Un anno e mezzo di indagine che ha accertato “la violazione delle norme per la tutela della salute e della sicurezza in ambiente di lavoro”. Si è chiusa l’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Valeria Sanzari, su quanto successo il 13 maggio del 2018 alle Acciaierie Venete di Riviera Francia, in provincia di Padova. Una siviera colma di materiale incandescente precipitò a causa della rottura di un perno, e la colata di acciaio fuso travolse alcuni operai che erano al lavoro, provocando la morte di due persone e ustionandone altre due. Una “bomba” con “tutto intorno bruciato”, come descrivevano alcuni testimoni subito dopo l’incidente. Sei in tutto le persone iscritte nel registro degli indagati. Tre invece le aziende, considerate responsabili amministrative dei fatti, “reati commessi – secondo il pm – nel loro interesse e vantaggio vista la necessità di contenere costi produttivi, lo scopo di accelerare i tempi e i ritmi di lavoro con il fine di aumentare la produttività (…)”, come riporta il Corriere del Veneto.
Nell’incidente, appunto, persero la vita due operai, Sergio Todita e Marian Bratu, morti rispettivamente dopo alcune settimane di sofferenza e dopo mesi. Due invece quelli che si salvarono, Simone Vivian e David Di Natale, che uscirono dall’ospedale rispettivamente con 40 e 300 giorni di prognosi. Dei sei indagati, cinque lo sono per omicidio colposo e lesioni. Si tratta di Alessandro Banzato e Giorgio Zuccaro, presidente e direttore dello stabilimento di Acciaierie Venete, Dario Fabbro, presidente della Danieli centro Cranes spa, Giampietro Benedetti e Giacomo Mareschi Danieli quali rispettivamente presidente e amministratore delegato di Danieli & C. officine meccaniche. Il milanese Vito Nicola Plasmati, della ditta Hayama Teac Service, è accusato invece solo di lesioni, perché i suoi dipendenti sono sopravvissuti all’incidente.
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