Caro compagno Maurizio Landini,
Ti scrivo a nome e per conto di Medicina Democratica e delle Reti per la salute in cui Md è presente (Rete Sostenibilità e Salute, Campagnadico32, Rete europea contro la commercializzazione e la privatizzazione della salute) per esprimere una preoccupazione e fare una proposta in merito al cd welfare aziendale.
Sicuramente sei informato e a conoscenza del 13esimo Rapporto sullo stato sociale (2019), curato dal prof. Felice Roberto Pizzuti, docente di economia dell’Università La Sapienza di Roma, che esamina complessivamente i problemi dello stato sociale. In esso
si approfondiscono anche i temi della sanità e dell’assistenza. Il rapporto sostiene che il welfare contrattuale è uno sconto fiscale per le imprese che oltretutto «fidelizzano» così il proprio dipendente. Aumenti contrattuali pagati tramite fondi defiscalizzati, destinati soprattutto alla sanità privata, tolgono risorse alla sanità pubblica per una stima di oltre due miliardi annui. Ciò si somma a quanto sta attuando il governo in modo chiaro od occulto. Il vantaggio per lavoratrici e lavoratori dalla sanità integrativa è solo apparente: evitano di fare code per visite ed esami ma questo comporta un aumento delle disuguaglianze (anche fra i lavoratori tutelati e coloro che non lo sono), un aumento di prestazioni sanitarie non giustificate e soprattutto ulteriore destrutturazione del Servizio Sanitario Nazionale. Chiediamo ai sindacati, in particolare alla Cgil, di ripensare il sostegno ‘pragmatico’ al welfare aziendale e – considerando che in una lettera si può dire anche meno dell’essenziale – di poterci confrontare direttamente.
Perché siamo in grado di dimostrare, sul piano sociale e scientifico, come la sanità integrativa (di fatto, privata) sia uno svantaggio per i lavoratori e per l’intera popolazione e che sarebbe meglio se la classe operaia, per sé e per tutti, difendesse quel Servizio Sanitario Nazionale, universale pubblico e partecipato, che anche i sindacati hanno voluto (Cgil-Cisl-Uil in un convegno promosso poco dopo la promulgazione della legge 23.12.1978 n. 833, ad Ariccia il 5/6/7 febbraio 1979).
Per fare ciò – lo ricordo come ex sindacalista ed ex metalmeccanico, presente a quel convegno – si rende necessaria, come fu allora detto e scritto, «una grande mobilitazione e una grande iniziativa popolare e di massa». Certo è passato del tempo e la riforma non è stata pienamente attuata, ma è meglio fondarsi sulle ragioni e sulle esperienze delle lotte contro la monetizzazione della salute, per la prevenzione e la partecipazione alla vita e al funzionamento del servizio sanitario nazionale, piuttosto che riproporre forme mutualistiche di sanità (come i fondi integrativi) che ci rimandano a un passato ancora più antico: alla legge 15 aprile 1886 n. 3818!
Nella speranza di essere ascoltato e convocato per una discussione, un seminario o altro, insieme alle associazioni nominate e agli esperti che le compongono, Ti invio i miei migliori saluti
* direttore responsabile Medicina Democratica, Milano
da ilmanifesto.it
Ti scrivo a nome e per conto di Medicina Democratica e delle Reti per la salute in cui Md è presente (Rete Sostenibilità e Salute, Campagnadico32, Rete europea contro la commercializzazione e la privatizzazione della salute) per esprimere una preoccupazione e fare una proposta in merito al cd welfare aziendale.
Sicuramente sei informato e a conoscenza del 13esimo Rapporto sullo stato sociale (2019), curato dal prof. Felice Roberto Pizzuti, docente di economia dell’Università La Sapienza di Roma, che esamina complessivamente i problemi dello stato sociale. In esso
si approfondiscono anche i temi della sanità e dell’assistenza. Il rapporto sostiene che il welfare contrattuale è uno sconto fiscale per le imprese che oltretutto «fidelizzano» così il proprio dipendente. Aumenti contrattuali pagati tramite fondi defiscalizzati, destinati soprattutto alla sanità privata, tolgono risorse alla sanità pubblica per una stima di oltre due miliardi annui. Ciò si somma a quanto sta attuando il governo in modo chiaro od occulto. Il vantaggio per lavoratrici e lavoratori dalla sanità integrativa è solo apparente: evitano di fare code per visite ed esami ma questo comporta un aumento delle disuguaglianze (anche fra i lavoratori tutelati e coloro che non lo sono), un aumento di prestazioni sanitarie non giustificate e soprattutto ulteriore destrutturazione del Servizio Sanitario Nazionale. Chiediamo ai sindacati, in particolare alla Cgil, di ripensare il sostegno ‘pragmatico’ al welfare aziendale e – considerando che in una lettera si può dire anche meno dell’essenziale – di poterci confrontare direttamente.
Perché siamo in grado di dimostrare, sul piano sociale e scientifico, come la sanità integrativa (di fatto, privata) sia uno svantaggio per i lavoratori e per l’intera popolazione e che sarebbe meglio se la classe operaia, per sé e per tutti, difendesse quel Servizio Sanitario Nazionale, universale pubblico e partecipato, che anche i sindacati hanno voluto (Cgil-Cisl-Uil in un convegno promosso poco dopo la promulgazione della legge 23.12.1978 n. 833, ad Ariccia il 5/6/7 febbraio 1979).
Per fare ciò – lo ricordo come ex sindacalista ed ex metalmeccanico, presente a quel convegno – si rende necessaria, come fu allora detto e scritto, «una grande mobilitazione e una grande iniziativa popolare e di massa». Certo è passato del tempo e la riforma non è stata pienamente attuata, ma è meglio fondarsi sulle ragioni e sulle esperienze delle lotte contro la monetizzazione della salute, per la prevenzione e la partecipazione alla vita e al funzionamento del servizio sanitario nazionale, piuttosto che riproporre forme mutualistiche di sanità (come i fondi integrativi) che ci rimandano a un passato ancora più antico: alla legge 15 aprile 1886 n. 3818!
Nella speranza di essere ascoltato e convocato per una discussione, un seminario o altro, insieme alle associazioni nominate e agli esperti che le compongono, Ti invio i miei migliori saluti
* direttore responsabile Medicina Democratica, Milano
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