Un equipaggio di terra che vuole lanciare un ponte ideale con chi salva vite umane e subisce repressione, multe, sequestri, confische, campagne di fango che spaziano dal sessismo alla becera disumanità.
Parlando alla città e ai suoi turisti, illustrando le ragioni del diritto internazionale e il concetto di porto sicuro, smontando la retorica della criminalizzazione del binomio migranti-sicurezza.
Raccontando cosa accade in Libia, agitata come clava alternativa dagli specialisti della
comunicazione governativa che evidentemente non hanno tempo e modo né di leggere le Convenzioni Internazionali (Amburgo 1979 ) né tantomeno i rapporti delle Nazioni Unite ove si parla di lager, detenzione illegale, schiavitù, ricatti economici, stupri o in Tunisia, che non ha una legislazione completa sulla protezione internazionale.
Un presidio che alterna il linguaggio del diritto al farsi festa popolare con le jam session musicali, i laboratori di scrittura tutti giù per terra coi gessetti, la pergamena di arte di strada e ridisegna la morfologia della città perfetta con decine di barche di carta d’inciampo.
Un’intersezione di lotte che iniziano a parlarsi tra loro e che insieme mettono al centro la condizione dei migranti come laboratorio funzionale a precarietà, sfruttamento e smantellamento delle garanzie e dei diritti, come arma di distrazione di massa per distogliere l’opinione pubblica dai reali responsabili delle condizioni materiali ed economiche, cortina di fumo negli occhi per creare delle zone di senza diritto in cui sono legittimate deroghe alle libertà e ai diritti fondamentali e repressione.
Che denuncia l’iperbole crescente in virtù della quale oggi l’equazione migranti / sicurezza arriva alla sua punta massima: l’attacco diretto alla solidarietà e al dissenso contenuti nel Decreto Sicurezza bis e il ribaltamento del diritto internazionale e costituzionale finalizzato al tentativo di spezzare i legami sociali che si sono prodotti sul terreno della solidarietà attiva e dell’opposizione sociale.
Lo spostamento delle frontiere del mare e dei confini geografici al cuore delle città dove si costruiscono i CPR, le prigioni di Stato della nuova Era dove si realizza la detenzione amministrativa senza colpa penale e si muore abbandonati.
Un presidio che ripudia le leggi liberticide e disumane del XXI Secolo, quelle che hanno trasformato lo Stato sociale in stato penale grazie alla fabbrica permanente della paura e dell’odio sociale razziale.
Quest’anno la lotta non va in vacanza a Milano
Basta morti in mare, nessuna persona è illegale.
Qui il link al presidio https://www.facebook.com/
Qui il link al presidio contro il Decreto Sicurezza Bis lunedi 15 luglio https://www.facebook.com/
Parlando alla città e ai suoi turisti, illustrando le ragioni del diritto internazionale e il concetto di porto sicuro, smontando la retorica della criminalizzazione del binomio migranti-sicurezza.
Raccontando cosa accade in Libia, agitata come clava alternativa dagli specialisti della
comunicazione governativa che evidentemente non hanno tempo e modo né di leggere le Convenzioni Internazionali (Amburgo 1979 ) né tantomeno i rapporti delle Nazioni Unite ove si parla di lager, detenzione illegale, schiavitù, ricatti economici, stupri o in Tunisia, che non ha una legislazione completa sulla protezione internazionale.
Un presidio che alterna il linguaggio del diritto al farsi festa popolare con le jam session musicali, i laboratori di scrittura tutti giù per terra coi gessetti, la pergamena di arte di strada e ridisegna la morfologia della città perfetta con decine di barche di carta d’inciampo.
Un’intersezione di lotte che iniziano a parlarsi tra loro e che insieme mettono al centro la condizione dei migranti come laboratorio funzionale a precarietà, sfruttamento e smantellamento delle garanzie e dei diritti, come arma di distrazione di massa per distogliere l’opinione pubblica dai reali responsabili delle condizioni materiali ed economiche, cortina di fumo negli occhi per creare delle zone di senza diritto in cui sono legittimate deroghe alle libertà e ai diritti fondamentali e repressione.
Che denuncia l’iperbole crescente in virtù della quale oggi l’equazione migranti / sicurezza arriva alla sua punta massima: l’attacco diretto alla solidarietà e al dissenso contenuti nel Decreto Sicurezza bis e il ribaltamento del diritto internazionale e costituzionale finalizzato al tentativo di spezzare i legami sociali che si sono prodotti sul terreno della solidarietà attiva e dell’opposizione sociale.
Lo spostamento delle frontiere del mare e dei confini geografici al cuore delle città dove si costruiscono i CPR, le prigioni di Stato della nuova Era dove si realizza la detenzione amministrativa senza colpa penale e si muore abbandonati.
Un presidio che ripudia le leggi liberticide e disumane del XXI Secolo, quelle che hanno trasformato lo Stato sociale in stato penale grazie alla fabbrica permanente della paura e dell’odio sociale razziale.
Quest’anno la lotta non va in vacanza a Milano
Basta morti in mare, nessuna persona è illegale.
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