Che cosa unisce l’inserto di Operai Contro distribuito alla manifestazione del 16 ottobre a Roma e il comunicato del (n)Pci del giorno dopo la manifestazione?
Operai Contro scrive: “Ovunque ci sono operai che respingono i ricatti padronali… ovunque ci sono operai che non accettano di farsi chiudere le fabbriche… ovunque ci sono operai che … si rendono conto che bisogna fare i conti con i sindacalisti compromessi… ovunque ci sono operai che politicamente non si sentono rappresentati da nessuno ma anzi vogliono contare politicamente in modo indipendente…
qui vive il partito operaio informale… i suoi insediamenti sono già potenzialmente operativi, in ogni fabbrica, in ogni luogo di lavoro dove ci sono operai, in ogni punto del mercato mondiale… Per gli operai, partito operaio.”
Il (n)Pci scrive: “… Con la manifestazione di sabato a Roma la linea della costituzione del Governo di Blocco Popolare non è più solo la linea indicata dal Partito comunista. Per la prima volta l’hanno presa in mano le masse popolari, in una grande iniziativa di massa. La linea della costituzione del GBP sabato è scesa in campo sulle gambe, con i sentimenti e la volontà di centinaia di migliaia di operai, lavoratori dei più diversi settori, donne, giovani, immigrati, intellettuali. E’ stata l’anima di una grande manifestazione indetta dalla Fiom con l’adesione di migliaia di OO e di OP… E la Fiom può tener fede al ruolo che ha assunto con la grande mobilitazione di sabato solo mettendosi con ancora maggiore coscienza e determinazione alla testa del movimento delle OO e delle OP per la costituzione del loro governo d’emergenza, il GBP… tutti i comunisti e gli elementi avanzati devono mobilitarsi… per convincere i personaggi che per la posizione che già occupano nella vita sociale possono diventare oggi promotori del movimento per la costituzione del GBP e domani membri del GBP..”.
In questa occasione non vogliamo entrare nel merito delle posizioni sbagliate che stanno a monte e a valle dei discorsi sopra riportati – e per il (n)Pci ce ne sono a iosa – ma mostrare che essi sono due facce della stessa medaglia in un aspetto: entrambe (pur se sembrano opposte, in quanto Operai Contro dice che solo e soltanto gli operai possono lottare contro “la classe dei padroni e dei loro rappresentanti”; mentre il (n)Pci parla di fatto di un fronte così ampio che arriva anche a settori della classe dominante e “del clero”), entrambe, però, hanno un unico risultato: quello di lasciare le cose come stanno. Entrambe, infatti, - l’una rispetto al compito della classe operaia di costruire il partito comunista come reparto d’avanguardia, l’altra rispetto al compito del proletariato di non limitarsi a fare la lotta sindacale ma sviluppare la lotta politica rivoluzionaria – arrivano ad esaltare l’esistente. Operai Contro propagandando lo spontaneismo operaista, con il suo inevitabile compagno, l’economicismo: gli operai così come sono devono costruire il partito; il (n)Pci propagandando il democraticismo riformista: la via della Fiom e dei personaggi autorevoli al potere.
Operai Contro vede nella manifestazione di sabato 16 il partito informale. Lenin si rivolterebbe nella tomba; perché qui siamo ancora più indietro di ciò che Lenin criticava ai mescevichi: il partito comunista non può essere fatto dall’ultimo scioperante; OC si spinge ancora più in là: non solo l’ultimo scioperante potrebbe essere membro del partito comunista ma addirittura l’ultimo operaio che non accetta i piani del padrone. Se tanto mi dà tanto, se il partito è “ovunque”, se il partito sono tutti gli operai che hanno il “coraggio di gridare” contro i padroni, se i partito sono gli operai che si rendono conto che “bisogna fare i conti con i sindacalisti compromessi”; allora se il partito è ovunque, vuol dire che il partito non c’è; se sono tutti del partito allora vuol dire che non è nessuno del partito. E quindi proprio chi parla ogni giorno di “partito operaio” non lavora per il partito come reparto d’avanguardia della classe operaia che può essere costruito solo dai membri più avanzati della classe: dai proletari comunisti.
