In politica le emozioni vanno ponderate, soppesate. Il buon politico non lavora sulle emozioni. Il buon politico invita sempre al ragionamento pacato. E soprattutto cerca di migliorare la comunità in cui vive, senza seminare odio, rancore o paura. Ciò che serve è la saggezza, la ponderatezza, la capacità di dialogo e di confronto. Ma, ahimè, non è cosi'. Va bene dunque ascoltare ciò che dicono i politici, ma poi dobbiamo imparare a ragionare anche con la nostra testa. Non vi è bisogno di diventare esperti in medicina o in virologia. Ma è giusto porsi alcuni quesiti ed andare in cerca delle risposte.
Una delle prime cose alle quali dobbiamo fare attenzione in questi momenti è di natura storico-politica: la propaganda. La propaganda in questi momenti è sempre terribile. Può essere sfruttata per motivi politici, per alimentare l'odio e la paura, ma anche per motivi legati al consumo. L'allarmismo
è strettamente legato alla corsa al consumo. Non a caso parlo di corsa: Andare a prendere d'assalto i supermercati in questo momento è propaganda. Propaganda assolutamente dannosa, ovviamente. L'allarmismo fa vendere copie di giornali e fa prendere d'assalto i siti delle testate giornalistiche a caccia del trafiletto dell'ultimo minuto. Perchè, citando un rapper del momento, se “non leggi non sei informato”, peccato che “se leggi sei informato male”. Perchè anche la notizia è merce, gettata sul banco per essere consumata, senza un ragionamento, un approfondimento. Si alimentano posizioni politiche e si crea volontariamente agitazione.
Pensate che ogni giorno in Italia muoiono in media 3 persone sul Lavoro. Per questo nessun allarmismo, nessuna preoccupazione. Questo non vuol dire che non dobbiamo preoccuparci per il Coronavirus, ma che dobbiamo usare la testa. Il problema c'è e va affrontato, ma senza propaganda e senza allarmismo. C'è bisogno che ognuno si ponga delle domande e si sforzi di cercare le risposte, senza accontentarsi di quelle lette su qualche tweet.
Approfondire e Ragionare.
Benchè questi meccanismi, ahimè, sull'informazione di massa siano ormai collaudati ed all'ordine del giorno, ci si sarebbe aspettati che almeno la comunicazione con gli addetti ai lavoratori (operatori sanitari, medici, ecc... ) sarebbe stata chiara e tempestiva. Invece permangono tra la popolazione e tra i lavoratori ancora tanti dubbi e domande senza risposta.
Da una parte, ad esempio, si invita a non fare usi impropri delle mascherine, dall'altra non viene chiarito quando l'uso sia proprio oppure improprio. Si parla sempre di “caso sospetto”. Ma in PS ogni giorno si eseguono decine di radiografie del torace per ogni turno, tutte per sospette polmoniti o simili. In base a cosa, ad oggi, discrimino un caso da un altro se non col tampone? Risultato: venerdì all'Ospedale Papa Giovanni XXIII è giunta una paziente poi risultata infetta. Il quesito diagnostico
non specificava in alcun modo che potesse trattarsi di un soggetto “a rischio” e gli operatori pertanto non hanno indossato i DPI necessari. Gli infermieri in turno quella notte ora sono a casa, così come la tecnica che ha avuto contatto diretto con il paziente. Il secondo tecnico di turno è regolarmente al lavoro, benchè anche se non ha avuto contatti con il paziente ovviamente ha avuto contatti con tutti gli altri operatori che ora sono a casa “in quarantena”. La discriminante per cui alcuni siano a casa ed altri no, non è del tutto chiara ai lavoratori.
Innanzitutto non è ammissibile che manchino idonei DPI adducendo come motivazione un esaurimento scorte. Vedere girare per la Clinica decine di operatori con la mascherina chirurgica (inefficace contro la trasmissione da Coronavirus) per mancanza di mascherine FPP3 è inaccettabile oltre che inutile. Eppure gli operatori anziché ribellarsi usano questo palliativo come a sostenere che “meglio così che niente”.
Inammissibile anche la mancanza di strutture, ambulanze e spazi dedicati ai pazienti con sintomi respiratori per prevenire la diffusione del contagio in ambienti sovraffollati.
Servono risorse aggiuntive di personale, ridotto all'osso dalle politiche del risparmio e del profitto, sia perchè il tempo richiesto a trattare un caso sospetto incide inevitabilmente sulla gestione ordinaria, sia perchè è utile ridurre l'attesa per i risultati dei tamponi.
Come sempre invece gli organici anziché aumentare sono destinati a ridursi ulteriormente. L'improvvisa chiusura di asili e scuole costringerà molte lavoratrici e lavoratori ai domiciliari e l'attività verrà scaricata INTERAMENTE (perchè di ridurre le agende non se ne parla) su organici ultra ridotti. Attività che non viene mai messa in discussione, nemmeno per le prestazioni differibili. Persino in caso d'emergenza, produzione ed economia devono essere tutelate. E così le mascherine non ci sono, strutture dedicate non ci sono e personale adeguato men che meno.
Soluzione: scuole chiuse e centri commerciali aperti.
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