Ikea,
respinto il ricorso della mamma licenziata. Il giudice: "Atto
legittimo"
La donna non rispettava i turni per accudire il figlio
disabile
Pubblicato il 4 aprile 2018
Corsico (Milano), 4 aprile
2018 - Ricorso respinto. Marica Ricutti, la mamma
39enne single licenziata da Ikea a perché non rispettava i turni per accompagnare il
bambino disabile alle terapie, aveva fatto ricorso contro il provvedimento
dell’azienda che l’aveva lasciata a casa dopo averle contestato ritardi sul
lavoro e cambi turno non autorizzati. Niente da fare: il giudice di Milano ha
respinto la richiesta valutando i
comportamenti dell’ex dipendente «di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente», ha detto il giudice. Consentita quindi «l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo».
A fine novembre, quando la lavoratrice era stata
licenziata, si erano moltiplicate le manifestazioni di solidarietà, anche da
parte dei colleghi di Ikea e delle sigle sindacali. Ikea ha continuato a
difendere il proprio operato ritenendo il rapporto di lavoro compromesso dal
comportamento di Ricutti. Ora il giudice dà ragione, con le stesse motivazioni,
al colosso svedese. La donna aveva chiesto, attraverso il ricorso, il reintegro
e il risarcimento del danno, spiegando che i nuovi turni assegnati in modo
meccanico non le consentivano di prendersi cura dei suoi due figli e, per
questo, aveva continuato a lavorare seguendo i vecchi orari. Un comportamento inaccettabile
per Ikea che aveva deciso di licenziare la donna perché
«l’autodeterminazione degli orari di lavoro - avevano spiegato
dall’azienda - ha messo in difficoltà i colleghi». L’avvocato di Ikea, Luca
Failla, ha così commentato: «La decisione restituisce la verità dei fatti a una
vicenda che in questi mesi è stata interpretata in maniera strumentale, diffondendo
tra l’opinione pubblica un’immagine di Ikea che non corrisponde ai valori che
esprime nel suo impegno quotidiano verso clienti, dipendenti e fornitori
comportamenti dell’ex dipendente «di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente», ha detto il giudice. Consentita quindi «l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo».
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