LEGGI SPECIALI E MOVIMENTO
NO-TAV: L'IRRESPONSABILITA’ DELLA PROCURA TORINESE
22/10/2016
L'edizione cartacea odierna del
quotidiano “La
Stampa ” di giovedì 13
ottobre, a pagina 44, riportava virgolettata un'affermazione del
Procuratore Generale Saluzzo,
secondo il quale le richieste di almeno 140 anni di carcere per 47
attivisti
No TAV sono giustificate dal fatto che “la
presa di distanza dai fatti contestati non ci sarà mai: la radicata convinzione
di essere nel giusto
e che lo Stato stia sbagliando non verrà mai ritrattata”.
e che lo Stato stia sbagliando non verrà mai ritrattata”.
Il procedimento giudiziario, a cui
la richiesta di condanna si riferisce, è relativo agli scontri avvenuti il
27
giugno del 2011, dopo lo sgombero del presidio permanente
ribattezzato “Libera
Repubblica della Maddalena”, e del 3 luglio dello stesso anno
nei pressi della centrale elettrica di Chiomonte,
durante una grande manifestazione di protesta.
Dalla dichiarazione riportata
abbiamo così appreso che l'obiettivo perseguito dalla Procura
di Torino non è la valutazione degli eventuali reati commessi
dai manifestanti, ma l'abiura da parte degli accusati, il loro riconoscimento
che lo Stato ha ragione a fare l’Alta Velocità in Val
di Susa e a militarizzare un intero
territorio.
Questa frase suona particolarmente
inquietante, perché non può non riportare alla mente un periodo della nostra
storia lontano dal presente (anche se non troppo), quello a cavallo fra la fine
degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, quando il conflitto fra le
organizzazioni della sinistra rivoluzionaria che praticavano la lotta armata e
lo Stato si fece durissimo, lasciando una lunga scia di sangue.
Non è questa la sede per un
dibattito storico-politico sulla complessità di quel periodo, interessa qui solo
evidenziare come, sull’onda della “emergenza
terrorismo”, a partire dalla metà del decennio 1970-1980
furono varati una serie di provvedimenti (come la “Legge
Reale”, l’istituzione delle carceri speciali, la legge
Cossiga del febbraio 1980, solo per fare alcuni esempi) e
imbastiti una serie di processi (come, sempre per esempio, il “7 aprile” contro
l’Autonomia padovana e parte del Processo Tobagi
per quella milanese) che di fatto portarono alla sospensione a
tempo indeterminato dei diritti individuali e collettivi previsti dalla
Costituzione.
A queste scelte, si aggiunse la legislazione sui “pentiti” (1982), tesa
formalmente a contribuire alla sconfitta della lotta armata in Italia, ma che di
fatto puntava anche all’ottenimento (per l’appunto) dell’abiura
politica, non solo da parte dei “terroristi”, ma anche da parte
dei militanti delle organizzazioni e dei movimenti “legali” che venivano messi
nel grande calderone della “sovversione”.
Le
leggi speciali degli anni Settanta e Ottanta, se ottennero (non da sole, ma
questa è un’altra storia che si tratterà in altra occasione) la sconfitta del
movimento armato, provocarono però al tempo stesso sofferenze e disastri umani e
sociali irreparabili. Eppure sembra che la “filosofia
dell’emergenza”, che impregnò molte Procure italiane in quel
periodo, permanga ancora in modo sostanziale a Torino (e forse non solo).
Le enormi differenze di contesto
storico e politico fra ieri e oggi imporrebbero un maggiore buon senso, una
maggiore sobrietà, soprattutto per chi si trova a giudicare degli ipotetici
reati commessi in un contesto di grande conflittualità sociale come è oggi
la Val di Susa.
Invece, la
Procura torinese sembra determinata a utilizzare una ricetta
che produsse già danni all’epoca, immaginiamoci ora.
Ne è riprova non solo la
dichiarazione del Procuratore Generale Saluzzo sopra riportata, ma anche lo
svolgere i processi
contro i No TAV nell’aula bunker del carcere delle
Vallette (utilizzata normalmente per i processi contro reati di
mafia o terrorismo), il tentativo (poi fallito) di costituire un
pool “anti No TAV”, ma soprattutto quello di imbastire
procedimenti giudiziari relativi ad azioni violente contro cose (come l’incendio
di un compressore) in attentati con finalità di terrorismo (articolo 270 del
Codice Penale rivisitato dalla Legge 155 del 31 luglio 2005, la famosa
“Legge
Pisanu”). Finora, sia la Corte
d’Appello di Torino, sia la Cassazione
hanno
rigettato l’accusa di terrorismo, ma la procura di Torino ha di
nuovo presentato ricorso in Cassazione.
Alla fine degli anni
Settanta,
Norberto Bobbio, citato da Nanni
Balestrini e Primo
Moroni nel famoso libro “L'orda
d'oro”, affermava che “il compito di questi apparati disciplinari
dovrebbe essere quello di equilibrare il diritto di rappresentanza dei movimenti
sociali con le esigenze di gestione e di riproduzione delle democrazie. Quando
ciò non avviene, quando vengono alterati unilateralmente gli statuti e le regole
del gioco, si apre un conflitto dagli esiti
imprevedibili”.
Oggi, nel 2016 e quindi in un
contesto completamente diverso da quello in cui scriveva Bobbio, l’atteggiamento
irresponsabile di Procure come quella di Torino non lascia dormire sonni
tranquilli.
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