Salvini... Prima gli italiani, dopo i soldi di Putin.
Salvini è capace di fare un’affermazione roboante e immediatamente
dopo dichiarare l’esatto contrario di quanto sostenuto, dando prova di
usare slogan e pagliacciate di rete per fini esclusivamente
elettoralistici.
Così in questi ultimi anni, per ingraziarsi i piccoli padroncini del
Nord alle prese con l’agguerrita concorrenza internazionale, è passato
dalle dichiarazioni di disprezzo per l’Italia «il tricolore non mi
rappresenta, non la sento come la mia bandiera. A casa mia ho solo la
bandiera della Lombardia e quella di Milano», allo
sventolio di bandiere tricolori in qualsiasi piazza e per ogni
occasione, accompagnando il tutto con dichiarazioni e Twitter al limite
del ridicolo. Sbandierando ai quattro venti presunte specialità italiane
«due etti di bucatini Barilla, un po’ di ragù Star e un bicchiere di Barolo»
fa la figura del capace condottiero della “squadra nazione”,
dimenticandosi però di dire che la proprietà di quelle marche non è più
italiana da un pezzo; come ad esempio nel caso della Star del Ragù Star che dal 2006 è di proprietà del gruppo alimentare spagnolo Gallina Blanca.
Lo scopo è preciso, al di là della pignoleria di qualche giornalista
o di qualche pseudo intellettuale che ne rilevano l’errore, è rivolgere
il messaggio alla platea di potenziali ignorantoni su cui impostare una
campagna elettorale perenne e da cui trarre benefici elettorali.
Ignorantoni che hanno ancora ben saldo nel loro immaginario che la
Star sia ancora un prodotto italico e che pensano che la difesa delle
imprese e dei prodotti nazionali sia un dovere imprescindibile, fa nulla
se poi le stesse aziende per cui parteggiano, per questioni di profitti
e di bilanci, lasciano per strada migliaia e migliaia di operai
licenziandoli in tronco e chiudendo intere fabbriche.
Ma la baraonda mediatico nazionalistica, al di là delle
manifestazioni di piazza dove ancora si sventola il tricolore, sembra
essersi impantanata sui tavoli del ristorante dell’hotel Metropol di
Mosca. Dove una vendita di 3 milioni di tonnellate di petrolio da parte
di un gigante dell’energia russo all’ENI, per un valore di 1,5 miliardi
di dollari, sarebbe servita per stornare 65 milioni di dollari finiti
nelle casse della Lega.
Non è un segreto per nessuno che quasi tutti i partiti italiani dal
1948 in avanti abbiano avuto fondi dall’estero per la propria campagna
elettorale (Democrazia Cristiana in testa) e non deve destare molto
stupore il fatto che un uomo della Lega inviato a Mosca (Savoini) abbia
continuato a farlo attualmente. Savoini, discutendo in un noto albergo
di Mosca, ha trattato un piano di finanziamenti elettorali segreti da 65
milioni di dollari. Per nostra fortuna questa trattativa delle loro
tresche mangerecce è finita in un'inchiesta della magistratura e,
conseguentemente, pubblicata su quasi tutti i giornali. Rappresentando,
almeno per il momento, una frenata ai loro scopi propagandistici ed alle
loro demagogiche tirate patriottarde.
Nel maggio di quest’anno era già capitata una cosa analoga al grande
amico e sodale di Salvini Heinz-Christian Strache. I sovranisti
austriaci di Fpö (Partito della Libertà Austriaco) il partito del vice
premier austriaco, appunto Heinz-Christian Strache, erano caduti in un
intrigo simile, mandando in frantumi la coalizione di governo formato
dall’ultra destra di Fpö e dai popolari di Övp.
Heinz-Christian Strache aveva promesso ad una sedicente nipote di un
oligarca russo 3 mesi prima delle elezioni del 2017 appalti pubblici in
cambio dell’acquisto del più popolare giornale austriaco il Kronen-Zeitung, per influenzare la campagna elettorale del 2017. La sua dichiarazione: «Se lei prende davvero in mano il giornale prima, due o tre settimane prima delle elezioni, facciamo il 34 per cento» e ancora «Vogliamo costruire un sistema mediatico simile a quello di Orbán»,
Mister Salvini è sulla stessa lunghezza di pensiero, come i suoi
sodali e amici austriaci e ungheresi ha fatto dei mass media la chiave
di volta del suo successo elettorale. Ma comunque deve stare molto
attento ai sostegni e alle donazioni che riceve da suoi amiconi. Così
come ai suoi “imbarazzanti amici” è capitato che qualche orecchio
indiscreto abbia reso noti filmati e intercettazioni , così potrà in
futuro succedere anche a lui. Se alla borghesia ed al grande capitale
non occorrerà una moderna replica di un dittatore di antica memoria per
schiacciare l’insorgenza degli operai, gli scheletri dei suoi traffici
poco leciti con la Russia faranno in fretta ad uscire dagli armadi e
mettere in difficoltà i solerti sostenitori dell’interesse nazionale.
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