martedì 6 agosto 2019

pc 6 agosto - Tunisia - 36 persone deportate al confine con la Libia.

La denuncia degli attivisti presenti a Zarzis.  manifestazione al porto per la libertà di movimento 

Aggiornamento 5 agosto ore 6.45, confine con la Libia.
 Da ieri pomeriggio stiamo cercando i migranti deportati e abbandonati dalla polizia nei pressi del confine con la Libia. Fonti attendibili locali ci confermano che i migranti sono detenuti in quella zona militare, sono privi di acqua e cibo. Ma la polizia di frontiera non ci fornisce né informazioni né ci permette di muoverci alla loro ricerca, intimandoci di andarcene. Noi da qui non ce ne andremo fino a quando non avremo trovato le persone e verificato il loro stato psico-fisico. Facciamo appello di fare pressione in tutti i modi possibili sul governo della Tunisia: le 36 persone sono in grave pericolo e hanno bisogno d’aiuto!

4 agosto - Ci troviamo a Zarzis, Tunisia del sud, e abbiamo da poco concluso con una manifestazione al porto per la libertà di movimento le giornate di iniziative e incontri promosso da "Europe Zarzis Afrique". In questo preciso momento, quattro attivisti italiani si trovano alla frontiera con la Libia per verificare una grave violazione dei diritti umani. Le associazioni per i diritti umani tunisine denunciano che un gruppo di 36 migranti ivoriani (21 uomini, 11 donne di cui una una incinta e quattro bambini molto piccoli) sono stati deportati dalla città di Sousse al confine con la Libia e là abbandonati senza cibo ed acqua. L’area in cui si trovano è una zona militare ad alto rischio. Le associazioni tunisine hanno anche diramato un video che riprende l’abbandono dei migranti nel deserto e un comunicato di condanna. Ci associamo a loro e denunciamo questa brutale deportazione che conferma ulteriormente che la Tunisia non può essere considerata un Paese sicuro per i migranti. Le persone deportate devono essere nuovamente riaccolte in Tunisia e lasciate libere di scegliere dove poter vivere. Come abbiamo detto questo pomeriggio, durante la manifestazione, la responsabilità di queste politiche criminali di respingimento e deportazione verso la Libia è dell’Unione europea e delle sue politiche di esternalizzazione della frontiera. Da Zarzis pretendiamo la libertà di movimento e il diritto di scegliere dove vivere per tutti gli essere umani.
Si è svolta al porto di Zarzis, domenica pomeriggio, l’iniziativa internazionale che concludeva gli appuntamenti di "Europe Zarzis Afrique", agire alla frontiera. Attivisti tunisini, italiani, messicani, spagnoli hanno protestato contro le politiche criminali sull’immigrazione dell’Unione europea e dell’Italia.
"Libertà di movimento senza visti", "Stop alla violenza in Libia", "Verità e giustizia per i migranti dispersi", gli striscioni esposti assieme a quelli delle foto delle persone scomparse affrontando il loro viaggio migratorio.
L’iniziativa a 100km dalla frontiera libica ha toccato un luogo altamente simbolico delle migrazioni odierne. "Avremmo voluto essere a manifestare sul confine per portare le stesse istanze ma le autorità tunisine non hanno dato l’autorizzazione" hanno dichiarato i manifestanti.
Erano presenti anche migranti di origine subsahariana fuggiti dall’inferno libico e che ora vorrebbero raggiungere l’Europa. Una loro delegazione ha letto una lettera spiegando di trovarsi in un altro limbo, costretti a racimolare qualche soldo in lavori sfruttati, senza accesso ai servizi, obbligati a fermarsi in Tunisia ma solo il tempo necessario per riorganizzare il loro viaggio. "Siamo riusciti a lasciarci alle spalle le brutalità della guerra e le violenze della detenzione, ma qui non abbiamo i documenti e non possiamo lavorare in regola, non abbiamo una protezione adeguata e una vita dignitosa" affermano. "Vogliamo raggiungere un Paese che riconosca i nostri diritti".
Hanno partecipato alla manifestazione anche i familiari dei tunisini dispersi in mare, associazioni che da anni lottano per conoscere la verità su queste sparizioni e per richiedere giustizia. "I nostri cari sono vittime innocenti e dimenticate di queste politiche e nessuno in questi anni ci ha fornito delle risposte, né la Tunisia, né l’Italia, tantomeno le istituzioni europee".


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