domenica 13 ottobre 2024

pc 13 ottobre - Il governo verso una manovra "lacrime e sangue" per proletari e masse popolari

da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 9 ottobre

Tagli, tagli, tagli…. così si è presentata la Meloni parlando della prossima legge di bilancio e il ministro Giorgetti ci ha messo il carico dicendo che bisogna fare sacrifici per 5 miliardi. Ora, 5 miliardi sembrano pochi rispetto alle loro stesse cifre, parlano di una manovra che si aggira intorno a 24/25 miliardi complessivamente, alla quale mancherebbero almeno 10 miliardi. Quindi bisogna trovare questi 10 miliardi. Giorgetti è stato tacciato di vaghezza da Bankitalia, dai padroni stessi perché nel documento che è stato presentato in Parlamento ci sono solo delle cifre indicative, delle percentuali. Ancora non si sa esattamente di quanto e come sarà questa manovra che deve essere presentata entro ottobre in Parlamento e poi all'Unione europea e approvata entro fine anno.

I dati di Giorgetti sono stati ribaltati dalla Meloni che continua a fare propaganda sulla crescita del paese, sulla crescita dell'occupazione, sulla crescita di tutti i dati positivi, salvo che poi viene costantemente smentita dai dati effettivi, dall’Istat stessa, ma anche da Bankitalia, con la quale si è pure offesa per aver messo fuori il dato della cosiddetta “crescita”, perché non sarà più l'1 virgola qualcosa - che era già niente - ma sarà lo 0,8 o lo 0,6.

I dati di Giorgetti si devono adeguare poi a trovare questi 10 miliardi. La soluzione sembra quella di

sempre, cioè mettere le tasse per trovare soldi; e quelle per le grandi masse, anche se sono relativamente poche, danno un grande introito. Le tasse sono le accise sul diesel, cioè aumenterà il costo del gasolio, ma aumenteranno le difficoltà soprattutto per chi viaggia per lavoro e in generale per i trasportatori, cosa che si scaricherà per forza di cose sull'aumento dei prezzi e quindi sull'inflazione.

Poi ci sarà la tassa sulle sigarette che è sempre una di quelle cose che trovano per facilitare aumenti di incassi subito per il governo. Un dato di questi giorni è che le entrate tributarie fino ad oggi addirittura sono aumentate di 23 miliardi. Questo ci dice che i soldi ci sono ma il governo li utilizza a modo proprio e vedremo come.

Per quanto riguarda la manovra che colpisce le masse popolari, prendiamo ad esempio la sanità. Il governo dice che vuole mantenere in percentuale quella che era prima; ma nella sostanza diminuisce, come viene segnalato da più parti e non solo per le liste d'attesa che sono diventate uno scandalo internazionale, ma per la qualità del servizio, per i dati stessi che l'ultimo G7 ha messo in luce per cui siamo gli ultimi per spesa, non solo per spesa sanitaria ma anche per infermieri, e noi aggiungeremo per i medici, per i 600.000 lavoratori alla sanità il cui contratto non è stato rinnovato. Questi sono ulteriori risparmi per il governo.

I tagli se li devono fare tutti i ministeri, ma in particolare quelli dei servizi: sanità, scuola, servizi in generale per le masse, il trasporto pubblico. E poi una delle cose che non si vedono ma che ricadrà ancora sui servizi generali per le masse sono i tagli ai Comuni, alle Regioni, agli Enti locali. I Comuni si sono già ribellati dicendo che non può essere, che così non saranno in grado forse più nemmeno di pagare gli stipendi ai propri dipendenti. 

Quindi la parola tagli è già significativa dell'impostazione generale che si vuole dare a questa manovra finanziaria.

Bisogna dire che i soldi ci sono non solo per l'aumento delle entrate tributarie con questi 23 miliardi, ma per ammissione esplicita degli esperti e dello stesso Mattarella. Perché Mattarella, in più di un'occasione, ha ripetuto che da trent'anni almeno il governo è a posto con i conti perché è da trent'anni che ci sono gli avanzi primari, ciò significa che lo Stato incassa più di quanto spende.

I soldi ci sono ma perché “spariscono”? Spariscono per uno dei problemi più grossi che è tipico del sistema capitalistico, che è quello del pagamento degli interessi sul debito.

