La vicenda dell'arresto del Procuratore di Taranto, Capristo, via via che l'inchiesta sta andando avanti si carica di nuovi pesanti fatti (che riportiamo di seguito) che mostrano che anche sul fronte della magistratura la situazione a Taranto è emblematica, evidenziando in maniera quasi da "manuale" l'intreccio tra potere economico e potere giudiziario/governo. A parte le "mosche bianche" di magistrati che hanno portato avanti inchieste importanti e interventi contro l'Ilva di Riva prima e dei commissari governativi dopo, la costante è stata una azione di copertura/sostegno agli interessi dei padroni privati e pubblici del siderurgico. E con Capristo questa azione ha avuto un salto di "qualità" e si è fatta "piano".
Ma c'è un'altra realtà emblematica di questo fronte che è parte della lotta di classe.
Il ruolo, l'azione del Procuratore Capristo, le ragioni del suo pilotato insediamento, dal 2016, non sono state affatto una sorpresa. Fin dal suo sospetto incarico e dalle sue prime azioni pro Ilva è stato lo Slai cobas per il sindacato di classe che ha "sollevato la pietra", che ha organizzato proteste sia al Processo "Ambiente svenduto" sia al Tribunale, che ha fatto esposti. Questo, nel silenzio, allora, della stampa, ma soprattutto dei sindacati confederali, delle Istituzioni, degli esponenti politici locali e nazionali, come della maggiorparte degli ambientalisti "cultori dell'affidamento alla magistratura". Lo Slai cobas è stato solo in questa battaglia, spesso ricevendo intimidazioni, MA AVEVA PIENAMENTE RAGIONE!
Riportiamo una denuncia che lo Slai cobas sc fece già nel dicembre 2016.
Faremo seguire tutte le altre, sui vari fronti (Capristo è intervenuto pro Ilva su tutto, dal stoppare magistrati che denunciavano l'anticostituzionalità dell'immunità penale a deviare inchieste infortuni, ecc.) - Chi volesse sapere segua il blog: https://tarantocontro.blogspot.com/
La denuncia dello Slai cobas sc:
"Con il cambiamento della Procura al processo sono apparsi nuovi scenari, il cui protagonista essenziale è il nuovo procuratore, Capristo, che ha cominciato a dichiarare che questo processo era da ridimensionare; a cui si è aggiunta la gravità assoluta, e poco stigmatizzata, di dare voce e credibilità in occasione dell'ultimo giovane operaio morto per mano dei commissari governativi che gestiscono l'azienda all'ipotesi che questa morte fosse addebitabile ad un ipotetico “sabotaggio”; fino alle ultime vicende del processo, dove si sono sentiti in tribunale PM che invece di fare il loro mestiere hanno elogiato l'azione dei commissari governativi, sotto la cui egida abbiamo lo stesso numero di morti del periodo Riva, una situazione di insicurezza in fabbrica peggiore dei tempi di Riva, per non parlare degli effetti inquinanti della fabbrica...
Poi è cominciata giorni fa una pantomima di accordi segreti di scambio tra le Procure di Milano e Taranto e tra gli avvocati dei Riva e i commissari Ilva, lanciati proprio poco prima del referendum in
un twitter da Renzi, in base ai quali, il miliardo in Svizzera dei Riva (sempre quello, usato per ogni ipotesi di piano di bonifica, già impegnato come garanzia per i prestiti bancari di 800 milioni) tornerebbe in Italia, e in cambio passerebbe nel processo il patteggiamento delle società dei Riva, Ilva, Riva Forni Elettrici e l’ex Riva Fire, che così uscirebbero subito dal processo, con le parti civili non risarcite, al massimo solo rimborsate per le spese legali.
Questi fatti sono calati pesantemente nell'udienza del 6 dicembre come una cappa soffocante che ha visto la sua sintesi nell'intervento personale del procuratore Capristo, che, come scrive il Sole 24 Ore, come un neo gestore dell'acciaieria, della città, “ritiene necessario il patteggiamento se si vuole far avanzare il risanamento dell'acciaieria mettendola in sicurezza”, dichiarando: “servono ulteriori flussi di risorse rispetto a quelli che lo Stato può garantire e questi possono derivare dal patteggiamento”.
