LETTERA APERTA
Il movimento di solidarietà con la Palestina in Italia ha sempre dichiarato che la voce decisiva sulla Palestina spetta ai palestinesi: "Sulla Palestina decidono i palestinesi", dicono. È un principio essenziale, che dovrebbe guidare ogni iniziativa. Tuttavia, vediamo con crescente preoccupazione come, anche nelle occasioni più importanti, si moltiplichino i tentativi da parte di qualcuno di parlare a nome dei palestinesi, strumentalizzando la causa palestinese per interessi di parte, spesso personali o limitati a visioni politiche italiane, lontane dai bisogni e dalle istanze del popolo palestinese. L’assemblea del 9 novembre a Roma è solo l’ultima occasione in cui vediamo manifestarsi questa dinamica. Essa è stata convocata in modo discutibile, escludendo o marginalizzando quelle realtà palestinesi che, negli ultimi mesi, hanno svolto un ruolo cruciale nelle mobilitazioni e nell’informazione sulla nostra causa in Italia. L’intenzione di alcuni gruppi italiani sembra orientata non a sostenere la lotta palestinese, ma a costruire un coordinamento nazionale italiano sulla Palestina, destinato a decidere autonomamente le strategie del movimento, come se si trattasse di una causa “esterna” di cui gli italiani possono disporre a piacimento, riducendo il popolo palestinese al ruolo di spettatore.
Questo tipo di atteggiamento è inaccettabile. Esso rappresenta un tentativo di delegittimare le voci
palestinesi più radicali e impegnate, per cercare di spoliticizzare la nostra lotta, riducendola a un problema umanitario, senza mai affrontare le questioni fondamentali di colonialismo, occupazione e resistenza. La lotta palestinese è una lotta politica e di liberazione: non può essere ridotta a un semplice appello alla “pace” astratta o alla riconciliazione fine a sé stessa. Le adesioni a questa assemblea includono gruppi che, sotto la retorica della "pace", hanno posizioni normalizzatrici, vicine al sionismo e ai suoi sostenitori.Non a caso troviamo chi, opponendosi alla manifestazione del 5 ottobre e con la piazza del 12 ottobre a Roma ha provato, fallendo, a dividere il movimento e i palestinesi tra “buoni e cattivi”. Peccato che questo gioco non funzioni più, perché ormai tutti, in Palestina e nel mondo, sanno chi sono i “palestinesi” cattivi e chi li rappresenta.
Chiunque voglia veramente sostenere il popolo palestinese e la sua causa deve dimostrarlo non solo dichiarandosi solidale, ma rispettando e sostenendo le decisioni prese dalle organizzazioni palestinesi che in questo momento portano avanti la linea di un movimento di liberazione nazionale. Sostenere la causa palestinese non significa soltanto parlare "per" la Palestina, ma lasciare che siano i palestinesi a decidere i percorsi, i tempi e le priorità della loro lotta. Significa essere presenti e coerenti soprattutto quando la resistenza si manifesta con forza e determinazione, come hanno fatto moltissimi gruppi e militanti italiani che in quest'anno durissimo sono stati al nostro fianco, riconoscendo il nostro sforzo costante per cercare l'unità e il dialogo con tutti senza però transigere sui principi politici fondamentali dettati dalla resistenza palestinese. Siamo certi che anche il 9 a Roma saranno presenti moltissimi sinceri sostenitori della nostra causa, e a questi ci appelliamo, oltre il 9 e il 30 novembre, per costruire un fronte unito contro il sionismo e il Governo della guerra.
La lotta per la liberazione della Palestina non ha bisogno di normalizzatori né di intermediari; non ha bisogno di ONG che spogliano questa lotta della sua essenza politica per ridurla a una questione umanitaria, neutrale, che può essere “gestita” senza mettere in discussione le fondamenta stesse del problema, cioè il sionismo che altro non è che una manifestazione dell'imperialismo occidentale. Non possiamo accettare che il movimento di solidarietà si trasformi in un’appendice delle politiche italiane o europee che intendono disinnescare la resistenza, rendendo la nostra causa inoffensiva e accettabile per tutti.
Non aderiamo all’assemblea del 9 proprio perché non possiamo accettare che le organizzazioni palestinesi che fino ad ora hanno messo in campo la linea politica e pratica più coerente e avanzata, siano relegate al ruolo di ospiti o simboli, in un contesto in cui si parla di noi senza di noi. Il 9 si proverà a presentare una nuova piattaforma per la manifestazione nazionale del 30 novembre. Noi ribadiamo che l’unica piattaforma con cui scenderemo in piazza è quella che abbiamo difeso il 5 ottobre frutto della convergenza di tutte le organizzazioni palestinesi in Italia.
Giovani Palestinesi d’Italia - GPI
Unione Democratica Arabo Palestinese - UDAP
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