martedì 25 giugno 2019

pc 25 giugno - L’Aquila - Silvia e Anna digiunano da 28 giorni. Solidarietà da parte delle detenute al 41 bis, ma anche dalle detenute nelle carceri spagnole e in Palestina

L’Aquila - Silvia e Anna digiunano da 28 giorni. Solidarietà da parte delle detenute al 41 bis, che dal 17 giugno eseguono battiture giornaliere della durata di mezz'ora l'una. Il Dap, intanto, ha disposto il trasferimento di Natascia Savio, anch'essa anarchica, sempre nell'inferno dell'AS2 di L'Aquila

L’Aquila, le anarchiche digiunano da 28 giorni

Anna Beniamino e Silvia Ruggeri manifestano per la detenzione. Solidarietà da parte delle detenute al 41 bis. Il Dap, intanto, ha disposto il trasferimento di Natascia Savio, altro membro del movimento

Sono passati 28 giorni e le due donne anarchiche Anna Beniamino e Silvia
Ruggeri, ancora continuano a fare lo sciopero della fame all’interno dell’alta sicurezza del carcere de l’Aquila, una sezione dove vigono regole restrittive che però non si discostano addirittura dalle cosiddette aree riservate del 41 bis e, teoricamente, ciò non dovrebbe accadere, così com’è stato denunciato dall’avvocata Caterina Calia tramite un reclamo al tribunale.
«Bevono solo una tisana, non prendono nemmeno un integratore, nulla», fa sapere il legale di Anna Beniamino. Uno sciopero della fame, così prolungato, che sta debilitando inevitabilmente sempre di più il loro corpo. Una di loro attende il medico autorizzato dal gip, ma da almeno 20 giorni – fanno sapere i legali – ancora non è giunto per la visita, nonostante più volte i difensori si sono recati in carcere per poter parlare, invano, con chi di dovere. Ma nel frattempo si è aggiunto un altro episodio.
Nonostante il clamore mediatico, almeno regionale, e la presa di posizione di alcuni politici della regione Abruzzo, in quella sezione è stata trasferita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria un’altra donna. Si chiama Natascia Savio, 35enne, anarchica anche lei, ed è stata arrestata il 21 maggio in Francia e tradotta nel carcere di Bordeaux. Dopodiché è stata estradata in Italia, di passaggio nel carcere di Rebibbia, per poi essere trasferita nella sezione As2 de L’Aquila. Anche Natascia ha intrapreso lo sciopero della fame.
Questo trasferimento, agli occhi delle detenute, è apparso come una provocazione visto che l’obiettivo dello sciopero è il trasferimento immediato presso un altro carcere e la chiusura della sezione dove sono recluse. Più passa il tempo, più aumenta a macchia d’olio la solidarietà da parte di altre detenute Oltre ai loro compagni anarchici reclusi in altre carceri, Infatti, sempre nel carcere de L’Aquila, le donne recluse al 41 bis, apprendendo la notizia dello sciopero della fame tramite il tg regionale, hanno cominciato ad intraprendere la battitura delle bottigliette di plastica come forma pacifica di solidarietà.

Uno sciopero della fame che non è una novità nella galassia anarchica. Negli anni 70 l’attuò Pasquale Valitutti, conosciuto per essere l’unico testimone della morte di Giuseppe Pinelli, volato dalla finestra dal quarto piano della questura di Milano. Oggi, malgrado da anni sia costretto a vivere su una sedia a rotelle, continua a manifestare e partecipare alle lotte politiche. Ma la sua storia, appunto, riguarda anche lo sciopero della fame che intraprese, quando, durante i cosiddetti anni di piombo, finì in prigione con l’accusa di lotta armata. Intraprese uno sciopero della fame che durò oltre un mese ed è lì che si ammalò.
Ma lo sciopero della fame è un metodo che fu applicato anche dagli anarchici degli anni 20. In primis da Errico Malatesta, il fondatore del famoso quotidiano “Umanità nuova” e uno dei principali teorici del movimento anarchico. Venne arrestato, ingiustamente, nel 1920 e intraprese uno sciopero della fame che gli minò le sue condizioni fisiche. Una pratica che però non va sempre a buon fine. Si può morire anche. L’ultima morte a causa dello sciopero della fame in carcere è avvenuta nel 2017. Parliamo di Salvatore “Doddore” Meloni, l’indipendentista sardo di 74 anni che stava scontando alcune condanne per reati fiscali. Dopo 50 giorni di carcere e 50 giorni di sciopero della fame aveva ricominciato a bere, ma quel corpo da gigante era gravemente fiaccato e morì in ospedale.

Di Damiano Aliprandi

Nabus, solidarietà di donne palestinesi
Da Milano
Da Brisbane, Australia
Solidarietà con le compagne in sciopero della fame

dal Centro Penitenziario Brians


Care compagne,
voglio mandare un forte saluto di solidarietà e ribellione alle compagne anarchiche prigioniere, che proprio ora sono in sciopero della fame nelle carceri italiane, e anche a tutti quelli braccati e solidali in strada.
È evidente il bisogno di lottare contro le carceri, l’isolamento e tutte le misure ogni volta più avanzate di sicurezza che applicano a tutti noi prigionieri e specialmente a quelli che lottano, presunti conflittuali, pericolosi o ritenute socialmente inadattati.