E sempre nel processo del 6 viene fatta la comunicazione che la sera prima, il 5 dicembre, vi era stato un nuovo incontro presso il Mise (il cui comitato di sorveglianza aveva dato già il via libera al patteggiamento per Ilva e Riva Forni Elettrici), a seguito del quale vi è stato un altro decreto per cui una delle società, Riva Fire, cambia denominazione in Riva «Partecipazioni Industriali», la società viene posta in Amministrazione straordinaria, con la nomina a suoi commissari degli stessi tre commissari dell'Ilva. La nuova società indica a questo punto un nuovo avvocato di Roma che chiede termini, un tempo lungo, per leggersi tutti gli atti e presentare istanza di patteggiamento.
E' evidente che tutti questi fatti hanno anche un chiaro scopo ostruzionista.
Il Presidente della Corte d'Assise, quindi, accoglie la proposta, suggerita anche dal Procuratore, di un congruo rinvio al 17 gennaio delle udienze...
A questo punto, quando l'udienza è chiusa. Ma operai Ilva, lavoratori, donne facenti parte delle parti civili autorganizzate, sostenuti dai dirigenti dello Slai cobas, anch'esso parte civile, hanno fatto con forza sentire la loro protesta, facendosi interpreti anche di tanti lavoratori, cittadini non presenti, dell'insieme delle parti civili umiliate da questo sviluppo processuale e dando voce ai senza voce nella città che non stanno ancora partecipando direttamente al processo.
C'è stata rabbia, ma anche ferma determinazione a non accettare questo andamento lento e pilotato.
L'inchiesta di Potenza sul procuratore Capristo
"...Il punto è anche dipanare la tela di imprenditori e politici stavano tessendo per entrare e gestire i circa 3 miliardi che i vari governi avevano annunciato sarebbero stati messi a disposizione per l’ambientalizzazione e la bonifica del siderurgico e la riqualificazione della città martoriata, soprattutto per quanto riguarda il quartiere Tamburi dalle polveri. Il primo passo è stato cercare di chiarire i rapporti che Capristo ha intrattenuto con i commissari nominati dal governo prima della cessione del ramo di azienda ad Arcelor Mittal. Ma soprattutto con un consulente scelto dai commissari: non uno qualsiasi ma l’avvocato Pietro Amara, condannato per corruzione in atti giudiziari e coinvolto in diverse indagini.
Un faro è puntato anche sul patteggiamento che fu rigettato il 30 giugno 2017 perché le pene ritenute inadeguate rispetto alla gravità dei reati. Proprio Piero Amara – di cui alcuni documenti sono stati trovati sotto l’auto di scorta della macchina di Capristo – era arrivato nel Palazzo di giustizia di Taranto come consulente della struttura legale di Ilva in As per partecipare alla cosiddetta “trattativa” con la procura per raggiungere quel patteggiamento che qualche anno prima, il pool di magistrati guidati allora da Franco Sebastio, aveva respinto. Lo staff legale dell’Ilva alza la posta offrendo il pagamento di una sanzione pecuniaria di 3 milioni di euro, 8 mesi di commissariamento giudiziale e 241 milioni di euro di confisca (invece dei 9 proposti nella prima istanza) come profitto del reato da destinare alla bonifica dello stabilimento siderurgico di Taranto. A queste riunIoni partecipava anche l’avvocato Piero Amara coinvolto nel processo Eni.
Inoltre "Ci sarebbe stato un forte interessamento di Amara perché Capristo riuscisse ad agguantare la poltrona di capo. A questo si aggiunge che a marzo 2017, due società, la “Dagi” e la “Entropia Energy”, di cui Amara è amministratore di fatto, si erano domiciliate a Martina Franca, in provincia di Taranto: l’ipotesi è che il legale puntasse ai lavori.
Piero Amara a proposito di Carlo Capristo ha detto: «“Io l’ho convinto a fare la domanda per Taranto, anche perché a me serve a Taranto in quanto io a Taranto ho interessi con l’Ilva”».
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