stoppa le proteste a Priolo.
A Siracusa il divieto di
manifestare all'ingresso delle fonderie Isab del gruppo russo Lukoil
"suggerito" dall'ambasciata della Federazione
Di Salvo Palazzolo
Vietato scioperare davanti
all'ingresso delle raffinerie Isab di Priolo, che appartengono al gruppo
petrolifero russo Lukoil. Motivi di "ordine pubblico e pubblica
sicurezza", ha deciso il prefetto di Siracusa Luigi Pizzi, e così ha
confermato il Tribunale amministrativo regionale di Catania. Ma fra gli atti
dell'udienza spunta adesso una lettera dell'ambasciatore russo in Italia,
Sergey Razov, che
inizia con un tono amichevole - "Egregio vice presidente, Caro Matteo”, il vice premier Salvini – e poi sollecita un intervento non perché ci siano ragioni di pubblica sicurezza, ma perché i blocchi dei sindacati avrebbero portato, così è scritto, “nel periodo 2012-2018 perdite finanziarie per l’ammontare di alcuni milioni di euro, nonché arrecato danni per la reputazione del gruppo Lukoil”.
inizia con un tono amichevole - "Egregio vice presidente, Caro Matteo”, il vice premier Salvini – e poi sollecita un intervento non perché ci siano ragioni di pubblica sicurezza, ma perché i blocchi dei sindacati avrebbero portato, così è scritto, “nel periodo 2012-2018 perdite finanziarie per l’ammontare di alcuni milioni di euro, nonché arrecato danni per la reputazione del gruppo Lukoil”.
Questa lettera, di cui Repubblica
è entrata in possesso, ha fatto scattare il “divieto di assembramenti” davanti
agli ingressi delle raffinerie del gruppo russo. La premessa dell’ambasciatore
Razov al “Caro Mattero” era alquanto esplicita: “La parte russa cerca sempre di
creare le condizioni al massimo confortevoli per le aziende italiane che
lavorano in Russia”. L’appello finale, accorato: “Vorremmo contare su una
partecipazione più attiva delle autorità italiane nella soluzione del problema
del più grosso investitore russo in Italia”. Risultato: il 12 aprile, il
ministro dell’Interno Salvini ha girato la lettera dell’ambasciatore al
prefetto di Siracusa (tramite l’ufficio Affari internazionali del suo Gabinetto
– “protocollo numero 52/145/2/2F”) e il 9 maggio il prefetto Pizzi ha emesso
l’ordinanza. “Divieto di assembramenti di persone e/o di automezzi” davanti ai
dodici ingressi della zona industriale fra Priolo e Siracusa, dove continuano a
manifestare i lavoratori dell’indotto, in parte già licenziati.
Il provvedimento ha sollevato
parecchie polemiche, la Cgil ha provato a bloccarlo con un ricorso al Tar. E
fra gli atti consegnati dalla prefettura per illustrare la decisione è finita
pure la lettera dell’ambasciatore al “Caro Matteo”, accompagnata dalla nota del
Viminale (firmata da vice capo di gabinetto Paolo Formicola) che sottolineava:
“L’ambasciatore ha invocato una partecipazione più attiva delle autorità
italiane nella soluzione del problema del più grosso investitore russo in
Italia”.
I sindacati denunciano:
“L’ordinanza del prefetto non è stata dettata da motivi di ordine pubblico o da
particolari esigenze produttive – dicono il segretario della Cgil di Siracusa,
Roberto Alosi, e il segretario confederale Giuseppe Massafra -. Piuttosto, quel
provvedimento nasce in virtù di pressioni politiche che calpestano i principi
più elementari del diritto di sciopero, della libertà di riunione e dei principi
costituzionali”.
La Repubblica 24 luglio 2019
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