Il (n)Pci vede, per conto suo, nella manifestazione del 16 “il primo passo della strada per costituire il Governo di Blocco Popolare”. Potremmo dire: “tu te la canti e tu te la suoni” e sbrigarcela qui.
Non si vuole guardare la realtà, non si vuole fare un’analisi concreta della situazione concreta. Ci si auto soddisfa di aver portato la “propria bandiera”.
Ma il (n)Pci fa anche di peggio: invece di contrastare l’illusione riformista presente tra gli operai ed emersa anche nella stessa manifestazione del 16, invece di separare gli interessi di classe degli operai e dei lavoratori dalla linea della stessa Fiom, delle forze politiche riformiste presenti nella manifestazione, la alimenta, e chiama gli operai, i lavoratori, i giovani, le donne, gli immigrati, ecc., a non stare a sottilizzare, ad unire tutti, ad affidarsi a queste forze (“… qualche responsabilità per quello che ha fatto o per quello che non ha fatto, di azione o di omissione ce l’ha. Ma non è questo il punto. Il punto è la posizione e il ruolo che oggi assume di fronte ad una crisi…”)
Noi pensiamo che i due ostacoli presenti nelle fila della classe operaia sono l’economicismo con la sua manifestazione principale nel riformismo e il democraticismo.
Tra gli operai, oggi, anche nei momenti più radicali di scontro, anche nei settori più combattivi nella lotta, agiscono e sono da freno queste linee e concezioni.
Tra gli operai non c’è ancora una coscienza e azione adeguata al salto fatto dallo scontro di classe, non c’è adeguata comprensione che oggi questo scontro è nella fase del fascismo padronale (di cui l’espressione più chiara è la Fiat e il piano Marchionne) e della marcia verso il moderno fascismo da parte del governo, dello Stato; c’è ancora l’illusione di poter ottenere con la lotta sindacale, anche radicale, con la strada legale, la difesa dei propri interessi di classe. Tuttora il livello di opposizione degli operai ai piani padronali e governativi è inadeguato – i più radicali salgono sui tetti; non c’è ancora la comprensione che contro i fascismo padronale la linea della difesa dura è impotente e occorre passare ad una linea d’attacco. Tra gli operai, anche tra i settori in lotta trova ancora troppo spazio una linea, concezione e pratica democraticista che si illude di poter opporre le ragioni degli operai alle ragioni delle controparti; una concezione che oppone la difesa della democrazia sindacale, della lotta a coloro che sono già sul terreno del fascismo.
Sul problema della necessità della costruzione del partito comunista, siamo ancora più indietro.
Pochi e ancora momentanei sono i segnali di controtendenza.
E la manifestazione del 16 ottobre è stata uno specchio in positivo soprattutto, ma anche in negativo di questa situazione. Ha dimostrato nella sua ampissima partecipazione che, si può dire, tutti gli operai di tutte le fabbriche, che la stragrande maggioranza dei lavoratori di tutti i posti di lavoro vogliono opporsi all’attacco di padroni e governo. Ma nello stesso tempo è stata troppo normale, ordinaria/ordinata, troppo lo specchio di una potenzialità che o va avanti o rischia di andare indietro.
Non avere come scopo principale, all’interno del sostegno a tutte le lotte degli operai, mentre si portano avanti in prima persona le lotte e nel farlo farne crescere la loro forza, antagonismo con padroni, governo e Stato, la coscienza dello scontro in atto, quello della critica, della lotta politica, pratica, ideologica a queste deviazioni, è quantomeno avere la vista corta, ma nel concreto lasciare le cose come stanno, esaltare gli operai ma per cristallizzare il loro attuale livello di coscienza sia sul piano dello scontro di classe sia sul piano della battaglia politica che ha ora al centro la costruzione del partito comunista di tipo nuovo, marxista leninista maoista.
Questo fanno, ognuno nel loro campo, Operai Contro sul terreno del partito, il (n)Pci sul terreno della battaglia politica e della sua prospettiva.
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