Il dato del prezzo in discesa del
petrolio, una delle materie prime più importanti per la produzione
capitalistica mondiale attualmente, è uno di questi segnali forti della crisi.
“IL PETROLIO TENTA IL RIMBALZO,
MA FALLISCE” dice il giornalista Morya Longo in un articoletto pubblicato oggi
sul Sole24Ore nella rubrica quotidiana “mercati”. E a cosa si deve questo
fallimento? Alle “… tensioni tra stati Uniti e Cina: da un lato il
presidente Trump venerdì ha
annunciato una nuova ondata di dazi al 10% sulle importazioni statunitensi di beni cinesi, dall’altro lunedì la Cina ha risposto consentendo la svalutazione dello yuan al minimo dal 2008.” I mercati, come li chiamano i giornalisti e tutti gli “ideologi della borghesia”, esprimono “…il timore … che la disputa commerciale (che poi non è solo commerciale) tra i due maggiori consumatori di petrolio possa frenare le loro economie e dunque il consumo di oro nero.”
annunciato una nuova ondata di dazi al 10% sulle importazioni statunitensi di beni cinesi, dall’altro lunedì la Cina ha risposto consentendo la svalutazione dello yuan al minimo dal 2008.” I mercati, come li chiamano i giornalisti e tutti gli “ideologi della borghesia”, esprimono “…il timore … che la disputa commerciale (che poi non è solo commerciale) tra i due maggiori consumatori di petrolio possa frenare le loro economie e dunque il consumo di oro nero.”
Nonostante qualche oscillazione “…
l’incertezza resta tutta sul terreno. Lo conferma la marcia indietro
serale delle quotazioni: alle 20,30 italiane il brent quotava a 59,23 dollari
al barile.”
Questa “incertezza” è la nuova normalità
(new normal la chiamano gli analisti borghesi) e si estende a
tutti i rapporti politico-economici tra i paesi del mondo.
*****
Dopo aver perso oltre il 9% dal
31 luglio, arrivando a toccare il minimo da sette mesi sotto i 60 dollari al
barile, il petrolio Brent ieri ha tentato il rimbalzo. Ma ha fallito: dopo aver
toccato in apertura quota 58,81 dollari (minimo da gennaio), è infatti risalito
a 60,56 dollari. Ma in serata ha fatto nuovamente marcia indietro, tornando
sotto quota 60. Iter simile per il Wti. A pesare sul petrolio sono le tensioni
tra stati Uniti e Cina: da un alto il presidente Trump venerdì ha annunciato
una nuova ondata di dazi al 10% sulle importazioni statunitensi di beni cinesi,
dall’altro lunedì la Cina ha risposto consentendo la svalutazione dello yuan al
minimo dal 2008. Questo nei giorni scorsi ha pesato su tutti i mercati, incluso
sul petrolio: il timore è che la disputa commerciale (che poi non è solo commerciale)
tra i due maggiori consumatori di petrolio possa frenare le loro economie e
dunque il consumo di oro nero. Ieri le tensioni si sono un po’ calmate, con la
stabilizzazione dello yuan, e il Brent ha potuto recuperare qualcosa. Ma l’incertezza
resta tutta sul terreno. Lo conferma la marcia indietro serale delle
quotazioni: alle 20,30 italiane il brent quotava a 59,23 dollari al barile.
Sole 24 Ore 7.8.19
Nessun commento:
Posta un commento