(Da Il Manifesto del 11.7.13)
Respinta
la richiesta dei detenuti: la nutrizione forzata prosegue anche durante
il Ramadan. Il messaggio disperato di un prigioniero al suo avvocato:
«Il mondo è indifferente»
«Guantanamo è la barbarie del ventunesimo
secolo... È l'immagine sporca di Obama e della sua amministrazione...
Guantanamo sarà lo stigma per ogni americano che invochi la democrazia e
invoca la libertà». Inizia così la lettera scritta da un detenuto di
Guantanamo al suo legale, David Remes, giurista e avvocato dei diritti
umani che ha concesso al manifesto di pubblicarla. «Perché questo
silenzio? Tutti dovrebbero chiedersi perché tanta violenza nei nostri
confronti. E così a lungo. I tribunali vengono messi a tacere. I giudici
tacciono. Il mondo è indifferente. I media sono in gran parte assenti.
Eppure è una tragica storia. Un essere umano dovrebbe essere in grado di
difendersi, se la situazione continua saremmo costretti a intraprendere
la più tragica e difficile, ma semplice, delle decisioni, perché non ci
rimane altra opzione di fronte all'umiliazione della dignità umana»,
conclude la drammatica missiva.
Sono 166 i detenuti che da oltre
dieci anni restano rinchiusi in questo gulag sull'isola di Cuba,
spogliati di ogni dignità umana, senza avere diritto a un processo e
all'habeas corpus. Centosei di loro hanno aderito allo sciopero della
fame iniziato il 6 febbraio scorso, 45 tra questi sono nutriti
forzatamente perché in precarie condizioni fisiche, anche durante il
Ramadan appena iniziato. Il governo degli Stati uniti ha infatti
respinto la loro richiesta di interrompere la pratica almeno nei giorni
del digiuno islamico.
«Non abbiamo alcuna intenzione di interrompere
la nutrizione forzata con i sondini e lasciar morire di fame i
prigionieri durante il Ramadan. Vorrà dire che da oggi praticheremo
l'alimentazione forzata durante la notte e prima dell'alba per rispetto
della religione islamica», è stata la risposta del portavoce militare di
Guantanamo, Robert Durand, pervenuta ai 100 avvocati che avevano
presentato un ricorso per il rispetto dei diritti «etici e morali»
affinché venisse interrotta, o almeno sospesa, questa «tortura crudele e
inumana» della nutrizione forzata.
Una pratica crudele, che anche
l'ufficio dei diritti umani dell'Onu considera tortura e violazione del
diritto internazionale, che costringe il prigioniero a essere legato a
forza a una sedia, soprannominata dai fornitori del carcere «cella a
rotelle». Un documento del Pentagono rivela altri dettagli delle norme
seguite dai militari dello Standard Operating Procedure: una maschera
viene applicata alla bocca del detenuto per evitare che questi sia
tentato di sputare o mordere mentre i secondini inseriscono una sonda
nello stomaco, e per sedare il dolore o lo stimolo al vomito
somministrano un sedativo, il Reglan, i cui effetti, a lungo andare,
provocano depressione fino al suicidio.
«È meglio il rischio di
morte in cui incorriamo rifiutando il cibo, è la nostra scelta,
piuttosto che continuare la detenzione a Guantanamo senza speranza di
uscirne se non in una bara», ha dichiarato telefonicamente un detenuto
all'avvocato David Remes, che sta seguendo 13 dei prigionieri in
sciopero della fame. È grazie a legali come lui che la barbarie di
Guantanamo riesce a uscire fuori dalla barriera di filo spinato che
circonda il carcere. Come fu nel caso di Samir Naji al Hasan Moqbel,
prigioniero yemenita, rinchiuso dal 2002 senza accuse formali, che
raccontò delle tremende condizioni di prigionia e della crudeltà del
sondino naso-gastrico ai suoi avvocati che hanno raccolto la sua
testimonianza pubblicata poi in un editoriale dal New York Times
l'aprile scorso.
L'illegalità di Guantanamo è stata più volte
denunciata all'amministrazione Obama: da Navi Pillar commissaria delle
Nazioni unite per i diritti umani, dall'associazione mondiale dei
medici, da Amnesty international, ma sebbene Obama continui a promettere
una soluzione, la chiusura del supercarcere non sembra all'ordine del
giorno nei programmi dell'amministrazione Usa. L'ultima decisione del
dipartimento di Giustizia lo dimostra chiaramente.
Tra le situazioni
più tragiche c'è quella di 96 yemeniti innocenti, prosciolti già da
Bush nel 2006 e dallo stesso Obama nel 2009, che ormai non hanno più
speranza di uscire vivi. Da maggio sono rinchiusi in celle di totale
isolamento cui si è aggiunta una recente duplice tortura. Per comunicare
con il proprio avvocato o i familiari devono sottoporsi a un'umiliante
perquisizione fisica per due volte: in uscita dal campo 6 e al ritorno
in cella. «Non riesco ad avere più nessuna notizia dai miei clienti, pur
di evitare la duplice tortura evito di chiamarli - dice David Remes -
Temiamo un altro suicidio o un altro caso di morte, come fu per Adnan
Latif, mio cliente, per dieci anni a Guantanamo, innocente, è uscito dal
carcere in una bara». «Il Pentagono - aggiunge Remes - ha redatto una
inchiesta di 80 pagine per dimostrare che Latif è morto per 'eccesso di
narcotici e antidepressivi'. Una risposta per evitare la responsabilità
di una morte per suicidio indotto, che resterà impunita».
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