(dal blog tarantocontro)
QUAL'E' QUESTO PIANO?
1)
L'Ilva di Taranto è la più grande fabbrica d'Italia con 10.980
lavoratori diretti (e 15mila famiglie) e 7.600 lavoratori dell'appalto e
indotto (e loro familiari). "Quindi - come scrive F. Pirro nell'articolo in foto - è la più
grande comunità di lavoro dell'intera Puglia e fra le maggiori del
Paese"; l'Ilva è il perno della produzione dell'acciaio; è il maggior
stabilimento siderurgico in Europa.
Quindi, di questo si deve parlare quando si parla di questa fabbrica e quando si prospettano "soluzioni".
2)
"ArcelorMittal è il primo produttore di acciaio al mondo, acquistando
il gruppo Ilva, vorrebbe creare una sua quarta 'business division' in
Europa. Taranto costituirebbe un completamento delle attività in Europa, con operazioni di "supporto alle altre divisioni"
La
produzione che ArcelorMittal intende mantenere in Ilva è soprattutto
quella dei laminati piani, e il suo mercato sarebbe l'Italia - "tuttora
il secondo mercato siderurgico d'Europa... sottraendo quote alla
concorrenza internazionale". Non è chiaro poi "quale fine sia prevista
dagli acquirenti per la produzione dei tuti che è tuttora, nonostante la
pesante flessione della domanda, un asset strategico dell'impianto con
un forte impatto occupazionale". Quindi, il piano di ArcelorMittal è
di ridimensionare, e non di poco, il mercato dell'Ilva, tagliare
l'export sui mercati esteri e limitare la vendita dell'acciaio Ilva solo
al mercato interno italiano, ridimensionando di conseguenza l'impianto
di Taranto, perchè gli altri mercati esteri li ha già "occupati" con le
altre produzioni in Europa. Quindi il taglio degli operai è posto dalla
Mittal come inevitabile e non modificabile conseguenza di questo
ridimensionamento. Limitare, poi, la produzione ai soli laminati piani,
eliminando quella dei tubi, può portare ad aumentare il numero degli
esuberi.
In
questo senso non sono certo le "trattative" a Roma che possono impedire
gli esuberi dei 3.331 lavoratori su Taranto che vuole la Mittal.
3) Sull'ambiente ArcelorMittal ci mette solo 1,15 miliardi fondamentalmente per contenere le
emissioni
nocive soprattutto di polveri; mentre sull'ipotesi di
decarbonizzazione "pur dichiarando di conoscere le tecnologie, la
questione della decarbonizzazione, la dinamica e il valore economico del
suo impiego - già sperimentato peraltro nel suo sito di Amburgo - non
lo ritiene nell'attuale contesto un'alternativa economica funzionante
per la produzione dell'acciaio".
Quindi, ArcelorMittal padrone come Riva e più di Riva, dice che è antieconomico.
E, anche qui, non è un tavolo romano, nè l'azione di Emiliano, che potrà fargli cambiare idea e intaccare i suoi profitti.
4)
Sulla cassa Depositi e Prestiti, la volontà di ArcelorMittal è quella
di avere "una partecipazione strategica dello Stato italiano", non
simbolica.
Quindi, lo Stato deve stabilmente foraggiare l'Ilva con i soldi pubblici dei cittadini.
5) Sull'indotto. L'intenzione della Mittal "parrebbe quella di internalizzare molte attività". Quelle che non verranno internalizzate dovrebbero, come dice
l'articolo, sperare che Governo, Regione e Associazioni di categoria,
facciano un grande progetto di riposizionamento competitivo, certo -
aggiunge - senza fughe in avanti o nell'utopia...".
Quindi,
in concreto, vuol dire che buona parte degli operai dell'appalto
verrebbero messi fuori. Mentre per i lavoratori internalizzati sarebbe
scontato l'assunzione da zero, col jobs act, azzerando livelli e
diritti.
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