Appello-Assemblea per un 25 Aprile di LiberAzione
Il razzismo abbiamo visto moltiplicarsi le aggressioni neofasciste e la violenza xenofoba fino alla tentata strage di Macerata e all'assassinio di Firenze!
La drammatica sequenza di femminicidi, di violenze (fisiche, morali, economiche) e la conseguente strumentalizzazione del corpo delle donne contro cui si sta sollevando un movimento femminista sempre più connesso e globale, racconta quanto profonde siano ancora le radici del modello patriarcale/capitalistico.
Gli attacchi prodotti attraverso le politiche di destra e reazionarie, accompagnati da un comunicazione mainstream modellata sul discorso della donna- vittima da difendere (retorica abbracciata dalle destre nazionali) dal carnefice (molto spesso nero e/o straniero) hanno prodotto e favorito deliranti forme di propaganda razzista, fascista e sessista da cui è necessario liberarsi.
Un discorso pericoloso che, attraverso le politiche del “decoro”, del controllo e della repressione urbana, trascrivono nell'asetticità di un linguaggio quasi “sanitario” la logica della guerra ai poveri e alle soggettività divergenti, a chi è eccentric*, marginale o indecoros* rispetto al canone dominante,
proponendolo come capro espiatorio del rancore sociale. Nel Sud questi dispositivi si combinano con la governance di un'area storicamente subalterna, in cui gli stereotipi e la razzializzazione dei meridionali servono a occultare la realtà di un territorio marginalizzato nelle politiche economiche, oppresso con l'arma del debito e “condannato” allo sfruttamento ambientale e alla ghettizzazione di fasce crescenti della popolazione.
Se i principali leader xenofobi come l’anti-meridionale Salvini sono oggi alle soglie del governo, le loro priorità dettano invece già da tempo l'agenda politica di quasi tutti i partiti. I nostri governanti fanno infatti affari con gli aguzzini dei migranti e dei rifugiati mentre condannano chi soccorre donne, uomini e bambini dalla morte certa nel mare; alimentano la guerra in tutta la sponda sud del Mediterraneo mentre stringono le mani insanguinate di dittatori come il presidente turco Erdogan in ragione del business e della militarizzazione delle frontiere.
Il nostro antifascismo non è perciò solo memoria storica, ma critica e resistenza a questi processi, è l'urgenza di condividere le lotte e le esperienze per liberarci dalla cappa della discriminazione, della repressione, delle oppressioni, dello sfruttamento o della marginalizzazione delle nostre esistenze.
Guardando ai nostri territori, Napoli si è immaginata in questi anni come laboratorio vitale in divenire di sperimentazione culturale e politica, di lotte, di mutualismo, di riappropriazione, di apertura di spazi e di beni comuni, di connessioni dal basso oltre i meccanismi di confinamento che ingabbiano le nostre vite quotidiane e riteniamo necessario partire da queste pratiche di lotta per ripensare alle possibili forme di liberazione da mettere in campo quotidianamente.
Crediamo che sia possibile e necessaria la costruzione di un’alfabeto di una nuova liberazione, partendo dal protagonismo, dai corpi, dalle voci di chi vive sulla propria pelle le discriminazioni di razza, di genere e di classe, attraverso l’internazionalità delle lotte in grado di rompere gli schemi del conflitto orizzontale per presentare il conto ai poteri che davvero ci opprimono per un nuovo modello di società possibile. Ricostruire così, contro la barbarie, la capacità di connettere esperienze sociali e di lotta, di unire quel che il potere vuol dividere, sulla base delle rivendicazioni di condizioni di vita migliori per tutti.
Facciamo perciò appello a tutte e tutti, persone, realtà di base, collettività, movimenti di lotta per confrontarci e costruire un 25 aprile con le parole, i corpi, l'energia delle soggettività e delle realtà che non si arrendono al razzismo, al sessismo, al neofascismo, alla precarizzazione economica e sociale delle nostre esistenze.
