E' fastidiosa la pretesa demagogica delle burocrazie dei sindacati di base di parlare di “sciopero generale”.
Quello che è certo è che contingenti di lavoratori, precari, disoccupati, studenti e pezzi di movimento saranno in lotta e in piazza, con la giusta ambizione di rappresentare gli interessi proletari e popolari di tutti.
Qui importante è in che misura questo si collega, influisce, possa essere un segnale reale per il mondo delle fabbriche e quale è il tipo di presenza operaia che raccoglie l’appello alla lotta e comincia a fare la sua parte.
Bisogna lavorare per questo, contro il sindacalismo confederale vera gabbia mortale della classe operaia e puntello dell’imperialismo nelle fila operaie.
E’ chiaro che la giornata del 2 dicembre è una continuità della lotta in corso e delle manifestazioni fatte prima contro il governo Draghi oggi contro la Meloni. Ma non è ancora un nuovo inizio. E di questo occorre consapevolezza, innanzitutto di chi dirige e organizza. In questo senso quello che non serve è esaltarle come grandi lotte, numeri da gonfiare. Perché solo se riusciamo a costruire il nuovo inizio dentro questa fase di crisi, tendenza alla guerra, reazione aperta, noi abbiamo, sia pure in un difficile presente, un sentiero da percorrere della lotta generale, dello sciopero generale, della trasformazione dello sciopero generale in sciopero politico.
proletari comunisti/PCm italia
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