Il controllo (sociale, fisico e psicologico) così come la punizione e l’isolamento, sono i pilastri di base del sistema carcerario, qui come in tutto il mondo. Le regole del potere sono molto semplici, e chi le infrange, fuori, in strada, come dentro il carcere, sarà punito ed isolato da un ambiente più sociale e più tranquillo… rinchiuso in prigioni e in sezioni di isolamento che non sono altro che prigioni dentro la prigione. Spesso sono sezioni separate che non hanno nessun contatto con le sezioni ordinari, o in celle punitive che stanno all’interno delle sezioni ordinarie, dove le prigioniere possono interagire, solidarizzare, comunicare ma anche minacciare, ignorare o stigmatizzare le persone in isolamento.


Nello stato spagnolo esiste il sistema FIES (schedario dei detenuti a monitoraggio speciale), un sistema che controlla, registra e condiziona le prigioniere politiche o conflittuali. Il FIES 3 è concepito per le prigioniere di gruppi armati, originariamente pensato per ETA e altri gruppi organizzati, ma dove includono anche noi anarchiche condannate, accusate o indagate per terrorismo.
Ovviamente, come applicare le norme del FIES, dipende molto dal livello di pericolosità in base al quale lo stato ci classifica a ognuno e a quale carcere ci mandano.. può essere un isolamento molto leggero e anche simile al regime chiuso normale o può essere un isolamento molto duro e rigido.
All’inizio ci fanno passare dalla sezione di isolamento a Soto del Real (Madrid) dove ci sono 4 gallerie- 3 per gli uomini e una per donne. La galleria di donne ha dieci celle e a seconda dell’articolo che ha ognuna si esce insieme all’aria o no. La zona d’aria è minuscola, con filo spinato sul tetto. Non c’è assolutamente niente lì a parte un bagno di merda e spazzatura. Nelle celle, il letto, l’armadio, il tavolo e la doccia sono incassate. È permesso avere solo pochi oggetti personali, al massimo 2 libri che si possono cambiare una volta a settimana.
Non si possono tenere oggetti “pericolosi” come coltelli, tagliaunghie o pinze per più di mezz’ora (poi vengono riprese). Lo spesino passa una volta al giorno e ha pochissimi prodotti. Le istanze e le lettere si raccolgono una volta al giorno, quindi se una volesse parlare o cambiare qualcosa deve aspettare il giorno dopo. La luce si può regolare da dentro la cella ma solo se le funzionarie lo permettono, altrimenti la accendono e spengono loro da fuori.


Il numero di perquisizioni dipende da loro in base al momento e al motivo che trovano, ma sono molte, come anche i controlli con il metal detector o scanner metallici ogni volta che si esce dalla cella.
La cosa “buona” di qui -soprattutto a confronto con l’isolamento di altri paesi- è che di solito sono più permissivi con la comunicazione tanto verso fuori (chiamate giornaliere, vis a vis, colloqui anche in FIES) come tra prigionieri (parlare ore dalle finestre, passare lettere tra prigionieri..) così che uno non vive l’isolamento in modo così rigido come può essere per esempio nei paesi del nord Europa.


Ma se vogliono punire pesantemente qualcuna la possono tenere in sezioni di isolamento molto più duro, creare gallerie di isolamento totale..
Il cibo viene passato da un buco che si trova all’altezza della cintura e solo da lì si comunica con i funzionari- che non è nient’altro che un’umiliazione in più per cercare di far vacillare la forza della persona detenuta.
Dopo un periodo di osservazione provvisorio in isolamento che di solito dura alcuni mesi, normalmente si passa ai moduli di primo grado, che sono strutturati per “fare vita” lì per anni. Ma possono anche tenere le prigioniere specialmente punite- di solito per terrorismo- in un isolamento totale, senza quasi condividere nessuno spazio con altre detenute, o applicare articoli di massima sicurezza in caso di persone considerate molto pericolose...
Come sempre per punizione o per prevenzione.


Anche in Germania esistono sezioni di isolamento. A Colonia per esempio solo per gli uomini.. ma anche le donne possono finire isolate in questa sezione o in una sezione di regime normale. Poi ci sono anche celle di punizione estrema chiamate “bunker”dove è permesso avere solo un indumento fornito dal carcere, dove uno passa 24 ore solo senza finestre e senza il minimo contatto con l’esterno… ma di solito non si resta lì più di qualche giorno o al massimo poche settimane.


Nonostante questo, l’ingiustizia e l’impotenza vissute lì sono enormi. L’isolamento lascia sempre forti segni, è qualcosa che chi lo ha vissuto non scorderà mai, e lo sconvolgimento e la rabbia di averlo vissuto non possono che aumentare. Ci sono molte persone che a questo non sopravvivono. Tutto dipende moltissimo dalla forza mentale (e fisica) di ognuna e molto dall’appoggio e dalla solidarietà che arriva da fuori.


A livello politico è chiaro che cerchino di isolarci, non solo dalla società esterna ma anche dalle altre prigioniere, con le quali possiamo costruire complicità e coscienza della lotta contro questo sistema di punizione, carcere e autorità. Ma ogni azione di solidarietà che si vive dentro e fuori, e tutta la fermezza e determinazione nell’opporci al loro isolamento, così come a tutto il loro sistema di oppressione e miseria, dimostreranno che non potranno mai schiacciare noi e la nostra lotta e la nostra passione per la libertà totale.




FORZA, CALORE, AFFETTO E SOLIDARIETÀ PER LE COMPAGNE IN SCIOPERO DELLA FAME IN ITALIA! NON SIETE SOLE, LA LOTTA DEVE CONTINUARE!
CONTRO LA PUNIZIONE, L’ISOLAMENTO, IL CARCERE E QUALSIASI TIPO DI AUTORITÀ!
FINO A CHE TUTTE SAREMO LIBERE! 

Lisa 

Centro Penitenziario Brians 1 Giugno 2019


(Fonte: Rete Evasioni)

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