Lenin, in questa seconda parte del capitolo sulla "critica dell'imperialismo", affronta
“la famosa teoria dell'ultra imperialismo” escogitata da Kautsky,
vale a dire una visione per cui alla lotta tra i capitali finanziari
nazionali si sostituisca l'alleanza di questi capitali per “ lo
sfruttamento generale del mondo per mezzo del capitale finanziario
internazionale unificato”.
La conseguenza di questo
ragionamento, che Lenin stigmatizza subito, è che se così fosse si
affermerebbe una pace generale, venendo meno i contrasti tra capitali
e tra imperialismi. Un'aspirazione, dice Lenin, ipocrita e di tipo
cristiano, volta a consolare piccolo borghesi e operai, proprio
quando essi soffrono e verificano la catena di morti che le guerre
producono.
Lenin dice che
rappresentare così le cose significa dire che l'imperialismo non è
poi una cosa tanto cattiva, perchè se portasse alla creazione di un
“ultra” o “inter” imperialismo, ci sarebbe appunto la pace
permanente.
Le cose non stanno così.
Perchè è costante nell'imperialismo la lotta degli uni contro gli
altri per
tutelare e ampliare possedimenti, interessi e sfere di
influenza.
Certo, vi sono alleanze,
ma esse servono a condurre meglio la lotta degli uni contro gli
altri, o, quando si tratta di alleanze generali, esse sono
temporanee.
Lenin fa riferimento, per
esempio, alla lega delle potenze imperialiste nei rapporti con la
Cina; ma, appunto, per riaffermare che è impossibile pensare, come
di fatto fa Kautsky, che queste alleanze siano di lunga durata ed
escludono “attriti, conflitti e lotte nelle forme più
svariate”.
Chiarisce, ulteriormente,
Lenin: “In regime capitalista non si può pensare a nessun altra
base per la ripartizione delle sfere di interesse e di influenza
delle colonie, che non sia la valutazione della potenza dei
partecipanti alla spartizione, della loro generale potenza economica,
finanziaria, militare”.
Rapporti
di potenza originati dallo sviluppo diseguale in regime capitalista,
delle imprese, dei trust, dei rami d'industria, dei paesi. Rapporti
di potenza in continua modifica, quindi, ed esigenti una costante
nuova ripartizione.
Lenin
è tassativo su questo “Si può immaginare che nel corso
di 10, 20 anni i rapporti di forza tra le potenze imperialiste
rimangano immutati? Assolutamente No”.
Nell'imperialismo
di oggi e di questi ultimi decenni, l'imperialismo americano assume
il ruolo di potenza egemone, ma in nessuna maniera questo ha a che
fare con una visione che ne fa una potenza egemone unica, come
molti nel nostro campo sostengono, confondendo “principale”, “più
forte” con “unica”.
Il
mondo è caratterizzato da altre potenze imperialiste, anch'esse di
forza diseguale, e le contraddizioni tra di esse sono costanti e cova
continuamente l'esigenza di una nuova ripartizione.
Solo
chi guarda unicamente all'aspetto militare dell'imperialismo può
pensare che la forza militare egemone degli Usa ne faccia potenza
egemone unica. Chi sostiene questa teoria o un'interpretazione di
essa, anche nel nostro campo, finisce per proporre un fronte unito
mondiale, quando vi sono le contraddizioni locali e internazionali
con l'imperialismo americano, che comprenda l'alleanza, l'”occhio
particolare”, la considerazione come “male minore” delle altre
potenze imperialiste.
La
visione dell'imperialismo soltanto come potenza militare è alla base
di una teoria della violenza – come la chiamerebbe Engels – o
teoria dell'onnipotenza della guerra – come la chiamerebbe Mao Tse
tung – che, appunto, Engels, Mao demoliscono come teoria
soggettivista che ben si raccorda non con l'analisi di Lenin
dell'imperialismo e la guerra, ma con le teorie kautskiane dell'ultra
imperialismo.
Per
essere semplici per i nostri lettori, Lenin ci insegna che anche in
un mondo come quello di oggi dominato dall'imperialismo americano e
la sua dominante potenza militare, le guerre dipendono dalle leggi
del sistema imperialista e non certo solo dalla politica del governo
americano.
Quando
utilizziamo il libro di Lenin per la formazione degli operai non è
nostra intenzione svolgere una banale opera divulgativa, bensì
“conficcare” nella testa di chi vuol comprendere, tra operai,
proletari, militanti delle lotte sociali e politiche, i capisaldi di
una visione scientifica della realtà che deve guidare l'osservazione
dei fenomeni che avvengono nel mondo e le guerre di ogni tipo che
l'attraversano. Solo armati di questi concetti scientifici, che Lenin
ribadisce in mille forme ne L'Imperialismo, è possibile pensare con
la propria testa e orientarsi negli avvenimenti internazionali che
scorrono nei nostri telegiornali e che si manifestano quotidianamente
con massacri e orribili e quotidiane carneficine.
Chiedersi
il perchè di tutto questo, non subordinarsi alle visioni ecumeniche
che, per esempio, il papa interpreta, o alla retorica pacifista che,
dall'Onu all'ultima associazione, ampiamente si diffonde, è ciò che
occorre.
