Uno scritto di Chiara Martini - Collettivo Starfish su "Donne migranti ignorate dal dibattito" (pubblicato si Tavolo 4 - vedi in calce) riporta di fatto la questione di quale lotta delle donne e per quale prospettiva.
Tutto l'articolo, nell'indicare l'inadeguatezza del Decreto rilancio in merito al lavoro femminile e alla "regolarizzazione" delle migranti, fa una utile denuncia della condizione delle "invisibili tra le invisibili", le donne straniere braccianti e delle molteplici forme di oppressione e abusi che subiscono e del fatto che "queste situazioni difficilmente emergono e difficilmente vengono denunciate".
Il problema sono le conclusioni. Dove di scrive: "Per questo motivo solo un approccio intersezionale e di genere può aiutare a individuare, comprendere e cercare di scardinare le realtà sopra descritte. I concetti di discriminazione multipla e intersezionalità offrono infatti strumenti analitici, teorici e retorici per interrogare la distribuzione asimmetrica di potere all’interno delle nostre società e forniscono una cornice grazie alla quale si possono mostrare e comprendere le molteplici oppressioni che affliggono determinate persone".
Ecco, questa conclusione, apparentemente oggettiva, in realtà non è corretta:
1) si individuano le varie e intrecciate forme di oppressione, ma si nasconde l'origine e il "collante" di questa condizione di "segregazione fisica, sociale, psicologica ed esistenziale" (come viene indicata nel testo), che è alla base e determinante, la condizione di classe;
2) dire "condizione di classe" significa porre la discriminante principale, ma non significa affatto non fare la necessaria analisi, approfondimento di come si articola nelle donne questa condizione; un'analisi che non è affatto statica e sempre uguale ma che deve essere continuamente aggiornata, perchè alle forme vecchie di oppressione si uniscono o si intrecciano le forme "moderne" di oppressione, che aumentano per le donne immigrate. Quindi per noi dire "base, determinante" non coincide affatto con "esaustivo", nè dire "classe" porta a comprimere le complesse forme di oppressione di classe: in primis razzismo, sessismo che hanno prodotto e producono grandi e necessari movimenti di ribellione e lotta.
Ma non porre la "condizione di classe" come determinante porta inevitabilmente al riformismo radicale o ad una idea interclassista di rivoluzione;
3) negli ultimi anni si stanno riprendendo nel dibattito del movimento femminista concetti, non certo nuovi, quali "intersezionalità" che, di fatto o esplicitamente, si pongono in alternativa al concetto/analisi della condizione di doppia/tripla oppressione delle donne che è molto più ricca e contundente;
4) ma soprattutto - come dicono anche le conclusioni dell'articolo - il concetto di intersezionalità lo si lega al concetto di "distribuzione asimmetrica di potere" e quindi si mette l'accento sul concetto di "uguaglianza" del potere e non sulla differenza/dominio di classe, non sull'analisi di classe del potere borghese che deve essere rovesciato. Perchè non si tratta affatto di "distribuzione asimmetrica" ma di sfruttamento/oppressione di una classe, capitalista, sulla maggioranza delle masse - da cui inevitabilmente discende la necessità della rivoluzione proletaria per rovesciare il potere della classe dominante e porre le basi per porre fine, con la "rivoluzione nella rivoluzione" (concetto altamente scientifico, materialistico dialettico, frutto dell'esperienza storica del proletariato, della Grande rivoluzione culturale proletaria) a tutte le forme strutturali e sovrastrutturali di oppressione.
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L'articolo citato di Chiara Martini è pubblicato su Tavolo4flat del 20 giugno 2020: Le donne migranti e il sogno della regolarizzazione, e la realtà dello sfruttamento e dell' oppressione e abuso a causa del loro status migratorio, del genere, della nazionalità, della posizione lavorativa, della religione. Di Chiara Martini Collettivo Starfish "Donne migranti ignorate dal dibattito"
Tutto l'articolo, nell'indicare l'inadeguatezza del Decreto rilancio in merito al lavoro femminile e alla "regolarizzazione" delle migranti, fa una utile denuncia della condizione delle "invisibili tra le invisibili", le donne straniere braccianti e delle molteplici forme di oppressione e abusi che subiscono e del fatto che "queste situazioni difficilmente emergono e difficilmente vengono denunciate".
Il problema sono le conclusioni. Dove di scrive: "Per questo motivo solo un approccio intersezionale e di genere può aiutare a individuare, comprendere e cercare di scardinare le realtà sopra descritte. I concetti di discriminazione multipla e intersezionalità offrono infatti strumenti analitici, teorici e retorici per interrogare la distribuzione asimmetrica di potere all’interno delle nostre società e forniscono una cornice grazie alla quale si possono mostrare e comprendere le molteplici oppressioni che affliggono determinate persone".
Ecco, questa conclusione, apparentemente oggettiva, in realtà non è corretta:
1) si individuano le varie e intrecciate forme di oppressione, ma si nasconde l'origine e il "collante" di questa condizione di "segregazione fisica, sociale, psicologica ed esistenziale" (come viene indicata nel testo), che è alla base e determinante, la condizione di classe;
2) dire "condizione di classe" significa porre la discriminante principale, ma non significa affatto non fare la necessaria analisi, approfondimento di come si articola nelle donne questa condizione; un'analisi che non è affatto statica e sempre uguale ma che deve essere continuamente aggiornata, perchè alle forme vecchie di oppressione si uniscono o si intrecciano le forme "moderne" di oppressione, che aumentano per le donne immigrate. Quindi per noi dire "base, determinante" non coincide affatto con "esaustivo", nè dire "classe" porta a comprimere le complesse forme di oppressione di classe: in primis razzismo, sessismo che hanno prodotto e producono grandi e necessari movimenti di ribellione e lotta.
Ma non porre la "condizione di classe" come determinante porta inevitabilmente al riformismo radicale o ad una idea interclassista di rivoluzione;
3) negli ultimi anni si stanno riprendendo nel dibattito del movimento femminista concetti, non certo nuovi, quali "intersezionalità" che, di fatto o esplicitamente, si pongono in alternativa al concetto/analisi della condizione di doppia/tripla oppressione delle donne che è molto più ricca e contundente;
4) ma soprattutto - come dicono anche le conclusioni dell'articolo - il concetto di intersezionalità lo si lega al concetto di "distribuzione asimmetrica di potere" e quindi si mette l'accento sul concetto di "uguaglianza" del potere e non sulla differenza/dominio di classe, non sull'analisi di classe del potere borghese che deve essere rovesciato. Perchè non si tratta affatto di "distribuzione asimmetrica" ma di sfruttamento/oppressione di una classe, capitalista, sulla maggioranza delle masse - da cui inevitabilmente discende la necessità della rivoluzione proletaria per rovesciare il potere della classe dominante e porre le basi per porre fine, con la "rivoluzione nella rivoluzione" (concetto altamente scientifico, materialistico dialettico, frutto dell'esperienza storica del proletariato, della Grande rivoluzione culturale proletaria) a tutte le forme strutturali e sovrastrutturali di oppressione.
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L'articolo citato di Chiara Martini è pubblicato su Tavolo4flat del 20 giugno 2020: Le donne migranti e il sogno della regolarizzazione, e la realtà dello sfruttamento e dell' oppressione e abuso a causa del loro status migratorio, del genere, della nazionalità, della posizione lavorativa, della religione. Di Chiara Martini Collettivo Starfish "Donne migranti ignorate dal dibattito"
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