Qui Marx spiega come il proletariato, gli operai si trovano nella storia della lotta di classe a divenire il soggetto principale di una rivoluzione (borghese), di cui è protagonista ma che non gli appartiene.
Questo testo mostra la necessità, tutt'oggi, del proletariato, per non essere utilizzato al servizio di interessi di potere delle classi borghesi, di costruire la sua autonomia da tutte le altre classi, attraverso la sua organizzazione, programma e lotta indipendente.
La prima parte del testo riguarda gli
avvenimenti che vanno dal febbraio a giugno ‘48 – il sottotitolo
di Marx è “La disfatta del giugno 48” - egli racconta, descrive
come il potere borghese fosse nelle mani essenzialmente di una
frazione di essa, l’aristocrazia finanziaria ("D'ora innanzi regneranno i banchieri" diceva il banchiere liberale Laffitte), per cui il "disavanzo
dello Stato era... il vero e proprio oggetto della sua speculazione e la fonte
principale del suo arricchimento".
In questa situazione la principale opposizione in seno al potere borghese era la borghesia industriale, e tutte le altre classi e i loro esponenti non potevano che muoversi dentro questa dinamica principale del contrasto di classe.
In questa situazione la principale opposizione in seno al potere borghese era la borghesia industriale, e tutte le altre classi e i loro esponenti non potevano che muoversi dentro questa dinamica principale del contrasto di classe.
Marx dice che quando si sviluppò
questo contrasto, "la piccola borghesia in tutte le sue gradazioni e
ugualmente la classe dei contadini erano del tutto escluse dal potere
politico". Vale a dire, essi facevano parte dell’opposizione
ufficiale, ne erano i rappresentanti, ma non ne erano i gestori.
Queste classi diverranno protagoniste della lotta per il potere
politico solo quando saranno spinte dal proletariato, ma una volta
che questa spinta del proletariato si esercita, essi non potranno che
essere
gli strumenti del conflitto reale per soffocare le aspirazioni e la lotta del proletariato.
gli strumenti del conflitto reale per soffocare le aspirazioni e la lotta del proletariato.
Al centro del conflitto si pose
l’indebitamento dello Stato e il disavanzo dello Stato, come
uscirne, a chi farlo pagare. Marx continua: "Ogni anno un nuovo disavanzo. Dopo quattro o cinque anni un nuovo prestito offriva all'aristocrazia finanziaria una nuova occasione di truffare lo Stato che, mantenuto artificiosamente sull'orlo della bancarotta, era costretto a contrattare coi banchieri alle condizioni più sfavorevoli. Ogni nuovo prestito era una nuova occasione di svaligiare il pubblico... In generale la situazione instabile del credito pubblico e il possesso dei segreti di Stato offrivano ai banchieri e ai loro affiliati nelle Camere e sul trono la possibilità di provocare delle oscillazioni straordinarie improvvise, nel corso dei titoli di Stato; e il risultato costante di queste oscillazioni non poteva essere altro che la rovina di una massa di capitalisti più piccoli e l'arricchimento favolosamente rapido dei giocatori in grande".
Questa era la manifestazione pratica del conflitto interborghese. Ogni riforma in questo senso "naufragava davanti all’influenza dei banchieri" Era l’aristocrazia finanziaria che "faceva le leggi, dirigeva l’amministrazione dello Stato, disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati, dominava l’opinione pubblica coi fatti e con la stampa in tutti gli ambienti".
Questa era la manifestazione pratica del conflitto interborghese. Ogni riforma in questo senso "naufragava davanti all’influenza dei banchieri" Era l’aristocrazia finanziaria che "faceva le leggi, dirigeva l’amministrazione dello Stato, disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati, dominava l’opinione pubblica coi fatti e con la stampa in tutti gli ambienti".
Questo dominio esclusivo che Marx
bolla: “non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla
sommità della società borghese”, doveva essere rotto dalla
borghesia industriale che vedeva compromessi i propri interessi,
dalla piccola borghesia che era moralmente sdegnata, dalla classe dei
contadini che ne era oppressa e taglieggiata.
"Lo scoppio del malcontento generale, il passaggio dal disagio alla rivolta venne infine accelerato da due avvenimenti economici mondiali": la malattia delle patate e i cattivi raccolti, la crisi generale del commercio e dell’industria di provenienza inglese. Questo precipitare della crisi chiamò alla mobilitazione tutto il malcontento del popolo e dentro di esso l’ascesa in campo della classe operaia, che presente in forme assolutamente minoritaria nella società politica, con due soli rappresentanti, si trova, però, una volta chiamata in campo, a divenire il soggetto principe di una rivoluzione di cui è protagonista ma che non le appartiene.
Scrive Marx: "Il proletariato, imponendo la repubblica al governo provvisorio e, attraverso il governo provvisorio, a tutta la Francia, occupava d'un colpo il centro della scena come partito indipendente, ma in pari tempo gettava una sfida a tutta la Francia borghese. Ciò che esso aveva conquistato era il terreno della lotta per la propria emancipazione rivoluzionaria, ma non era certamente questa emancipazione".
