La trasversalità del voto a favore del decreto salva-Riva alla Camera
e che si ripeterà sicuramente al Senato, mostra senza ombra di dubbio
che l'interesse di fondo di tutti i partiti di destra, di centro o di
falsa "sinistra", del parlamento, è quello della difesa degli interessi
del capitale. La diversità e le contese tra i partiti sono su chi debba
gestire il potere politico della borghesia, tant'è che tutte queste
diversità, litigi, vengono meno appena l'interesse superiore (quello
dell'economia, dei profitti dei padroni) si impone chiaro.
Il voto
sul decreto non testimonia un menefreghismo verso le realtà del sud o
verso Taranto, per cui la risposta dovrebbe essere più parlamentari
jonici nel prossimo parlamento, ma una politica nazionale che quando si
fa sul serio, quando si passa dalle chiacchiere e promesse alla realtà,
si mostra chiara per quello che è e non può non essere in questo
sistema: contro gli interessi degli operai, dei proletari e delle masse
popolari, tutte e in tutti le città e posti di lavoro.
I
pochissimi voti contrari non solo sono assolutamente innocqui, ma
avvalorano la necessità di abbandonare ogni illusione (anche nelle prossime elezioni) che mandando una
"persona brava" in parlamento cambi qualcosa.
Al di là
del merito del provvedimento salva-Riva del governo tecnico Monti/Clini
(e su questo fino in fondo appoggiato dal 'prode' Napolitano, verso cui
però ancora si scrivono, anche da Taranto, inutili lettere per inutili e
indegne risposte), ciò che ne mostra la natura di dittatura è proprio
la forma del decreto, l'imposizione, la blindatura. Una volta che l'Ilva
viene considerata nei fatti "sito di interesse nazionale strategico",
sono gli interessi strategici dei padroni, nazionali e internazionali,
che devono imporsi sempre e comunque.
Il decreto, quindi, è contro
una messa a norma e un risanamento ambientale che metta in discussione
la libertà di produrre e soprattutto il profitto di Riva; il decreto
stabilisce un lavoro forzato sotto padrone e sotto controllo dello
Stato, in una fabbrica resa franca da norme e diritti, prima di tutto
dei lavoratori.
Ma, a "strategia" di dittatura dei
padroni, a una politica che fa carta straccia delle sue stesse regole e
leggi, non si può a questo punto rispondere con una lotta "normale" come
se le regole vengano rispettate da tutti, o solo denunciando le
"regole" infrante; si deve a questo punto rispondere con altrettanta
battaglia "strategica". E quella dei lavoratori e delle masse popolari
deve avere come obiettivo il potere proletario, attraverso il
rovesciamento di questo parlamento, questi governi comitati d'affari dei
padroni, questo sistema basato sul profitto, sullo sfruttamento e
l'attacco alla vita dei proletari. Occorre una lotta prolungata, di
operai e masse popolari unite, che inizi proprio col rompere quelle
"Regole", sia negli obiettivi che nelle forme di lotta, con la guerra di
classe in fabbrica e la rivolta popolare e proletaria in città.
Su
questo gli operai e le masse popolari di Taranto possono scrivere una
pagina positiva, possono dare un contributo nazionale, possono far
diventare "Taranto strategica" di una via diversa e vincente della
battaglia per il lavoro e la salute, SE SI LIBERANO DI FALSE IDEE E
FALSE GUIDE.
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