L'Italia è uno dei paesi più indebitati al mondo e su questo debito, che è nelle mani a sua volta dei ricchi, sia italiani che all'estero devono pagare un interesse. Attualmente siamo intorno a 90 miliardi l'anno, che sono quattro volte quasi una la finanziaria di quest'anno. Basterebbero benissimo per risolvere tantissimi problemi, ma il sistema capitalistico questo è: cioè i padroni sono loro che gestiscono tramite i loro rappresentanti politici, in questo caso il governo della Meloni insieme a Salvini e a Forza Italia, e che garantiscono questi interessi della classe. Si vede con l'avanzo primario che se ne va tutto in interessi arricchendo ulteriormente quella fetta piccolissima degli italiani che hanno miliardi di patrimonio.

Ma poi c'è il problema dei due pesi e due misure dei governi su come si rapportano con i padroni. Ci ricordiamo tutti che la Meloni fin dall'inizio ha detto che non bisognava toccare i padroni che producono, lo ha ripetuto, lo sta mantenendo e lo sta facendo. E qui c'è una cosa un po’ curiosa, tant'è che quando si parla di soldi da trovare anche i padroni vorrebbero dare una mano - naturalmente a modo loro – dicendo che i patrimoni non si toccano, quindi nessuna patrimoniale, e non si toccano gli extraprofitti, cioè quei profitti che vanno oltre il profitto normale che le grandi aziende sia finanziarie che industriali fanno “normalmente” in un mercato “internazionale” del Capitale, ma anche approfittando di alcune questioni, per esempio l'aumento dei tassi e dell'inflazione galoppante, cercano di fare nelle condizioni date. Quindi non toccare questi, non toccare quelli.

Però i padroni, vista la difficoltà, hanno dato un suggerimento alla Meloni: hanno detto di ricevere 120 miliardi l'anno di detrazioni fiscali in tutti i modi, dalla più piccola azienda alla più grande. Loro, quindi, incassano ogni anno 120 miliardi e chiedono di togliere una parte di questi che chiamano in inglese “tax expenditures”, almeno 1 miliardo e mezzo. Che non sono niente, ma questo ci dà il senso di come i padroni siano garantiti fino in fondo in questo sistema capitalistico.

Ma c'è un'altra cosa vergognosa per il modo in cui la borghesia non riesce nemmeno a trattare i propri affari: c'è il famoso PNRR. Ci sono soldi da spendere, i giornali riportano di 44/45 miliardi da spendere, se non di più. Di questi ne sono stati spesi solo 8 o quasi 9. Si sono incartati, è un cancro interno al modo di produzione capitalistico, alla burocrazia e al tentativo dei vari partiti di appropriarsi, di gestire, in un modo o nell'altro, questi fondi ai fini elettorali di ogni tipo.

Le ricadute sulla classe operaia, sulle masse popolari, sulle pensioni, di cui ogni volta si dice che dovrebbero aumentare, e siamo al ridicolo dell'aumento di 7 € della pensione minima, così come siamo al ridicolo sulle famose 100 € a Natale per comprare il giocattolino ai bambini - ma solo a una parte dei cosiddetti “aventi diritto”, cioè solo a chi ha figli, come piace tanto alla Meloni, saranno pesanti.

Sarebbe logico che le masse popolari si ribellassero, si rivoltassero, dessero un primo segnale forte di opposizione a questa manovra. Ma tra le masse siamo ai primi tentativi di opposizione, nelle discussioni, nell'arrabbiatura generale. Ma questa opposizione non si vede nemmeno da parte dei partiti ufficiali, se non a parole, se non la denuncia del fatto che questa manovra reintroduce l'austerity e prevede “lacrime e sangue”, ma fino a questo momento siamo soltanto alla denuncia.

Non parliamo delle organizzazioni sindacali confederali, quelle che oramai sono parte del sistema, che rispetto a questa esplicita sfida di un governo che vuole andare avanti, che se ne frega delle possibili manifestazioni, non fanno in realtà niente.

La manovra va pertanto avanti e la risposta popolare si dovrà fare sentire a fronte di una manovra finanziaria che peggiorerà - e di molto - le condizioni di vita e di lavoro del proletariato e delle masse popolari. Il proletariato deve organizzarsi, deve trovare le sue forme per dare la risposta giusta alla manovra del governo fascista della Meloni.

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