"Come gli operai nelle giornate di luglio avevano conquistato la monarchia borghese, così nelle giornate di febbraio conquistarono la repubblica borghese", che "fece finalmente apparire senza veli il dominio della borghesia, poichè abbattè la corona, dietro alla quale si era nascosto il capitale".
Quindi, le parole d’ordine del proletariato erano quelle che favorivano oggettivamente la borghesia, ma il proletariato, per illusioni, idee, progetti, non ne è consapevole. Quando la borghesia sarà divenuta nella dinamica dello scontro sufficientemente forte per imporre il suo dominio, ridimensionando ma non cancellando l’aristocrazia finanziaria, apparirà nudo e crudo che per la borghesia il nemico principale è ed è divenuto il proletariato in rivolta.
(CONTINUA)
"Lo scoppio del malcontento generale, il passaggio dal disagio alla rivolta venne infine accelerato da due avvenimenti economici mondiali": la malattia delle patate e i cattivi raccolti, la crisi generale del commercio e dell’industria di provenienza inglese. Questo precipitare della crisi chiamò alla mobilitazione tutto il malcontento del popolo e dentro di esso l’ascesa in campo della classe operaia, che presente in forme assolutamente minoritaria nella società politica, con due soli rappresentanti, si trova, però, una volta chiamata in campo, a divenire il soggetto principe di una rivoluzione di cui è protagonista ma che non le appartiene.
Scrive Marx: "Il proletariato, imponendo la repubblica al governo provvisorio e, attraverso il governo provvisorio, a tutta la Francia, occupava d'un colpo il centro della scena come partito indipendente, ma in pari tempo gettava una sfida a tutta la Francia borghese. Ciò che esso aveva conquistato era il terreno della lotta per la propria emancipazione rivoluzionaria, ma non era certamente questa emancipazione".
"Come gli operai nelle giornate di luglio avevano conquistato la monarchia borghese, così nelle giornate di febbraio conquistarono la repubblica borghese", che "fece finalmente apparire senza veli il dominio della borghesia, poichè abbattè la corona, dietro alla quale si era nascosto il capitale".
Che non fosse questa l'emancipazione rivoluzionaria del proletariato, Marx lo spiega ulteriormente con la battaglia sul lavoro: "Marche,
un operaio, dettò il decreto con cui il governo provvisorio appena
costituito si obbligava ad assicurare mediante il lavoro l'esistenza
dei lavoratori, a provvedere lavoro a tutti i cittadini, ecc. E
allorquando, pochi giorni più tardi, il governo dimenticò le sue
promesse e sembrò aver perduto di vista il proletariato, una massa
di 20 mila operai marciò sull'Hôtel de Ville al grido di
Organizzazione
del lavoro! Costituzione di uno speciale ministero del lavoro!
Riluttante
e dopo lunghe discussioni, il governo provvisorio nominò una
commissione speciale permanente incaricata di trovare
i
mezzi per il miglioramento delle classi lavoratrici!... Come sala per le
riunioni venne assegnato il Lussemburgo. Così i rappresentanti della
classe operaia venivano banditi dalla sede del governo provvisorio... non era a loro disposizione nessun bilancio, nessun
potere esecutivo. Con la loro testa essi dovevano abbattere i
pilastri fondamentali della società borghese. Mentre il Lussemburgo
cercava la pietra filosofale, nell'Hôtel de Ville si batteva la
moneta a corso legale...
Gli
operai avevano fatto insieme con la borghesia la rivoluzione di
febbraio; accanto
alla
borghesia essi cercavano di far valere i loro interessi, allo stesso
modo che nel governo provvisorio stesso avevano istallato un operaio
accanto alla maggioranza borghese. Organizzazione
del lavoro! Ma
il lavoro salariato è l'attuale organizzazione borghese del lavoro.
Senza di esso non vi è né capitale, né borghesia, né società
borghese. Un proprio
ministero del lavoro!
Ma i ministeri delle finanze, del commercio, dei lavori pubblici, non
sono forse i ministeri borghesi
del
lavoro? Accanto
ad
essi un ministero proletario
del
lavoro non poteva non essere che un ministero dell'impotenza, un
ministero dei pii desideri, una commissione del Lussemburgo"
Quindi, le parole d’ordine del proletariato erano quelle che favorivano oggettivamente la borghesia, ma il proletariato, per illusioni, idee, progetti, non ne è consapevole. Quando la borghesia sarà divenuta nella dinamica dello scontro sufficientemente forte per imporre il suo dominio, ridimensionando ma non cancellando l’aristocrazia finanziaria, apparirà nudo e crudo che per la borghesia il nemico principale è ed è divenuto il proletariato in rivolta.
(CONTINUA)
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