Lenin
dice: “Le alleanze “inter-imperialistiche” o
“ultra-imperialiste” non sono altro che un “momento di respiro”
tra una guerra e l'altra”. “Le alleanze di pace preparano le
guerre e a loro volta nascono da queste; le une e le altre forme si
determinano reciprocamente e producono, su di un unico e identico
terreno, dei nessi imperialistici e dei rapporti dell'economia
mondiale e della politica mondiale, l'alternarsi della forma pacifica
e non pacifica della lotta”.
La
complessità del concetto leninista produce la semplicità
dell'analisi concreta della situazione concreta delle attuali guerre
che attraversano il mondo.
Sottrarsi
a questa analisi significa fare come Kautsky “presentare agli
operai un'astrazione morta per riconciliarli...”.
Ogni
analisi concreta delle alleanze inter-imperialiste è spiegabile non
con il desiderio di pace ma con i conflitti che le attraversano nei
confronti delle altre alleanze e all'interno di esse.
L'alleanza
inter-imperialista, che nel linguaggio comune può essere chiamata,
ad esempio in Europa “polo imperialista europeo”, non è un
“polo” ma un'alleanza i imperialisti in conflitto con altri
imperialisti, è un'alleanza temporanea, per i conflitti che
attraversano gli stessi paesi imperialisti europei.
Fondare
una politica proletaria non sulla lotta contro l'imperialismo nel suo
complesso in generale e contro il proprio imperialismo in
particolare, ma contro il cosiddetto “imperialismo europeo”, è
una confusa politica che non ha fondamento nell'analisi scientifica
di Lenin ma solo nella visione pacificata e superficiale di esso.
L'altro
elemento fondamentale posto da Lenin è il nesso tra imperialismo e
reazione. La portata strategica di questo nesso è decisiva per i
proletari per capire la tendenza agente nei paesi imperialisti, dove
vanno a parere le politiche dei governi e come alla fine non sia un
problema del governo del momento, ma di come questi governi
realizzano la tendenza generale.
Scrive
Lenin: “L'imperialismo è l'era del capitale finanziario e poi
dei monopoli, che sviluppano dappertutto la tendenza al dominio, non
già alla libertà. Da tali tendenze risulta un'intensa reazione, in
tutti i campi, in qualsiasi regime politico, come pure uno
straordinario acuirsi di tutti i contrasti anche in questo campo.
Specialmente si acuisce l'oppressione delle nazionalità e la
tendenza alle annessioni, cioè alla soppressione dell'indipendenza
nazionale (giacchè annessione significa precisamente soppressione
dell'autodecisione delle nazioni”; delineando così un nesso
indissolubile tra imperialismo e inasprimento dell'oppressione dei
popoli.
E' in
questo nesso indissolubile tra imperialismo e reazione e tra
imperialismo e oppressione dei popoli che c'è la matrice interna di
quella che chiamiamo “moderno fascismo”, “moderno” nella
forma perchè corrisponde alla forma attuale della società, ma
“fascismo” come i precedenti, nel suo essere manifestazione
dell'indissolubile legame tra imperialismo e reazione, che non è
certo di oggi ma di tutta l'epoca dell'imperialismo.
Così come è nell'indissolubilità del legame tra imperialismo e oppressione dei popoli l'aumento senza posa delle forze militari.
Così come è nell'indissolubilità del legame tra imperialismo e oppressione dei popoli l'aumento senza posa delle forze militari.
Il
primato dell'azione militare, e quindi delle guerre, nei paesi
oppressi dall'imperialismo rende indispensabile che ogni lotta di
liberazione nazionale si sviluppi con la guerra di liberazione. Ma
ciò non vuol dire che essa debba essere guidata da un primato del
pensiero militare. Il primato è quello del pensiero scientifico,
che, per quanto riguarda l'imperialismo, ci è consegnato da Lenin in
forma definitiva.
Lenin
stesso dice “l'imperialismo porta ad annessioni e
all'inasprimento dell'oppressione nazionale, e, per conseguenza,
all'intensificazione della resistenza”.
Lenin
sostiene, in polemica con Kautsky, che bisogna mettere chiaramente in
luce questo inasprimento e che esso è alla base della
“impossibilità, nell'epoca dell'imperialismo, di rimanere uniti
con gli opportunisti”.
Ma
Lenin colloca questo sempre nella visione mondiale dell'imperialismo
e nella capacità di definire gli imperialismi e la loro contesa.
Quando un popolo lotta contro l'imperialismo Usa, è del tutto
naturale che gli imperialismi avversari si facciano paladini dei
popoli in lotta e condannino l'azione dell'imperialismo americano. Ma
questo non è altro che il desiderio di appropriarsi di quei paesi e
dominare quei popoli al posto dell'imperialismo americano.
Questo
è ciò che Lenin definisce opportunismo e per cui indica
l'impossibilità di rimanere uniti con gli opportunisti che mettono
in ombra questa questione.
Vale a
dire, celare ogni contrasto con gli imperialisti, o sotto le vesti
della teoria dell'imperialismo unico, o sotto le vesti
dell'imperialismo amico, esprime posizioni inconciliabili col
marxismo e ha lo scopo di mantenere l'unità o di convergere con
l'opportunismo nel movimento operaio.
Questo
Lenin, occupandosi di Kautsky, lo fa in particolare contro
“l'opportunismo nel movimento operaio europeo”.
E
questa battaglia è attuale oggi ancora più di ieri.
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