Una giornata di mobilitazione ma anche di espressione della ricchezza di esperienze, di pratiche, di lotte e di linguaggi che nella nostra città sfidano la miserabile cappa in cui vogliono ingabbiarci.
La drammatica sequenza di femminicidi, di violenze (fisiche, morali, economiche) e la conseguente strumentalizzazione del corpo delle donne contro cui si sta sollevando un movimento femminista sempre più connesso e globale, racconta quanto profonde siano ancora le radici del modello patriarcale/capitalistico.
Gli attacchi prodotti attraverso le politiche di destra e reazionarie, accompagnati da un comunicazione mainstream modellata sul discorso della donna- vittima da difendere (retorica abbracciata dalle destre nazionali) dal carnefice (molto spesso nero e/o straniero) hanno prodotto e favorito deliranti forme di propaganda razzista, fascista e sessista da cui è necessario liberarsi.
Un discorso pericoloso che, attraverso le politiche del “decoro”, del controllo e della repressione urbana, trascrivono nell'asetticità di un linguaggio quasi “sanitario” la logica della guerra ai poveri e alle soggettività divergenti, a chi è eccentric*, marginale o indecoros* rispetto al canone dominante,
proponendolo come capro espiatorio del rancore sociale. Nel Sud questi dispositivi si combinano con la governance di un'area storicamente subalterna, in cui gli stereotipi e la razzializzazione dei meridionali servono a occultare la realtà di un territorio marginalizzato nelle politiche economiche, oppresso con l'arma del debito e “condannato” allo sfruttamento ambientale e alla ghettizzazione di fasce crescenti della popolazione.
Se i principali leader xenofobi come l’anti-meridionale Salvini sono oggi alle soglie del governo, le loro priorità dettano invece già da tempo l'agenda politica di quasi tutti i partiti. I nostri governanti fanno infatti affari con gli aguzzini dei migranti e dei rifugiati mentre condannano chi soccorre donne, uomini e bambini dalla morte certa nel mare; alimentano la guerra in tutta la sponda sud del Mediterraneo mentre stringono le mani insanguinate di dittatori come il presidente turco Erdogan in ragione del business e della militarizzazione delle frontiere.
Il nostro antifascismo non è perciò solo memoria storica, ma critica e resistenza a questi processi, è l'urgenza di condividere le lotte e le esperienze per liberarci dalla cappa della discriminazione, della repressione, delle oppressioni, dello sfruttamento o della marginalizzazione delle nostre esistenze.
Guardando ai nostri territori, Napoli si è immaginata in questi anni come laboratorio vitale in divenire di sperimentazione culturale e politica, di lotte, di mutualismo, di riappropriazione, di apertura di spazi e di beni comuni, di connessioni dal basso oltre i meccanismi di confinamento che ingabbiano le nostre vite quotidiane e riteniamo necessario partire da queste pratiche di lotta per ripensare alle possibili forme di liberazione da mettere in campo quotidianamente.
Crediamo che sia possibile e necessaria la costruzione di un’alfabeto di una nuova liberazione, partendo dal protagonismo, dai corpi, dalle voci di chi vive sulla propria pelle le discriminazioni di razza, di genere e di classe, attraverso l’internazionalità delle lotte in grado di rompere gli schemi del conflitto orizzontale per presentare il conto ai poteri che davvero ci opprimono per un nuovo modello di società possibile. Ricostruire così, contro la barbarie, la capacità di connettere esperienze sociali e di lotta, di unire quel che il potere vuol dividere, sulla base delle rivendicazioni di condizioni di vita migliori per tutti.
Facciamo perciò appello a tutte e tutti, persone, realtà di base, collettività, movimenti di lotta per confrontarci e costruire un 25 aprile con le parole, i corpi, l'energia delle soggettività e delle realtà che non si arrendono al razzismo, al sessismo, al neofascismo, alla precarizzazione economica e sociale delle nostre esistenze.
Una giornata di mobilitazione ma anche di espressione della ricchezza di esperienze, di pratiche, di lotte e di linguaggi che nella nostra città sfidano la miserabile cappa in cui vogliono ingabbiarci.
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